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 2011  ottobre 27 Giovedì calendario

Questo articolo dovrebbe dar conto del vertice di Bruxelles sulla crisi, vertice in cui l’Italia è stata chiamata a spiegare – possibilmente con un provvedimento di legge già scritto – come intende agire a proposito dei suoi conti pubblici

Questo articolo dovrebbe dar conto del vertice di Bruxelles sulla crisi, vertice in cui l’Italia è stata chiamata a spiegare – possibilmente con un provvedimento di legge già scritto – come intende agire a proposito dei suoi conti pubblici. «Date, numeri» è stato chiesto nei giorni scorsi. Peccato che a questo compito primario non possiamo far fronte: il vertice è cominciato più o meno quando abbiamo iniziato questo articolo (cioè ieri sera per chi legge) e possiamo quindi solo immaginarne la conclusione, avvertendo i lettori, naturalmente, del nostro nuovo ruolo di astrologi. Conslusione positiva, ci pare di capire, confortati anche da una dichiarazione di Bossi.

Però si conosce la cosiddetta “lettera di intenti”.
E già. Ieri pomeriggio, intorno alle 17, le agenzie hanno pubblicato questa famosa “lettera d’intenti”. Merkel e Sarkozy avevano chiesto una legge, magari già emanata dal consiglio dei ministri, nella quale ci fosse, insieme a tante altre cose, anche l’innalzamento dell’età pensionabile, da portare addirittura a 67 anni. Su questo punto Bossi e Berlusconi non hanno raggiunto nessun accord la legge avrebbe dovuto ablire anche le pensioni d’anzianità – quelle che ti consentono di ritirarti prima se hai abbastanza contributi – e, come abbiamo spiegato ieri, i due terzi dei lavoratori con 40 anni di contributi e poco meno dei 60 anni d’età – cioè pronti a smettere di lavorare – stanno al Nord. Al Nord, tanti anni fa, le fabbriche assumevano gente giovane, e quegli ex giovani sono adessi aspiranti pensionati. Bossi ha detto che questi qui non si toccano e perciò non è stato raggiunto nessun accordo.

Quindi?
Quindi è stata preparata questa lettera d’intenti, che è un elenco di propositi (lasciamo stare per ora se buoni o cattivi). Ieri ci sono state altre riunioni e scambi frenetici di telefonate anche con Bruxelles. Il governo ha mandato infatti un documento già di prima mattina, ma dall’Europa ci hanno fatto subito sapere che sarebbe stato opportuno cambiare quel punto, riscrivere quell’altro, evitare quella parola, compromettersi con un certo impegno. La limatura è durata fin verso le tre e alla fine è partita per Bruxelles una lettera che, se non abbiamo capito male, Merkel-Sarkozy hanno di fatto già accettato. Il clima dell’Unione ieri sembrava un po’ meno sfavorevole all’Italia (speriamo di non essere smentiti stanotte). Olivier Bailly, portavoce della Commissione, aveva avuto la bontà, verso mezzogiorno, di dire che la lettera non era ancora arrivata “ufficialmente”. Potrebbe tuttavia esserci un retroscena. I bene informati giurano che Bossi ha permesso a Berlusconi di durare fino a Natale e ne ha avuto in cambio la promessa che si voterà a marzo e con questa legge elettorale. In questo modo sarebbero evitati gli odiati governi tecnici.

• Che cosa dice la lettera d’intenti?
Sono 14 pagine, suddivise in quattro parti. La seconda parte è divisa in 8 capitoli. Questi 8 capitoli elencano le cose che si intendono fare o che si sono fatte. Gli 8 capitoli sono però introdotti da una tempistica: quello che faremo in 2 mesi, quello che faremo in 4, in 6, in 8. Se è vera l’indiscrezione del patto Bossi-Berlusconi ci interessano solo i provvedimenti a 2 mesi, o al massimo a 4.

Sulle pensioni?
Non sono inserite in nessuna tempistica. Il governo si limita a ricordare che «grazie al meccanismo di aggancio dell’età pensionabile alla speranza di vita introdotto nel 2010 […] il governo italiano prevede che il requisito anagrafico per il pensionamento sarà pari ad almeno 67 anni per uomini e donne nel 2026». Si promette poi che la delega fiscale e assistenziale sarà approvata entro il 31 gennaio. Punto e basta. È uno dei capitoli più brevi.

• E sul resto?
In due mesi le liberalizzazioni, specie nei servizi. In quattro mesi provvedimenti per favorire il «dinamismo delle imprese». In sei mesi «misure che favoriscano l’accumulazione di capitale fisico e di capitale umano e ne accrescano l’efficacia». In otto mesi completamento delle riforme del mercato del lavoro. Quello che ha destato le reazioni indignate di Bersani, della Camusso, di Bonanni e della Uil è il proposito relativo alla pubblica amministrazione, da riformare perché svolga «una funzione di servizio allo sviluppo e non di zavorra burocratica» puntando su semplificazione, trasparenza, meritocrazia. Il governo si proporrebbe di regolamentare per legge: «a. la mobilità obbligatoria del personale; b. la messa a disposizione (Cassa Integrazione Guadagni) con conseguente riduzione salariale e del personale; c. il superamento delle dotazioni organiche.». A questa mano dura sugli statali – cassintegrabili e licenziabili - si affianca una mano non meno dura sugli altri lavoratori, che potranno essere licenziati se l’azienda ha difficoltà economiche. Anche qui, furore di sindacati e opposizione e accuse di voler nuovamente attaccare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ma attenzione: sono ancora “intenti”, non leggi

[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 27 ottobre 2011]