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 2008  giugno 14 Sabato calendario

L’Irlanda ha bocciato il Trattato di Lisbona, cioè la Costituzione europea bis. Lo scrutinio non era ancora terminato, quando alla televisione di quel Paese è apparso il ministro della Giustizia, Dermot Ahern: «Hanno vinto i no

L’Irlanda ha bocciato il Trattato di Lisbona, cioè la Costituzione europea bis. Lo scrutinio non era ancora terminato, quando alla televisione di quel Paese è apparso il ministro della Giustizia, Dermot Ahern: «Hanno vinto i no. Alla fine, per una miriade di ragioni, il popolo si è espresso così. Un risultato che lascia delusi ma di cui bisogna prendere atto». L’analisi del voto mostra che i "no" hanno vinto in 37 collegi su 43. In percentuale: il Trattato è stato respinto da poco meno del 54% dei cittadini. A causa delle regole che la stessa Unione europea s’è data il Trattato non quindi non dovrebbe entrare in vigore il prossimo 1° gennaio, come era stato previsto in un primo tempo.

• Non so perché, ma ho l’impressione che questo voto cambi poco la situazione.
Beh, blocca la trasformazione dell’Europa in soggetto politico. Per esempio, una delle cose che prevedeva il Trattato era la creazione di un ministro degli Esteri europeo. Non si sarebbe chiamato così, naturalmente, e avrebbe poi dovuto penare le sette camicie per non essere smentito continuamente da uno dei 27 stati della Ue. Ma intanto esisteva. La bocciatura del Trattato da parte degli irlandesi blocca tutto. A quanto pare, la Ue non può che essere un soggetto economico, con una certa libertà di movimento, al suo interno, dei cittadini e delle merci e con la possibilità di adottare la stessa moneta per quella sotto-quota di Paesi che sono d’accordo e che hanno i requisiti. Per il resto, nisba: ognuno si tiene leggi, governi e Parlamenti che ha e di integrarsi non se ne parli più.

Non è assurdo che basti il voto degli irlandesi per determinare una svolta simile? Quanti sono alla fine?
L’Irlanda ha poco più di quattro milioni di abitanti. L’Unione europea 497 milioni. Si tratta quindi di meno dell’1 per cento del’intera popolazione della Ue. Ma, se vogliamo, la quota che ci interessa è ancora più piccola. Ha votato il 40%, cioè 1 milione e 600 mila persone. Di queste, hanno detto no più o meno il 54%: 864 mila. 864 mila che decidono per mezzo miliardo!

• E’ assurdo. Bisognava fare in qualche altro modo.
C’è però un punto. Il Trattato di Lisbona è un testo di ripiego, messo insieme per surrogare la vecchia Costituzione europea che era già stata bocciata da francesi e olandesi nel 2005. Dunque, un trucco, perché i governanti di Bruxelles hanno tentato di servirci della zuppa visto che non avevamo voluto il pan bagnato. Badi che non sono per niente anti-europeista, mi limito a raccontare i fatti. Per non correre rischi, tutti i Paesi europei hanno deciso di far ratificare il nuovo testo non ai popoli, attraverso un referendum, ma ai Parlamenti, secondo le normali procedure con cui si approvano le leggi. Da noi, il testo è in questo momento all’esame del Senato. Gli unici che non hanno potuto seguire questa procedura, per via delle leggi che hanno, sono gli irlandesi. Gli unici su 27. La domanda giusta perciò non è: come è possibile che una sparutissima minoranza determini la volontà di un maggioranza enorme? La domanda giusta invece è: che cosa accadrebbe se il testo del Trattato di Lisbona venisse sottoposto a referendum in tutta Europa? E anche: è giusto che una Costituzione passi solo per i Parlamenti e non sia sottoposta a referendum popolari dappertutto? Non voglio dar risposte, ma ci pensi.

Che cosa c’era di male in questo Trattato che gli irlandesi non lo vogliono?
Il bello è che gli irlandesi si sono fatti ricchi con l’Europa, da cui hanno preso in 35 anni 55 miliardi di euro. Si sono poi dotati di una legislazione molto favorevole per accogliere le imprese straniere e infatti quando le aziende americane vogliono sviluppare il mercato europeo, spesso stabiliscono la loro sede centrale lassù. Altro fatto da tener presente: tutti i partiti irlandesi senza eccezione erano favorevoli all’approvazione del trattato e hanno fatto propaganda per il sì. Dunque, il no è venuto proprio dal cuore del popolo, è una rappresentazione del sentimento che gli europei provano nei confronti di questa istituzione distante, fredda, burocratica e incapace di accendere un sentimento, di dare una speranza. Se 26 governi su 27 hanno deciso di evitare il ricorso al referendum è perché i politici sanno benissimo che in quasi tutti i Paesi la risposta popolare sarebbe stata negativa. E il senso di questo no è probabilmente questo: non vogliamo più integrazione di quella che c’è adesso, ma, casomai, un po’ di meno.

Secondo lei la pensano così anche gli italiani?
Secondo me forse gli italiani non la pensano così. Ma solo per una ragione: hanno una tale disistima del loro Paese, dei loro governanti e di se stessi che vorrebbero ardentemente essere governati da qualcun altro. Sa cosa mi ha detto un tassista l’altro giorno a Roma? «Dotto’, ma perché non dichiariamo la guerra all’Austria e subito dopo ci consegniamo?». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/6/2008]