8 settembre 1962
Il cinema che non piace al patriarca
• «Quando il moscovita e il bolognese, autori di due
film castissimi, edificanti, benefici all’anima, se ne stettero sul
palcoscenico a ricevere applausi, e tutti si sentirono mondi perché il Bene
aveva trionfato e il Male era stato sconfitto, qualcuno si meravigliò che non
scendesse dal cielo una pioggia di gigli, che arcangeli muniti di tromba non
svolazzassero dentro la sala (…). C’è da chiedersi se le cose sarebbero andate
in modo diverso se giovedì 6 settembre, nella Basilica di San Marco, il
patriarca di Venezia non avesse tenuto quella messa vespertina e non avesse
pronunciato quel discorso sul XXIII Festival: stampato ora in opuscolo
elegantissimo e gratis (“spregiudicatezza in gara con ambiziose avventure,
ambiente dove tutte le illusioni e le delusioni del mondo sembravano darsi
convegno”, ndr) (…). Mancavano ancora
due giorni al verdetto della giuria (…) e tutti i pronostici della vittoria
andavano a pellicole di cui un buon cattolico non dovrebbe neanche parlare. A Lolita di Stanley Kubrick, per esempio,
che, come tutti sanno, è tratto dal romanzo Lolita
e narra gli amori di un quarantenne con una figliastra dodicenne. (…) Oppure Questa è la mia vita, di Jean-Luc
Godard, che narra la storia di una prostituta bella e ottusa e si svolge in
massima parte dentro case di tolleranza. Oppure Mamma Roma, di Pier Paolo Pasolini, che è quel che sappiamo e ha
per eroina una mamma che fa il mestiere più antico del mondo. Oppure a L’anno crudele, di Peter Glenville, dove
una quattordicenne tenta di sedurre il professore quarantacinquenne nella sua
camera d’albergo. E non era tutto, considerate le opere prime come Il mare (di Giuseppe Patroni Griffi), Una storia milanese (di Eriprando
Visconti), La commare secca (di
Bernardo Bertolucci)». [Oriana Fallaci, Europeo 1962/37]