La Gazzetta dello Sport, 20 aprile 2008
Grande impressione per la disavventura di una ragazza del Lesotho (Africa), che chiameremo convenzionalmente Maria, 31 anni, studentessa, figlia di un diplomatico che abita sulla via Cassia a Roma: scesa verso mezzanotte alla stazione de La Storta dal trenino che la riportava a casa, è stata avvicinata da un romeno, che l’ha obbligata con un coltello a seguirlo dietro un muro, qui le ha infilato la lama nel ventre e poi l’ha violentata a lungo

Grande impressione per la disavventura di una ragazza del Lesotho (Africa), che chiameremo convenzionalmente Maria, 31 anni, studentessa, figlia di un diplomatico che abita sulla via Cassia a Roma: scesa verso mezzanotte alla stazione de La Storta dal trenino che la riportava a casa, è stata avvicinata da un romeno, che l’ha obbligata con un coltello a seguirlo dietro un muro, qui le ha infilato la lama nel ventre e poi l’ha violentata a lungo. Senza cavarsela, però, perché due persone avevano visto la scena e chiamato i carabinieri. All’arrivo dei militari, il rumeno è scappato per i campi (La Storia è all’estrema periferia romana). L’hanno preso lo stesso. Ha 37 anni, si chiama Ioan Rus, abita in una baracca abusiva lì intorno, era ubriaco, non ha un lavoro, non si sa al momento se sia o no un clandestino ma comunque non ha precedenti. Maria è adesso fuori pericolo.
• C’è anche stata un’americana violentata a Milano.
Sì, in pieno centr largo La Foppa. Il locale dove l’ha pescata il violentatore, un venticinquenne egiziano di nome Mohamed Youssef Elsheimi, soprannominato Tito, è molto rinomato. Si chiama “The Club”. A quanto pare, Tito faceva lo strano lavoro di tener pulita la zona antistante l’ingresso, levando bicchieri, bottiglie e cartacce. Gli studenti stranieri hanno infatti l’abitudine di bere per strada, cioè si portano dietro le bottiglie quando escono dal locale. Elsheimi sperava di essere assunto al Club, un suo amico lavora là dentro. In ogni caso, verso le quattro del mattino, ha visto uscire questa americana di 21 anni, vestitino rosso attillato, un poco brilla. Ci ha attaccato bottone – era vestito tutto elegante, cravatta e scarpe di pelle nera ben lucide –, poi l’ha convinta a far due passi, senza parere l’ha fatta svoltare in via Tommaso da Cazzaniga – stradina buia, oltre tutto isolata da un cantiere –, qui l’ha scaraventata contro il cofano di una macchina e l’ha violentata. La ragazza ha gridato, ma nessuno ha sentito. Tornata indietro, s’è messa a piangere con gli amici. Questi hanno chiamato la polizia e l’egiziano è stato facilmente arrestato a casa sua, in via Bettino da Trezzo. A differenza del rumeno, ha parecchi precedenti ed è ben più che un clandestin è già stato espulso dall’Italia e dovrebbe stare a casa sua, invece che a Milano. Oltre tutto, gira con quattro alias, cioè le sue impronte digitali sono connesse a quattro set di documenti.
• Se era stato espulso, come faceva a stare a Milano?
Perché la procedura delle espulsioni, da noi, è tutta teorica: il clandestino, prima di essere imbarcato (a spese nostre) su un aereo o su un treno che lo riporti a casa, deve aspettare il suo turno in un Centro di Permanenza Temporanea, detto Cpt: non ci sono abbastanza viaggi per imbarcare subito tutti quelli che vengono presi. Ora, secondo dati forniti dal sindaco Morati, a Milano dovrebbero esserci centomila clandestini. Supponiamo di prenderli tutti quanti in un giorno. Sarebbe impossibile far qualcosa: il Cpt milanese sta in via Corelli e ha 140 posti! I clandestini, con tutti i decreti d’espulsione di questo mondo, continuerebbero (e continuano) a girare indisturbati.
• Chi ha inventato una procedura tanto cretina?
I politici. Questa procedura – che prevede il soggiorno nel Cpt e poi l’“accompagnamento alle frontiere” – stava nella legge Turco-Napolitano ed è rimasta uguale nella Bossi-Fini. La Moratti ha disperatamente chiesto negli ultimi due anni che si procedesse in modo da rendere più stringente il controllo sugli stranieri potenzialmente pericolosi, ma il precedente governo, quando è stato costretto a far qualcosa dal caso Reggiani (la signora ammazzata dal rumeno a Tor di Quinto) ha introdotto nel provvedimento un “riconoscimento del genere” (un affare complicatissimo che non c’entra niente con gli stranieri) che lo ha reso impossibile da approvare. I nuovi vincitori promettono molto in tema di sicurezza, e staremo a vedere. Leggo però che qualcuno propone l’inasprimento delle pene, una misura evidentemente destinata a far perdere tempo. Non serve inasprire le pene, serve applicarle. E che il clandestino espulso o potenzialmente delinquente torni davvero a casa sua.
• Gli stranieri che dicono?
Sono altri colpi all’immagine dell’Italia. Ieri il Corriere ha pubblicato una lista delle ultime violenze lunga mezza pagina. E ha preso in considerazione solo quelle successive a Natale. C’è la storia di Meredith a Perugia, che ha avuto un’eco tremenda. La storia dell’artista italiana Pippa Bacca, violentata e uccisa in Turchia, non ha fatto altrettanto rumore sulla stampa di tutto il mondo. Colpa anche dei rifiuti e delle mozzarelle.
• Che si può fare?
Metterci la testa. Un esercizio al quale i nostri politici sembrano negati. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/4/2008]