La Gazzetta dello Sport, 22 marzo 2009
Scriveva ieri Vittorio Feltri: «E’ arrivato il momento più temuto che atteso: l’ultimo congresso di Alleanza nazionale prima di chiudere bottega e di riaprire con la nuova insegna»

Scriveva ieri Vittorio Feltri: «E’ arrivato il momento più temuto che atteso: l’ultimo congresso di Alleanza nazionale prima di chiudere bottega e di riaprire con la nuova insegna». Chiudere bottega vale a dire sciogliere Alleanza nazionale, il partito che un tempo si chiamava Movimento Sociale Italiano (Msi), gli eredi della Repubblica di Salò, gli epigoni del fascismo, anzi, nel loro caso, del Fascismo, con la «f» maiuscola. «Riaprire con la nuova insegna»: cioè fondersi con Forza Italia e dar vita al Popolo della Libertà, il nuovo partito della destra italiana con a capo Silvio Berlusconi...
• Avevo capito che questo partito esisteva già.
Sì, come cartello elettorale. Ricorderà che il 18 novembre del 2007 Berlusconi annunciò in San Babila, parlando dal predellino di una Mercedes, la nascita di un nuovo partito il cui nome in quel momento venne annunciato come «Partito del Popolo Italiano» o forse «Partito del Popolo e della Libertà». In seguito, d’accordo col suo oppositore Veltroni, Berlusconi decise che non avrebbe fatto alleanza elettorale con nessuno, a parte la Lega, e che chi voleva stare con lui avrebbe dovuto confluire in una lista comune, detta Popolo della Libertà. Casini disse di no, Fini ( nella foto Ansa in alto con Alessandra Mussolini) – dopo aver strepitato parecchio (c’era Prodi, e Fini minacciò di votare a favore di una nuova legge televisiva...) – accettò. Già allora i due alleati stabilirono che dopo il voto si sarebbe proceduto a una fusione classica tra le due forze politiche. E cioè: An si sarebbe sciolta e sarebbe confluita nel Popolo della Libertà. Il congresso dello scioglimento è iniziato ieri e si conclude oggi.
• Ma gli conviene? Non ci rimettono a sparire sotto Berlusconi?
Bella domanda. Alleanza nazionale ha ottenuto il maggior successo nel 1996: il 15,7% dei consensi, in elezioni, peraltro, in cui la coalizione di centrodestra fu sconfitta da Prodi. Poi ha sempre oscillato intorno al 12, una percentuale dalla quale si sarebbe difficilmente schiodata in futuro. Anche per la prevalenza impressionante sull’elettorato di destra di Berlusconi. Fondendosi con gli «azzurri», invece, la componente An mette una seria ipoteca sul dopo-Berlusconi. più strutturata sul territorio, ha alle spalle una lunga militanza di resistenza molto dura, quando i suoi uomini aderivano al Msi ed erano discriminati dalla famosa alleanza detta «arco costituzionale», cioè quella formata dai partiti antifascisti. Non so dire se sarà Fini il successore di Berlusconi, ma è sicuro che quando si tratterà di disputarsi l’eredità gli ex missini avranno più frecce al loro arco degli ex forzisti.
• Non potrebbe capitare, al momento della fusione, che Fini si candidi contro Berlusconi per la guida del partito?
E’ escluso. Pensi che lo statuto del Popolo della Libertà non ha previsto una modalità di confronto tra il Cavaliere e un ipotetico avversario. Le due forze politiche hanno stabilito di spartirsi il potere 70 a 30, cioè An potrà contare su uno dei tre coordinatori del partito (sarà La Russa, che affiancherà Verdini e Sandro Bondi) e su 6 dei 20 coordinatori regionali, quelli di Veneto, Lazio, Emilia-Romagna, Puglia, Calabria, Sardegna. Ci sarà poi un problema di patrimonio da gestire, perché An porta due milioni di attivo, parecchi immobili e una testata giornalistica,
Il Secolo d’Italia. Forza Italia, da questo punto di vista, è in perdita: ha passività per una quarantina di milioni.
• Che cosa ha detto ieri Fini?
Fini parla stamattina, a quanto si dice a braccio. Ieri il discorso importante è stato tenuto da La Russa, che, da quando Fini è presidente della Camera, ha fatto da reggente. Un discorso molto tranquillo. In pratica, ha detto: stiamo portando a conclusione un discorso cominciato già ai tempi di Almirante’ con la prima correzione della ragione sociale: non più solo Msi, ma Msi-Destra Nazionale – e proseguito da Fini con la creazione, sulle ceneri del Movimento sociale e di tutto l’armamentario post-fascista, di Alleanza Nazionale. Partito moderato, un pochino meno statalista, un pochino più liberista. Una forza che si preparava a entrare al governo, come poi avvenne, e che non poteva certo far sospettare manganelli sotto il doppiopetto.
• Berlusconi?
Berlusconi non c’era. E non aveva bisogno di esserci, perché quelli di An, nella stragrande maggioranza, non ne mettono minimamente in discussione la leadership. Il Cavaliere ha fatto il piacere di lasciare la ribalta a Fini, che peraltro non s’è neanche seduto al tavolo della presidenza e ha preferito seguire i lavori dalla platea. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 22/3/2009]