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 2008  marzo 20 Giovedì calendario

Nella storia dei conti in Liechtenstein c’è questo deposito da sette milioni di euro intestato a Maria Ilva Biolcati

Nella storia dei conti in Liechtenstein c’è questo deposito da sette milioni di euro intestato a Maria Ilva Biolcati. Che è poi il nome di Milva.

• Ma è lei?
Lei dice di no. stata raggiunta al telefono e ha risposto molto decisamente: «Ma quali conti all’estero? Io non ho mai fatto niente di simile. Deve esserci un errore. Devo sentire il mio commercialista». In effetti, c’è il problema delle omonimie e i finanzieri stanno procedendo con i piedi di piombo. Poi ci sono quelli che hanno ammesso di avere questo conto in Liechtenstein, ma hanno subito aggiunto di essere perfettamente in regola.

• E com’è possibile?
E’ possibile perché la lista che è stata venduta al fisco tedesco e che, per la parte che ci riguarda, il fisco tedesco ha girato a noi, fotografa il 2002 e dal 2002 a oggi molte situazioni non conformi potrebbero essere state regolarizzate. Le ricordo, per esempio, che Tremonti rese possibile il rientro dei capitali depositati all’estero con una piccola sanzione del 2,5% sul capitale reimportato. Questa piccola somma aveva effetti tombali – cioè sanava qualunque irregolarità connessa – ed era accoppiata ad un impegno di riservatezza. Profittarono della legge 22 mila grandi ricchi, italiani che avevano almeno un milione di dollari-valore-2001. Gli italiani in queste condizioni sarebbero secondo Merryl Linch quasi 200 mila.

• Dunque, mi faccia capire. Si può essere evasori e a posto con la legge? C’è qualcosa che mi sfugge.
Si può essere stati evasori e aver profittato di un condono per mettersi in regola. E questo è un caso. Poi si può essere “elusori”, cioè persone che si dànno da fare per non pagare le tasse ma profittando dei buchi della stessa legge oppure delle opportunità che ti vengono offerte in giro per il mondo.

• I paradisi fiscali?
Esatto. Tipo il Liechtenstein. Il paradiso fiscale è un paese dove non ti tassano o ti tassano pochissimo. Tu, che in Italia versi al fisco fior di quattrini, pensi: «Ah, se potessi vivere alle Isole Cayman o a Jersey o a Malta o nel Delaware». La lista è lunga. Il commercialista ti strizza un occhio e dice: «E perché no?». Il modo più banale è prendere la residenza all’estero. Tu fingi di vivere all’estero e invece stai qui. Ci sono paradisi più o meno compiacenti. Malta, per dire, è compiacentissima: affitti una casa, apri il conto e ti costruisci un giro per far arrivare lì i soldi che ti spettano. Così paghi le tasse lì. Ma siccome in realtà non ci vivi, devi avere qualcuno che ti prende la posta: all’ambasciata italiana ti fanno questo favore senza problemi. Poi bisogna pagare le bollette: ci pensano gli studi legali a cui ti sei affidato il primo giorno. E se ti vengono a dire che non è vero che vivi lì? Fai vedere il passaporto dove c’è un timbro d’ingresso di tanti anni fa e manca il timbro d’uscita. Lo cred all’uscita hai mostrato la carta d’identità, che non si timbra. Però ci sono posti dove pretendono che tu risieda lì davvero. A Montecarlo ti fanno le ispezioni e se non ti trovano ti tolgono la residenza.

• Questo che lei racconta, però, non è legale.
No, questa è evasione bella e buona. Ed è evasione anche quella delle aziende che costruiscono all’estero società fittizie da cui fingono di comprare qualcosa. Hanno la scusa per mandare i soldi all’estero sotto forma di pagamento e sono più difficili da prendere. Però c’è anche la costruzione di una situazione che è pressoché impossibile da demolire e il cui unico neo è che è stata costruita apposta per non pagare le tasse. Era il caso di Valentino Rossi. Se fosse andato in giudizio, Valentino avrebbe probabilmente vinto. Ma il nostro campione era dispiaciuto che gli si sporcasse l’immagine e, nonostante il consiglio dei commercialisti, ha preferito farla finita e transare. Ha fatto bene. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/3/2008]