La Gazzetta dello Sport, 7 aprile 2008
A Londra nevica. Questo non ha impedito a centinaia di manifestanti pro-Tibet di tentare qualche mossa clamorosa in occasione del passaggio della fiaccola per la capitale

A Londra nevica. Questo non ha impedito a centinaia di manifestanti pro-Tibet di tentare qualche mossa clamorosa in occasione del passaggio della fiaccola per la capitale. Ci sono stati incidenti, ma le preoccupazioni principali riguardano la giornata di oggi: la torcia, arrivata ieri sera a Roissy, dovrà attraversare Parigi.
• Che è successo a Londra?
Il programma prevedeva di fare un giro di cinquanta chilometri per la città, a piedi, in bicicletta, in barca e in autobus. Partenza da Wembley alle 10 e mezza del mattino, primo degli ottanta tedofori il campione di canottaggio Steve Redgrave. Si temevano soprattutto gli scontri tra membri della comunità cinese sostenitrice di Pechino e i filo-tibetani, riuniti in almeno sei organizzazioni. Ma i filo-cinesi non si sono visti: invece a Ladbroke road, all’angolo con Holland Park Avenue, due uomini brandendo degli estintori con la scritta “estintori di propaganda” si sono buttati sul tedofo Chris Parker e hanno tentato di strappargli di mano la fiaccola per poi spegnerla. Parker la stava passando al tedoforo successivo. La polizia ha subito bloccato i due e li ha arrestati. Quelli l’avevano previsto, avevano già messo in rete una dichiarazione di condonna del «brutale regime cinese» con questo finalin «La Cina non ha diritto di far passare la fiaccola per Londra». I due si chiamano Martin Wyness e Ashley Darby. Poco dopo un altro manifestante ha tentato di strappare la fiaccola alla presentatrice della Bbc, Konnie Huq. Un risultato, comunque, questi amici del Tibet l’hanno ottenut l’ambasciatore cinese a Londra, Fu Ying, ha rinunciato a fare il tedoforo. Conoscendo la cocciutaggine di quel popolo non è poco.
• Ma Gordon Brown boicotterà i Giochi o no?
No, il premier inglese ha già detto che a Pechino l’8 agosto ci sarà. C’è anche il problema che Londra ospiterà i Giochi del 2012 e una staffetta tra le due capitali è prevista dalla ritualità olimpica. Ma diverso è il discorso per Sarkozy, che sta tenendo in ansia i dirigenti di Pechino. La fiaccola è arrivata ieri alle undici di sera a Roissy e dovrà percorrere 27 chilometri, dalla Tour Eiffel allo stadio Charlety. Reporters sans frontières annuncia manifestazioni clamorose.
• Non ho capito se alla fine Sarkozy andrà o no a Pechino.
Io dico che andrà. I francesi hanno da piazzare in Cina le centrali nucleari e l’Airbus. I cinesi l’altra sera hanno manganellato un gruppo di ragazzi francesi che stavano in un locale di Pechino dove si sospettava un certo traffico di droga. Sarkozy s’è già preparato la ritirata: ha detto che, al momento di decidere, sarà presidente dell’Unione (entra in carica il 1° luglio) e dunque dovrà discutere la sua posizione con i partner europei. I partner europei gli daranno qualche argomento per essere presente. Ha lasciato fare l’altro giorno un’intervista alla sua sottosegretaria Rama Yade e le ha fatto dire che la Francia pone tre ”condizioni” a Pechin fine delle violenze in Tibet, inchiesta rigorosa sugli eccidi delle ultime settimane, apertura del dialogo col Dalai Lama. Sei ore dopo la pubblicazione, la giovane Yade ha dovuto negare di aver pronunciato la parola “condizioni”. L’ha smentita anche il suo ministro, monsieur Kouchner. Il guaio è che il giornale che stampava l’intervista era Le Monde, un’autorità assoluta soprattutto in politica estera, che certo non sbaglierebbe nell’uso di un termine come “condizioni”. Dunque, il caso è stato preparato solo per tener viva la sensazione di un’opposizione di Sarkozy a Pechino. Il metodo dei politici di dir qualcosa e poi smentirla dicendo di non essere stati capiti non è solo italiano. Il 62 per cento dei francesi, in base a un sondaggio di Libération, non vorrebbe che il presidente andasse ai Giochi.
• Ma le repressioni cinesi continuano?
L’altro giorno ci sono stati parecchi morti. Forse 8, forse 11, forse 25, a seconda della fonte che riferisce. A Garze, nel Sichuan, vivono molti tibetani e c’è un monastero buddista. Le autorità locali hanno dato vita a un programma di rieducazione: si tratta di radunare i presunti dissidenti e di costringerli a proclamare la loro fedeltà a Pechino. Un atto di sottomissione esplicito e compromettente. La polizia s’è presentata al monastero, con l’intenzione di costringere i monaci, e quelli gli hanno sbarrato il posto. La polizia è entrata lo stesso, ha trovato foto del Dalai Lama sulle pareti di alcune celle e ha arrestato un po’ di bonzi. 370 monaci sono allora usciti in strada e alcune migliaia di cittadini gli hanno dato man forte. La polizia ha sparato sulla folla.
• Pechino non potrebbe ammorbidirsi?
Ammorbirsi? Pensi che a maggio vogliono far passare il tedoforo con la fiamma olimpica anche per le vie di Lhasa... [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 7/4/2008]