La Gazzetta dello Sport, 22 aprile 2008
Oggi è il 38° “Earth Day”, vale a dire “Giorno della Terra”, una giornata che in tutto il mondo viene dedicata ai temi ambientalisti e cioè alla mobilitazione per costringere i governi a praticare politiche rispettose dell’ambiente e per ricordare a noi stessi di sprecare di meno, di sporcare di meno

Oggi è il 38° “Earth Day”, vale a dire “Giorno della Terra”, una giornata che in tutto il mondo viene dedicata ai temi ambientalisti e cioè alla mobilitazione per costringere i governi a praticare politiche rispettose dell’ambiente e per ricordare a noi stessi di sprecare di meno, di sporcare di meno...
• Mi pare che di giornate come questa ce ne sia una a settimana... Non è un po’ troppo?
Non ce n’è una a serttimana, ma comunque ce ne sono troppe. Poco tempo fa abbiamo ragionato intorno all’Earth Hour, quell’iniziativa grazie alla quale 380 città spengono la luce per un’ora. Quella volta si trattava di ammonirci sul consumo d’energia e sull’inquinamento luminoso. Stavolta, cioè oggi, dobbiamo ricordarci la totalità delle nostre colpe, e cioè il fatto che inquiniamo, riscaldiamo, sprechiamo e – come sostengono senza ombra di dubbio un bel mucchio di scienziati – stiamo condannando noi stessi alla catastrofe, cioè all’estinzione.
• Come al solito, lei dice queste cose con l’aria di non crederci.
Per carità, per carità. I dati parlano chiar un essere umano occidentale nel corso della sua vita consuma un milione di litri d’acqua solo per farsi il bagno, manda in discarica 40 tonnellate di rifiuti, mangia 8,5 tonnellate di cibo, beve 1.694 bottiglie di vino e 30 mila litri di latte, butta senza ritegno e per i suoi porci comodi anidride carbonica nell’atmosfera. evidente che per l’umanità la cosa migliore è sparire.
• Scusi, il discorso non è questo. Il discorso è che se tu hai a disposizione 10 non devi consumare 11. La rovina sta in questo.
Ha ragione. E da questo punto di vista il problema esiste: si annuncia scarsità d’acqua, si annuncia scarsità di petrolio, arriva l’inflazione, si temono guerre. Il punto è che le giornate con i loro concerti servono solo a stancare il mondo. A forza di sentire che la rovina è prossima, smettiamo di ascoltare. La catastrofe arriverà e non saremo preparati anche a causa di questo bombardamento fatto di concerti e bei gesti. Il fatto è che la soluzione del problema spetta alla politica, e solo alla politica. Per esempi il consumo di petrolio è determinato per metà dall’automobile. Si potrebbe immaginare di organizzare i centri urbani eliminando totalmente l’auto privata, e cioè mettendo in piedi un sistema di trasporto urbano collettivo. Autobus, tram, taxi e metropolitane. Si otterrebbero tre risultati: risparmio energetico, caduta verticale dell’inquinamento, débacle della malavita costretta ad andare a piedi mentre la polizia sarebbe evidentemente autorizzata a girare in macchina. Guardi che portare tutti in autobus o in taxi a Roma o a Milano non sarebbe per niente difficile. Per una decisione simile, però, ci vogliono i politici. E i politici, in democrazia, sono eletti col consenso. Lei pensa che un sindaco vincerebbe le elezioni proponendo una cura di questo genere? Quindi, o si aspetta che il problema diventi così acuto da essere percepito dalla maggioranza oppure si autorizza la politica a prendere decisioni impopolari, cioè contrarie al sentimento della maggioranza. La terza strada è la lotta politica, su programmi veri, cioè scomodi. Ma i Verdi, distrutti in Italia dalle elezioni, non superano il 2% dei consensi in nessun Paese mediterraneo. E anche nel resto del mondo non hanno poi tutta questa forza. Affidare il problema ai cantanti è come credere che il problema dei poveri sarà risolto dalla beneficenza.
• E allora che cosa bisognerebbe fare?
Bisognerebbe che uomini politici credibili corressero il rischio di cercare consensi intorno a discorsi difficili. Per esempio, la questione dell’acqua è legata al consumo della carne. Un manzo d’allevamento da 500 kg quando viene macellato si è nutrito di 1.200 chili di granaglie, e ha bevuto la quantità d’acqua che basterebbe a far galleggiare un incrociatore. I capi d’allevamento nel mondo sono un miliardo e mezzo e l’aumento del benessere di certi Paesi coincide non solo con una maggiore domanda di energia, ma anche con una maggiore domanda di carne. Si può costruire una piattaforma politica che preveda un minor consumo di carne e un maggior consumo di verdure? Qualcuno dovrebbe farlo.
• Mangiar meno carne non farebbe male alla salute?
Mario Tozzi ha raccontato la storia di tre milioni di danesi che nel 1917 furono costretti a una dieta di patate e orzo e il cui tasso di mortalità si ridusse del 35%. Certo gli allarmi conditi di canzoni fruttano soldi e costano poca fatica. Soprattutto quando dopo il concerto si può andare felicemente e divorare una bistecca. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 22/4/2008]