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 2011  giugno 19 Domenica calendario

Bossi è atteso oggi a Pontida, ma intanto ieri ha sparato un’anticipazione del discorso: vuole tre ministeri a Monza (Economia, Riforme e Semplificazione) e forse uno a Milano (Lavoro)

Bossi è atteso oggi a Pontida, ma intanto ieri ha sparato un’anticipazione del discorso: vuole tre ministeri a Monza (Economia, Riforme e Semplificazione) e forse uno a Milano (Lavoro). A Monza dice che il sindaco ha messo a disposizione la Villa Reale «senza spendere una lira, noi andiamo là». Sarebbe in ballo anche il trasferimento del ministero del Lavoro, a Milano.

I romani non dicono niente?Sì, la Polverini, governatore della Regione ha detto: «I ministeri non si muoveranno da Roma: da domani saremo al lavoro per raccogliere le firme contro lo spostamento dei dicasteri. «È un arrogante affronto alla Capitale. Bisogna dire basta a queste proposte inutili e dannose». Zingaretti, presidente della Provincia: «Che tristezza questo Governo anti-Roma, che costringe le Istituzioni a promuovere una raccolta di firme per mantenere nella nostra Capitale le prerogative che sono di tutte le Capitali mondiali. Che tristezza, perché questo Governo all’inizio della legislatura si era riempito la bocca di vuote parole sui fondi per la nostra città e sulla legge per Roma Capitale».

Mi dia la chiave delle dichiarazioni di Bossi.
Intanto, per spostare i ministeri ci vorranno soldi e tempo. Le dico francamente che la cosa non mi pare possibile e mi pare impossibile che Bossi e gli altri leghisti non se ne rendano conto. Quindi, la sparata dei quattro ministeri va interpretata alla luce di quello che accadrà oggi sul pratone di Pontida, dove i leader leghisti, e Bossi in particolare, rischiano molto. Primo rischi al pratone si presenta poco popolo, e la festa riesce sciapa. Secondo rischi Bossi e chi altri eventualmente parlerà (forse nessun altro) si pigliano un po’ di fischi o, comunque, pochi applausi. Queste reazioni metterebbero a rischio il governo, perché a quel punto il vertice leghista, ansioso di recuperare consensi, potrebbe decidersi a mollare Berlusconi. C’è anche l’occasione: a metà settimana è previsto un voto di fiducia. Queste bombe del Senatùr vanno lette quindi – paradossalmente – in chiave moderata: rassicurare la base e avere in cambio un po’ di fiato per tirare avanti.

La riforma del fisco?
I giornalisti hanno fatto al capo leghista parecchie domande. Tremonti è d’accordo? Bossi: «Secondo te? Ma Berlusconi penso di sì». Quindi è pace con il premier? «No, non è pace con il premier, è solo portare fuori da Roma un po’ di ministeri. Servono altre cose, come quelle sull’economia. Provvedimenti sul fisco? Sì». Il governo va avanti? «Domanda cattiva. A Pontida ci saranno altre sorprese». Come vede, è un continuo oscillare per confortare la base senza ancora rompere del tutto. L’altro giorno, a una domanda sulla durata del governo, aveva fatto il gesto del pollice verso. E qualche ora dopo aveva precisato che era rivolto ai giornalisti. Sulla riforma del fisco, non so come faranno a procedere dopo la sentenza di Moody’s.

Che cos’è la sentenza di Moody’s?
L’agenzia internazionale Moody’s venerdì ha minacciato di abbassare il rating sul debito pubblico italiano. Il rating è il voto che queste agenzie internazionali dànno alle istituzioni indebitate: in pratica valutano il rischio che i creditori non riabbiano i loro soldi. Noi potremmo essere declassati a settembre, e tra le ragioni addotte da Moody’s per il suo monito c’è anche la debolezza politica del premier e la sua volontà di risalire la china allargando i cordoni della borsa. Pesano anche, naturalmente, il rischio Eurolandia (in caso di default greco potremmo essere colpiti dalla caduta di fiducia nell’euro) e il nostro tasso di crescita troppo basso.

E che succederà se davvero Moody’s ci abbasserà il voto?
Niente. O forse molto. Dipenderà dalla situazione in cui ci troveremo (noi e il mondo) in settembre. Di fronte a un voto basso, gli investitori potrebbero decidere di vendere i titoli italiani, deprezzandoli. Negli Stati Uniti da molti anni fondi pensione, grandi banche, assicurazioni non possono detenere in portafoglio titoli che abbiano rating inferiori a un certo livello. Potremmo dover pagare interessi più alti per piazzare i nostri titoli. Bossi, Berlusconi e i sindacalisti vogliono il taglio delle tasse, e invece noi potremmo essere costretti a tirar fuori soldi per far star buoni le banche e i finanzieri del mondo. Un primo giudizio dei mercati lo avremo già domani (nuove aste di Bot e Ctz) e martedì (nuove aste di Cct). Mercoledì scorso la differenza nei rendimenti dei titoli di stato italiani rispetto ai bund tedeschi (spread) ha superato i 200 punti base. E il nostro debito ha toccato questa settimana il nuovo record di 1890,6 miliardi, +2,5% sul 31 dicembre 2010, cioè 22 miliardi in più

[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 19 giugno 2011]