La Gazzetta dello Sport, 22 giugno 2009
I morti in Iran non sono dieci e non sono tredici (come dichiarato ieri, in due momenti diversi, dalla televisione di quel Paese), ma forse addirittura 150

I morti in Iran non sono dieci e non sono tredici (come dichiarato ieri, in due momenti diversi, dalla televisione di quel Paese), ma forse addirittura 150. La ragazza che nel video su YouTube s’abbandona alla morte, rovescia gli occhi mentre gli amici gridando la sostengono e poi lascia che il sangue espulso dal corpo le inondi il viso si chiamava Neda. La strada dell’assassinio è Karengh Street, che ora in città tutti chiamano Via Neda. L’uomo che le ha sparato al cuore è un miliziano basij, al momento non identificato. Il video è sotto gli occhi di tutta l’umanità grazie a un videofonino che passando per Twitter ha fatto arrivare la sequenza fino a YouTube. Da sabato sera è cliccato in continuazione da milioni di uomini e donne. Così, il tentativo di Khamenei e di Ahmadinejad di non far sapere al mondo quello che sta succedendo nel Paese è di fatto fallito. Ai giornalisti è stato vietato di uscire dagli alberghi e al corrispondente della Bbc, Jon Leyne, è stato intimato di rientrare a Londra entro 24 ore. in atto un tentativo, forte, di nascondere quello che succede. Il governo iraniano ha convocato ieri sera i 27 ambasciatori dei Paesi che formano la Ue. Dell’incontro non si sa niente, a parte il fatto che ai diplomatici è stato impedito di render nota la posizione dei rispettivi Paesi sui fatti iraniani. I 27 risponderanno stamattina alle intimazioni che hanno ricevuto, ma intanto la Merkel ha detto che le violenze devono cessare, che al popolo deve essere lasciata la libertà di manifestare e che nel frattempo si riconteggino le schede: in certi seggi la percentuale di votanti era del 140%. Ahmadinejad ha risposto che Gran Bretagna e Stati Uniti devono smetterla di interferire negli affari interni iraniani; Ali Larijani, presidente del Parlamento di Teheran, ha aggiunto alla lista dei nemici Francia e Germania annunciando che la commissione del Parlamento per la politica estera rivedrà la posizione dell’Iran nei confronti dei tre Paesi europei (con gli Usa non ci sono rapporti dal 1979). I vertici persiani vogliono accreditare la tesi che quanto sta succedendo da loro è il frutto di manovre dall’estero.
• Potrebbe essere vero?
L’agenzia Irna ha fatto sapere dell’arresto di mujaeddin iracheni, quindi sunniti, infiltrati tra i manifestanti. Una dichiarazione molto sbilanciata contro l’attuale regime è venuta da Tel Aviv: il presidente Shimon Peres s’è augurato la rapida scomparsa del «loro povero governo». Per il resto, l’Iran possiede il 9% delle riserve di petrolio e il 15% di quelle di gas dell’intero pianeta. Ed è essenziale per venire a capo della questione afgana. Che cosa fanno i servizi segreti occidentali – sotto sotto – non lo sa nessuno. Le dichiarazioni dei governi sull’intera faccenda sono state finora molto prudenti per non dare argomenti al regime.
• Le manifestazioni sono finite?
Non si riesce a sapere con certezza. Ieri un video messo in Rete dal blogger Shooresh1917 mostrava un corteo lungo la via Shirazi. Cartelli: «Non abbiate paura, siamo tutti insieme », «Abbasso il dittatore». Altre fonti attestano che si tratta di immagini davvero di ieri.
• Morti? Feriti?
Non ci sarebbero state sparatorie e del resto secondo alcuni blog parecchi militari l’altro giorno si sono rifiutati di tirare sulla gente. Se è vero, è una notizia importante. Lo Scià, trent’anni fa, cadde anche perché le forze armate incrociarono le braccia.
• Arresti?
Molti. Tra questi Faezeh Hashemi, figlia dell’ex presidente e magnate Rafsanjani, ex campionessa di equitazione e nuoto, fondatrice dei Giochi Islamici Femminili che si svolgono a Teheran dal 1993 e alla cui ultima edizione, nel 2005, hanno partecipato 1600 donne di 47 Paesi. Comprese atlete non musulmane. Faezeh sostiene che lo sport, spingendoti a tirar fuori la grinta e nello stesso tempo a socializzare anche con persone che non sono della tua famiglia, è un formidabile catalizzatore dell’emancipazione femminile. Suo padre è il vero grande oppositore del capo supremo dell’Iran, Ali Khamenei. Un’altra donna protagonista di quello che sta succedendo è Zahra Rahnavard.
• Chi è?
La moglie del candidato sconfitto, Mousavi. Si dice che lui penda in realtà dalle labbra di lei. Zahra, durante la campagna elettorale, si è imposta con l’attivismo, le doti oratorie e le capacità analitiche e comunicative proprie di una persona che per otto anni ha guidato l’Università femminile di Teheran e ha fatto parte della squadra di consiglieri politici dell’ex-presidente Khatami, riformista e avversario dell’attuale regime. Probabilmente il 12 giugno molte iraniane hanno votato Mousavi volendo indicare, attraverso di lui, proprio Zahra. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 22/6/2009]