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 2009  giugno 15 Lunedì calendario

L’Iran è in subbuglio dopo la conferma di Ahmadinejad alla presidenza perché l’altro candi­dato forte, cioè Mir-Hossein Mousavi, sostiene che ci sono stati brogli, che a lui risulta di aver vinto e che le elezioni van­no rifatte

L’Iran è in subbuglio dopo la conferma di Ahmadinejad alla presidenza perché l’altro candi­dato forte, cioè Mir-Hossein Mousavi, sostiene che ci sono stati brogli, che a lui risulta di aver vinto e che le elezioni van­no rifatte. L’autorità suprema iraniana, però, cioè l’ayatollah Khamenei, ha benedetto Ahma­dinejad e la sua vittoria, sancen­dola senza discussioni: 62,6% contro 33,7%. a questo punto che sono scoppiati i disordini, con cortei, assalti e cariche del­la polizia.

Ci sono stati morti?
Sabato ci sono stati tre morti e un numero imprecisato di feri­ti. Ieri la contestazione s’è con­centrata nella parte settentrio­nale della capitale e in molte altre città persiane. Mousavi non si vede, ma le autorità ne­gano di averlo arrestato o di te­nerlo prigioniero in casa sua. Sono finiti dentro invece 170 riformisti. Attraverso Inter­net, il candidato sconfitto ha invitato a continuare la prote­sta, senza però ricorrere alla violenza e senza dare alla poli­zia, ai pasdaran o ai reparti an­tisommossa che girano per la città in motocicletta e tuta ne­ra il pretesto per intervenire. Il regime lascia che i chioschi sia­no distrutti, i cassonetti incen­diati e che la furia in qualche modo si sfoghi. Gli agenti pic­chiano ma, a quanto pare, non ancora con tutta la forza dispo­nibile. Khamenei e Ahmadi­nejad hanno fatto saltare i col­legamenti sms e vietato ad Al Arabiya, la rete satellitare che ha dato la notizia dei tre mor­ti, di continuare a trasmettere.

I brogli sono veri?
Ci sono alcune circostanze in­quietanti. Prima delle elezioni s’è saputo che erano state stampate sette milioni di sche­de in più, apparentemente sen­za ragione. Il voto è stato mol­to faticoso, con file di ore, al punto che le operazioni si so­no prolungate ben oltre l’ora­rio di chiusura. Le altre volte i primi risultati si cominciava­no a sapere il pomeriggio del giorno dopo. Stavolta, nono­stante le operazioni fossero state tanto lente, poche ore do­po la chiusura il ministero del­­l’Interno, guidato da un pasda­ran di Khamenei, è stato in gra­do di assegnare la vittoria ad Ahmadinejad, con una percen­tuale molto precisa del 62%. Stranamente questa percen­tuale risulta uniforme in tutto il Paese, fatto statisticamente piuttosto improbabile. I nomi dei delegati alle 45.713 mila se­zioni elettorali erano noti da un pezzo, però i delegati sono stati chiamati all’ultimo mo­mento e in una gran confusio­ne che, secondo i seguaci di Mousavi, ha penalizzato il par­tito riformista. Il giorno delle elezioni poi non funzionavano gli sms: il provider telefonico iraniano è statale.

In Iran ci sono molti telefonini?
La diffusione degli sms in Iran è enorme, come da noi e forse addirittura di più. Il vicepresi­dente americano Joe Biden, ie­ri, ha ammesso di non avere in­formazioni sufficienti per fare una dichiarazione ufficiale. Ma ha segnalato «una spaven­tosa mole di dubbi». Hillary Clinton, più prudente, ha det­to: speriamo che il voto riflet­ta la volontà del popolo. Gli americani sono nemici di Ah­madinejad e dunque le loro di­chiarazioni vanno prese con le molle. Bisogna anche ricorda­re che il presidente vittorioso ha comunque un forte seguito nel Paese, i cui sentimenti an­tioccidentali e antiisraeliani sono profondi. Il voto potreb­be anche essere regolare.

I contestatori otterranno qual­cosa?
Ieri hanno manifestato anche i fan del vincitore, il quale s’è fatto vedere e ha detto di esser pronto a incontrare Obama. Vuole un disarmo nucleare ge­neralizzato, una richiesta asso­lutamente da condividere, ma che in questo momento, reali­sticamente, non porta da nes­suna parte. C’è anche l’atomi­ca nordcoreana e la notizia che i cinesi stanno preparando campi per accogliere i profu­ghi della Corea del Sud, forse presto invasa. La guerra – una guerra prima di tutto antiame­ricana – sembra prossima da quella parte del mondo e si parla di scambi continui tra il regime di Pyongyang e quello di Teheran. Il momento è brut­to e uno spiraglio di luce viene solo dalle dichiarazioni del premier israeliano Netan­yahu, abbastanza inattese.

Che cosa ha detto?
Netanyahu, che è sempre sta­to contrario alla creazione di uno stato palestinese, ieri sera ha detto che si può fare: pur­ché sia smilitarizzato e ricono­sca Israele. Il guaio è che la vit­toria di Ahmadinejad dà nuo­vo fiato agli estremisti islami­ci: la Siria, Hamas, Hezbollah. Paradossalmente, buttando già Saddam, Bush ha reso an­cora più forte il regime degli ayatollah: senza più problemi dal lato iracheno e sunnita, i preti persiani hanno potuto de­dicarsi con maggiore impegno alla loro guerra contro il Sata­na a stelle e a strisce. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 15/6/2009]