La Gazzetta dello Sport, 20 giugno 2009
Domani e lunedì si torna a votare, per i ballottaggi e per i referendum. Ballottaggi: in tutte le città e le province dove bisognava scegliere il sindaco o il presidente, e nessuno ha preso la metà dei voti più uno, bisogna adesso decidersi tra due soli candidati, i due che quindici giorni fa hanno avuto maggior successo

Domani e lunedì si torna a votare, per i ballottaggi e per i referendum. Ballottaggi: in tutte le città e le province dove bisognava scegliere il sindaco o il presidente, e nessuno ha preso la metà dei voti più uno, bisogna adesso decidersi tra due soli candidati, i due che quindici giorni fa hanno avuto maggior successo. Referendum: si tratta di accettare oppure no certe modifiche alla legge elettorale.
• Parliamo del referendum.
In Italia esiste solo il referendum abrogativo. Cioè, tu non puoi far entrare in vigore una legge scavalcando il Parlamento e rivolgendoti direttamente al popolo. Ma puoi cancellare col voto popolare una legge che già esiste. Oppure puoi cancellare certe parole o certe parti di una legge in modo che dica cose più o meno diverse da quelle che aveva stabilito il Parlamento. Questo secondo tipo di referendum, venuto in voga nell’ultimo quarto di secolo, è quello su cui dovremo misurarci domani e dopodomani. Attenzione: noi diciamo «il referendum» al singolare, e dovremmo invece dire «i referendum », al plurale. Si interviene infatti sulla legge elettorale – nota al popolo come Porcellum – con tre referendum contemporaneamente. Al seggio ci verranno consegnate tre schede: una viola, una beige e una verde. Se l’elettore si confonde e ha bisogno di spiegazioni può chiedere lumi agli scrutatori che stanno lì apposta per aiutare tutti e far sì che la volontà degli elettori sia rispettata. Però il voto referendario è in realtà molto semplice: si tratta di barrare la casella del «sì» oppure la casella del «no». Siccome nella scheda c’è scritto: «Volete voi che sia abrogato» eccetera eccetera, se si votà «sì», si taglia la legge e vincono i referendari, se si vota «no», il cambiamento è respinto. Ora, relativamente al primo quesito (scheda viola per la Camera e scheda beige per il Senato), è inutile leggersi il testo incomprensibile che elenca le righe da tagliare: basta sapere che riguarda il premio di maggioranza, cioè il fatto che chi prende più voti di tutti ha un regalo in seggi, per cui col 40 per cento dei voti poi, per esempio alla Camera, ti ritrovi col 54 per cento dei deputati. Questo premio oggi è attribuito al partito oppure alla coalizione dei partiti. Se vinceranno i sì, le coalizioni non saranno più possibili e il premio andrà perciò solo al partito più votato. Berlusconi ha già detto che voterà «sì» a questo referendum, avversatissimo dalla Lega, dalla Udc e dai piccoli in genere: se i «sì» vincessero, il Pdl, nel caso risultasse ancora il partito più votato, non avrebbe più da spaccarsi la testa per mettersi d’accordo con gli alleati. Una conseguenza della vittoria del «sì» in questi due referendum è che cade lo sconto di cui i partiti coalizzati godono relativamente alla soglia di sbarramento. Vincendo i «sì» sulle schede viola e beige, si entrerà alla Camera solo col 4 per cento nazionale e al Senato solo con l’8 per cento riscosso in almeno una Regione. Infine il terzo referendum impedisce le candidature multiple, quell’uso in base al quale un politico si presenta in più collegi contemporaneamente, viene eletto da tutte le parti e dopo il voto sceglie a quali collegi rinuncia e chi deve subentrare al suo posto. Questo terzo referendum è quello che raccoglie, almeno nelle chiacchierate della vigilia, il più alto numero di consensi.
• Si può votare un referendum e non votare gli altri?
Sì, e chi deve anche votare per il sindaco o per il presidente della Provincia può farsi segnare assente ai referendum, se vuole, non ritirando le schede.
• Che senso ha un comportamento simile?
C’è la questione del quorum, cioè della percentuale minima di votanti perché le eventuali vittorie dei sì provochino le modifiche desiderate dai referendari. Bisogna che voti almeno la metà dell’elettorato più uno, altrimenti la consultazione non ha valore. Quindi chi non vuole cambiare la legge elettorale ha due strade: o vota «no» o non ritira la scheda, in modo da impedire il raggiungimento del quorum.
• Non è una vigliaccata?
Se è stato fissato un quorum, significa che il non andare al seggio o non ritirare la scheda è perfettamente in regola. Piuttosto, per questa strada si perfezionerà la morte dell’istituto referendario: dal 1997 si sono svolti 21 referendum e hanno fatto cilecca tutti proprio per il quorum non raggiunto. C’è nostalgia per il primo referendum, quello sul divorzio, in cui i «no» e i «sì» si affrontarono ad armi pari e a nessuno venne in mente di invitare all’astensione.
• Orari?
Si vota domani dalle 8 alle 22. Lunedì dalle 7 alle 15. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/6/2009]