La Gazzetta dello Sport, 27 luglio 2011
Una data da tenere d’occhio è quella del prossimo due agosto, martedì. Quel giorno il debito degli Stati Uniti d’America sarà pari a 14 mila e 300 miliardi di dollari, un numero che, almeno fino ad oggi, rappresenta il livello massimo di indebitamento consentito allo Stato
Una data da tenere d’occhio è quella del prossimo due agosto, martedì. Quel giorno il debito degli Stati Uniti d’America sarà pari a 14 mila e 300 miliardi di dollari, un numero che, almeno fino ad oggi, rappresenta il livello massimo di indebitamento consentito allo Stato. Per indebitarsi ancora, ci vuole una legge che consenta di innalzare questo tetto (portandolo magari a 16.300 miliardi), ma le leggi le approva il Congresso e in Congresso la maggioranza è repubblicana, mentre Obama è democratico e da gennaio partirà la corsa per la Casa Bianca e la destra repubblicana, quella dei cosiddetti Tea Party, è pronta a fare carte false per impedire a Barack di essere eletto…
Come mai esiste questa legge che limita
la capacità dello Stato di indebitarsi?
Per quanto ne so, è l’unico paese al mondo ad avere
una norma simile. Risale al 1917 e aveva lo scopo evidente di impedire al
governo di far debiti a suo piacimento e senza passare per la Camera dei deputati.
In novant’anni non ci sono mai stati problemi e il Congresso ha sempre
innalzato pacificamente questo tetto, tutte le volte che ce n’è stato bisogno.
Stavolta invece… Si scontrano due filosofie: i repubblicani vogliono che Obama
tagli la spesa pubblica e smantelli soprattutto il sistema sanitario Obama
risponde con il tipico argomento della sinistra: aumentare la pressione
fiscale. E quindi ci troviamo di fronte a un conflitto non tanto dissimile dal
nostr bisogna migliorare i conti pubblici agendo sul versante delle spese
(tagli) o su quello delle entrate (tasse)?
Com’è possibile
che non esista un punto di mezzo tra queste due posizioni?
Ieri il presidente ha parlato alla nazione. Se
questa impasse continuerà «produrrà danni incalcolabili», «abbiamo gli occhi
del mondo addosso», «il default sarebbe un risultato avventato e
irresponsabile». Segue l’accusa ai repubblicani di voler difendere i ricchi.
John Boehmer, lo speaker della Camera, repubblicano, gli ha rispost
«L’approccio bilanciato di cui parla il presidente significa: voi pagate di
più, e noi spendiamo di più. La triste verità è che il presidente voleva un
assegno in bianco sei mesi fa e vuole un assegno in bianco ora». L’ultima
offerta repubblicana è questa: consentire un aumento del tetto di soli mille
miliardi, discutere nel frattempo i tagli. Solo che con mille miliardi il
governo arriva fino a dicembre e a quel punto ci ritroveremmo punto e da capo.
Con questa differenza, rispetto ad ora: la discussione investirebbe in pieno la
campagna elettorale, creando grandi difficoltà ad Obama. Ecco perché il
presidente ha risposto di no.
Che accadrà il
2 agosto se non avranno raggiunto un accordo?
Il governo, non
avendo il permesso di indebitarsi, potrebbe non pagare gli stipendi dei
dipendenti, le spese mediche dei più poveri e dei più anziani, le pensioni. Non
sarebbero nemmeno pagati gli interessi sulle obbligazioni di cui è pieno tutto
il mondo, non solo i fondi pensione, che so, dei vigili del fuoco, ma anche il
tesoro cinese o giapponese. Detto in una sola parola, si tratterebbe di un
fallimento, con evidenti ricadute sul dollaro, destinato a indebolirsi
drasticamente e a mettere nei guai un sacco di gente, soprattutto, come detto,
cinesi e giapponesi, di cui si segnalano preoccupazioni e irritazioni sempre
meno contenibili. La Cina ha 3.200 miliardi di dollari investiti in titoli
esteri e il 60% di questi sono americani. Il Giappone ha titoli Usa per 912
miliardi. Non parliamo dell’effetto teorico sui consumi. L’America non sarebbe
più in grado di comprare, con effetti incalcolabili sulle esportazioni di
tutti. L’assurdità di tutto questo è che gli Stati Uniti godono di grande
credit tutti sono pronti a prestargli soldi, se li vogliono, e infatti gli
interessi sui titoli decennali americani sono bassissimi (intorno al 3%).
Ma allora…
Un default in queste condizioni è talmente incomprensibile,
che Obama potrebbe ricorrere alla quarta sezione del 14° emendamento, che fu
votata nel 1868 e che recita: «La validità dell’intero debito pubblico americano
non potrà essere messa in discussione». Barack potrebbe decidere di indebitare
ulteriormente il paese con un atto d’imperio. Ma non vuole.
E le agenzie di rating?
Bella domanda. Minacciano il “downgrading”, cioè il
declassamento del debito americano, che oggi gode della tripla A, il massimo
dei voti. Anche questo atto avrebbe conseguenze fortemente destabilizzanti
sulla finanza mondiale: la tripla A statunitense è il punto di riferimento di
tutti i voti che vengono assegnati ai debiti sovrani. Scendendo di un gradino
gli americani, scenderebbe di un gradino tutti, compresi gli italiani. Con
conseguenze imprevedibili sul comportasmento dei mercati e sui bilanci pubblici
dei Paesi
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 27 luglio 2011]