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 2011  novembre 16 Mercoledì calendario

CATRICALÀ Antonio

• Catanzaro 7 febbraio 1952. Giurista. Viceministro di Flavio Zanonato al Ministero dello Sviluppo economico del Governo Letta, già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nei governo Monti e Berlusconi (2001). Presidente dell’Antitrust dal 2005 al 16 novembre 2011.
• «“Sono figlio di un repubblicano e sono stato, in passato, di area laico socialista”, ha confessato un giorno al Corriere. (…) Calabrese di Catanzaro, è calabrese al punto da partecipare con orgoglio alla “Festa dei calabresi nel mondo” fianco a fianco con il calciatore del Milan Rino Gattuso» (Sergio Rizzo). Antonella Baccaro: «È il più meridionale del governo» [Antonella Baccaro, Cds 17/11].
• Laureato con lode in Legge a Roma, è nominato, dopo un concorso, assegnista universitario presso la prima cattedra di Diritto privato (Università La Sapienza di Roma – Facoltà giuridica). A 24 anni vince il concorso in magistratura e supera l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense. Vince i concorsi per procuratore dello Stato e, a 27 anni, per avvocato dello Stato. A 30 ha rappresentato il governo nel processo Moro; poi è diventato consigliere di Stato (1982). Presidente e componente di collegi amministrativi, ha collaborato con l’Ufficio legislativo della presidenza del Consiglio dei ministri ed è stato capo di gabinetto in diversi ministeri: nel 1994 alla Funzione pubblica con Giuliano Urbani (Berlusconi I) e poi con Franco Frattini (Dini); nel 1996 alle Comunicazioni con Antonio Maccanico (Prodi I); nel 1999 ancora alla Funzione pubblica con il ministro Angelo Piazza (D’Alema). È stato anche segretario generale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Ha attraversato negli ultimi anni da viceministro o sottosegretario alla Presidenza del Consiglio governi di tutti gli schieramenti, Berlusconi, Monti e adesso Letta: «Tecnicamente bravissimo, simpatico nei rapporti personali, in possesso di una rete di relazioni fittissima, Catricalà è riuscito in questi anni a risultare sempre affidabile per Silvio Berlusconi senza mai perdere la simpatia del centro-sinistra. Così nel 2001 B. lo vuole a palazzo Chigi come segretario generale della Presidenza del Consiglio, di fatto braccio destro di Gianni Letta. Quattro anni dopo un nuovo salto: la presidenza dell’Antitrust, scelto da Berlusconi per gestire un momento complicato. Il precedente presidente, Giuseppe Tesauro, aveva lasciato sulla scrivania le pesantissime conclusioni di un’indagine conoscitiva sul mercato televisivo. C’era scritto che Mediaset aveva una posizione dominante, cosa tanto nota da provocare il sarcasmo del presidente Fedele Confalonieri: “Ma qualcuno deve pur essere dominante. Come in una corsa, qualcuno deve stare davanti”. Ma soprattutto il documento indicava le soluzioni. Primo: chi possiede le antenne non può possedere anche la concessionaria di pubblicità. Secondo: l’Auditel, che rileva gli ascolti tv e determina quindi i fatturati pubblicitari, non può essere di proprietà delle tv. Terzo: nel passaggio al digitale terrestre le reti Mediaset e Rai che hanno le frequenze analogiche non se le possono tenere tutte, un po’ ne devono mollare. Catricalà ha messo la relazione di Tesauro in un cassetto e non ha affrontato l’argomento fino al 2007, quando ha tuonato in nome del libero mercato contro la legge Gentiloni (mai arrivata al traguardo) che ipotizzava un tetto al fatturato pubblicitario Mediaset» (Giorgio Meletti) [Fat 17/11/2011]. Sulla regolamentazione del mercato televisivo, la Legge Maccanico del 1997 puntava a riequilibrare il sistema, depotenziando Retequattro (da mandare sul satellite) e Rai 3 (che non avrebbe potuto più mandare in onda pubblicità). «Non accadde però né l’una né l’altra cosa grazie a una clausola inserita nel testo finale, secondo cui la rete di Emilio Fede andrà sul satellite quando in Italia ci sarà un “congruo numero” di parabole. Fu Catricalà a estrarre dal suo cilindro di virtuoso del diritto la soluzione. Scrisse nella legge che Rete 4 sarebbe sicuramente andata sul satellite, ma la data l’avrebbe decisa l’Authority per le Comunicazioni (tenetevi forte) “in relazione all’effettivo e congruo sviluppo dell’utenza dei programmi radiotelevisivi via satellite e via cavo”. Una supercazzola tra le più strepitose delle storia pur travagliata del diritto italiano. Anni dopo, intervistati da Report, Maccanico e il suo sottosegretario Vincenzo Vita ammisero di non essersi resi conto della magia. Rete 4 non è mai andata sul satellite e la carriera di Catricalà da quel momento è decollata» (Meletti) [Cit.].
• Da presidente dell’Antitrust ha irrogato diverse e cospicue multe, tutte però diminuite o annullate nei successivi gradi di giudizio: «Quella record di 700 miliardi di lire contro un cartello di 38 compagnie assicurative ridotta dal consiglio di Stato, nel 2002, a 90 miliardi. La multa da 147 miliardi di lire inflitta a Tim e Omnitel è stata praticamente dimezzata dai giudici amministrativi. La stangata da 480 miliardi di lire contro un presunto cartello di otto compagnie petrolifere è stata addirittura annullata. Tegole che colpiscono duro, soprattutto quando viene messo in crisi l’intero impianto accusatorio» (Raphael Zanotti) [Sta 11/2/2007].
• «L’Antitrust è una costosa struttura di super specialisti, che predispongono le istruttorie per un collegio di cinque “saggi” (guidati appunto da Catricalà), che esercitano la giurisdizione. Il problema è che questo è solo il primo grado del giudizio. Nel secondo (Tar) e nel terzo la palla passa a magistrati amministrativi privi di competenza specifica, che spesso trovano vizi di forma nelle sentenze sugli interessi forti. Amato proponeva a suo tempo di togliere la giurisdizione di primo grado all’Antitrust: “Seguiamo il modello americano, dove l’Antitrust non giudica ma svolge il ruolo di pubblico ministero. Avremmo il vantaggio di poter difendere in giudizio le nostre posizioni”. Infatti Catricalà e i suoi esperti devono farsi rappresentare nei gradi di appello dall’Avvocatura dello Stato, cosicché, come ha spiegato lo stesso Amato, “le società colpite schierano stuoli di principi del Foro, mentre l’Antitrust deve affidarsi all’Avvocatura, fatta di gente bravissima che però non ha i mezzi per combattere la battaglia”. Un po’ come affidarsi all’avvocato d’ufficio, quello che si affida alla clemenza della corte» (Giorgio Meletti) [Fat 26/10/2010].
• Il 18 novembre 2010 designato alla presidenza dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, ha rinunciato nove giorni dopo: «Ho scritto al Presidente del Consiglio per comunicargli la mia decisione di rimanere all’Antitrust. Sono un uomo delle istituzioni e non voglio consentire che l’Autorità che presiedo e l’Autorità dell’energia siano paralizzate da veti incrociati che pur non riguardano la mia persona». I veti sono quelli Pd, di Fli, dell’Italia dei valori e in parte dell’Udc. (Luca Serafini) [S24 28/11/2010].    
• Provvedimenti più importanti che ha curato nel governo Monti: il decreto sulle liberalizzazione, la lotta all’evasione fiscale, l’istituzione delle srl semplificate a un euro. «Sottosegretario, ha ottimi rapporti con i protagonisti della strana maggioranza: con Casini (“Siamo amici, anche fuori dal Palazzo”); con Alfano (“Nutro grande stima, credo ricambiata”); con Bersani (“Da presidente dell’Antitrust dissi che era stato il migliore ministro dello Sviluppo”)» (Marco Galluzzo) [Cds 05/08/2012].
• A Palazzo Chigi si è portato dietro uno staff di collaboratori scelti e fidati: «Circondato dall’affetto di storici consiglieri, ha scelto nuove leve su cui investire e mantenuto caselle importanti per le relazioni politiche e istituzionali: così, la squadra di Catricalà tocca quota 21. Tutti in “diretta collaborazione” del sottosegretario. I due pilastri si chiamano Giulia Zanchi e Francesco Saverio Marini. (…) Fidato anche l’avvocato Angelo Lalli, con cui Catricalà ha scritto anche un libro: sempre sull’Antitrust, ovvio (…): “Io mi porto dietro solo gente brava. Non ci sono consulenti né altre collaborazioni. Noi la spending review l’abbiamo fatta quando siamo arrivati a novembre: noi lavoriamo in 21, Gianni Letta ne aveva 40”» (Zanca) [Cit.].
• Da anni il suo compenso suscita clamore. Intervistato da Bernardo Iovene di Report: «Il mio stipendio è paragonato a quello del primo presidente della Corte costituzionale ed è di 500mila euro e rotti. Ha avuto per 2011 la decurtazione del 10 per cento e io penso che sia giusto...”» (Fabrizio Caccia) [Cds 14/11/2010]. Nel 2011 il suo compenso lordo annuale era indicato in 475.643 euro, ai quali andavano aggiunti i 9mila euro netti al mese della presidenza di sezione del Consiglio di Stato (Milena Gabanelli-Bernardo Iovene) [Cds 25/08/2011].
• Da ministro «ci ha rimesso: a fronte di una dichiarazione dei redditi nel 2010 di 740 mila euro lordi, prevede per 2012 entrate per soli 200 mila euro. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio infatti non percepisce più altri stipendi oltre a quello di politico, visto che si è dimesso dalla Consulta per l’emissione delle carte valori postali e la filatelia, si è sospeso dalla docenza alla Luiss e dal Ceida, è fuori ruolo come presidente di sezione del consiglio di Stato, non percepisce più l’indennità da presidente dell’Antitrust e lo stipendio di presidente di sezione del consiglio di Stato. Nella sua dichiarazione comunque non mancano beni mobili e immobili. Dichiara infatti di essere comproprietario di sei fabbricati: quattro a Roma, uno a Castiglione della Pescaia e uno a Catanzaro (ma l’abitazione principale è quella romana). Possiede inoltre una Sessa Key Largo 28, imbarcazione a motore immatricolata nell’aprile del 2008. E una Mercedes Ml del 2001. Catricalà, nella dichiarazione integrativa, aggiunge la proprietà del 3,10 per cento di due terreni in provincia di Catanzaro, “aventi ciascuno un reddito dominicale di 8 euro e agrario di 5 euro”. Infine Bot per 20 mila euro e un mutuo ventennale da 1.500 euro al mese».
• Ha un account twitter, @a_catricala, che però non usa spesso.
• Socio dell’Antico Tiro a Volo ai Parioli (Enrico Mannucci) [Set 11/3/2010].
• Due figlie, Giulia e Michela avute con Diana Agosti, conosciuta a Palazzo Chigi «nei corridoi della Presidenza del Consiglio. Lei in quelle stanze è entrata per concorso nel 1984 e oggi, dopo 28 anni di onorata carriera e altri due concorsi interni, è a capo del Dipartimento per il Coordinamento amministrativo. Ma per il sottosegretario Catricalà, il civico 370 di piazza Colonna, ormai ha più che il calore di casa. “Qui non c’è sabato e non c’è domenica. Qui maciniamo provvedimenti in continuazione. Qui se mi tolgono anche una sola persona questo ufficio c-h-i-u-d-e”» (Paola Zanca) [Fat 25/5/2012].