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 2009  marzo 31 Martedì calendario

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha pronunciato la parola «Fiat», riferendosi effettivamente alla nostra azienda automobilistica

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha pronunciato la parola «Fiat», riferendosi effettivamente alla nostra azienda automobilistica. La frase è questa: «La Chrysler ha bisogno di un partner, ci vuole un accordo solido che protegga i consumatori americani. So che la Fiat è pronta a trasferire la sua tecnologia di punta alla Chrysler e, dopo aver lavorato in stretta collaborazione con il mio team, si è impegnata a costruire motori e nuove auto a basso consumo di carburante qui in America».

Accidenti. Significa che quelli della Fiat hanno lavorato, nelle ultime settimane, con quelli della Casa Bianca?
Proprio così. Sappiamo poco di questi incontri, se non che Marchionne ha garantito al governo americano che non uno dei dollari versati a Chrysler-Fiat uscirà dagli Stati Uniti. Il nostro amministratore delegato ha anche fatto vedere ai funzionari del Tesoro il dossier Multiair, una tecnologia che permette di ridurre sia il consumo sia le emissioni di anidride carbonica in misura variabile tra il 10 e il 25%. Questa tecnologia s’è poi vista anche a Ginevra. Ma sa qual è il bello? Obama ha bocciato sia i piani di General Motors – chiedendo e ottenendo le dimissioni dell’amministratore delegato Richard Wagoner, un fatto enorme dato che mai lo Stato americano era entrato così pesantemente nella gestione di un’azienda privata – sia quelli di Chrysler, dando a quest’ultima trenta giorni di tempo per rivedere il tutto e stringere l’accordo con la Fiat. Sul tavolo ci sono sei miliardi di dollari – una cifra doppia rispetto a quella promessa da Bush – e l’amministratore delegato della Chrysler, Bob Nardelli, a questo punto ha chiuso l’accordo non in trenta giorni, ma in tre ore. Il comunicato è di ieri pomeriggio: «Fiat e Chrysler hanno raggiunto un’intesa sulla struttura di un’alleanza globale che ha il sostegno del Tesoro Usa».

Se ne sa qualcosa?
No. Si sa però che dovrà essere rivisto il vecchio accordo tra la casa torinese e quella di Detroit, quello stipulato a gennaio. Si trattava di una lettera d’intenti non vincolante: Fiat rilevava un 35% di Chrysler a costo zero e si impegnava a fornire le piattaforme e tutto il know how necessario a costruire macchine piccole ed ecologiche, una cultura di prodotto che Chrysler non possiede. Aveva poi acquisito anche il diritto a comprare un altro 20% dell’azienda sborsando 25 miliardi. E avrebbe sempre potuto rilevare un altro 20% di Chrysler posseduto da Daimler, diventando così padrona per tre quarti del marchio americano. possibile che al Tesoro questa alienazione di una fabbrica Usa così tipica non vada giù e che si debbano rivedere i punti di quell’intesa relativi all’eterna questione del «chi comanda». forse il prezzo da pagare per il fatto che la Casa Bianca ha raddoppiato lo stanziamento portandolo da tre a sei miliardi.

Le fusioni, in genere, provocano tagli dei posti di lavoro.
I tagli dovrebbero riguardare, casomai, il personale americano. Ci sarà invece di sicuro una razionalizzazione delle forniture. Qui, nel cosiddetto indotto delle due case automobilistiche, non potranno non esserci sofferenze (Nardelli chiama questo «stabilizzazione»). D’altra parte meglio così che chiudere, no? E senza un accordo tra di loro e una prossima alleanza con un terzo partner che garantisca i cinque milioni e mezzo di vetture l’anno, si chiude di sicuro. Chrysler e Fiat insieme possono produrre quattro milioni di macchine, ma oggi se non se ne mettono sul mercato almeno cinque e mezzo/ sei non c’è speranza di farcela.

Di quanti dipendenti stiamo parlando?
Le due case, insieme, occupano 240 mila persone distribuite in 208 stabilimenti. Una volta unite, la loro forza commerciale sarà davvero imponente. Fiat porta 6.500 concessionati distribuiti in 190 paesi. Chrysler 4.900 in 125 Paesi. Fiat venderà negli Stati Uniti la 500 e i modelli dell’Alfa Romeo, un’auto che laggiù è un mito. Dustin Hoffman ne Il laureato guidava una Duetto. Non dimentichiamo tuttavia che l’accordo, benché annunciato, deve essere ancora perfezionato in molti punti. Non dimentichiamo neanche che i sei miliardi promessi da Obama non sono un finanziamento a fondo perduto: Chrysler- Fiat dovranno restituirli.

Quanto tempo ci vorrà per salire sulla prima automobile prodotta in partnership?
Non meno di due anni. E sarà interessante vedere che razza di vettura sarà. Loro sono specializzati nei macchinoni, tipo gip o suv, auto che consumano e inquinano. Noi, tutto l’inverso. Due patrimoni genetici così diversi dovrebbero generare una razza davvero forte. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 31/3/2009]