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 2009  giugno 23 Martedì calendario

I tre referendum non hanno rag­giunto il quorum del 50% dei vo­tanti più uno e le amplissime vit­torie dei sì sono risultate inutili

I tre referendum non hanno rag­giunto il quorum del 50% dei vo­tanti più uno e le amplissime vit­torie dei sì sono risultate inutili. Il secondo turno delle ammini­strative ha consegnato al cen­tro- destra la provincia di Vene­zia e al fotofinish anche quella di Milano, con Guido Podestà (can­didato di Berlusconi e della Le­ga) di uno 0,2% sopra il 50, mentre il suo avversario, il presidente uscente Filippo Pena­ti, si è fermato al 49,8%.

Cominciamo dal referendum.
L’astensione ha affossato le pro­poste del comitato Guzzetta-Se­gni. Un’astensione massiccia, la più alta che si sia mai verifica­ta nella storia del referendum, oscillante – facendo la media dei tre quesiti – tra il 76 e il 77% degli elettori. E il bello è che i ballottaggi hanno pure fatto da traino, visto che in certe città dove si votava per il sindaco o per il presidente della provin­cia il quorum è stato raggiungo ampiamente: Firenze, 51,7% di votanti, Padova 54,3%, Bari 55,2, Bologna quasi il 60. cu­rioso che in queste città abbia­no vinto i democratici e contem­poraneamente siano passati i tre sì che, a quorum raggiunto, avrebbero dato una grande for­za elettorale a Silvio Berlusconi e sia pure al prezzo probabile di far cadere il governo.

I democratici erano però favo­revoli al sì.
Come indicazione ufficiale da­ta da Franceschini. Il partito in­vece era fortemente diviso sul da farsi. E in ogni caso anche chi era deciso a votar sì lo face­va nella speranza che la legge elettorale venisse cambiata. La vittoria delle astensioni sembra aver fatto piazza pulita di que­sta eventualità. Bossi, subito do­po il voto, mentre manifestava soddisfazione per la vittoria del­la sua linea, ha anche detto che la legge va benissimo così co­m’è e che non c’è alcun bisogno di modificarla. Invece Maroni ha fatto sapere che proporrà al Parlamento di riformare la re­gola del quorum al 50%. Proba­bilmente si sceglierà di fissarlo a un valore medio pari alla me­tà degli elettori che sono andati a votare le ultime due o tre vol­te.

Passiamo alle amministrative. Il Pd ha l’aria di essersi ripreso dalla batosta di quindici giorni fa.
Fino a un certo punto. Intanto il saldo complessivo delle ammi­nistrative dà ragione al cen­tro- destra, che chiude la partita con molte più città e province di quelle che aveva prima. Il se­condo turno ha ancora tolto al Partito democratico le provin­ce di Venezia e Milano e il co­mune di Prato, rosso da sem­pre. Per Berlusconi e la Lega aver costretto tante ammini­strazioni tradizionalmente ret­te da giunte rosse alla verifica del secondo turno è già stato un successo. Le percentuali, molto confortanti per il Pd, di Bolo­gna e Firenze, dove Delbono e Renzi hanno vinto al secondo turno col 60%, non devono in­gannare. L’inquietudine serpeg­gia anche in queste due rocca­forti e la vicenda del nuovo sin­daco di Firenze, Matteo Renzi, lo dimostra. I vertici del partito avrebbero voluto un altro can­didato e un altro primo cittadi­no, e Renzi, un cattolico molto dinamico, ha rovesciato le deci­sioni romane lottando per dav­vero nelle primarie ed è perciò diventato sindaco, in un certo senso, anche contro la volontà dei suoi.

Non ci sono elementi di confor­to per il centro-sinistra? In fon­do si sono ripresi città impor­tanti, come Firenze, Bologna, Bari, Padova, Torino.
Il dato più confortante viene forse da una città dove i demo­cratici hanno perso, cioè Mila­no. Al primo turno il candidato del centro-destra, Podestà, ave­va ottenuto il 48,8% dei voti. Al secondo turno il guadagno è stato inferiore ai due punti per­centuali, il minimo per vincere, mentre Penati, partito da un 38,7, ha recuperato più di undi­ci punti. un fenomeno che si è verificato anche a Venezia. A Venezia la Zaccariotto partiva dal 48,3 del primo giro e al se­condo è stata capace di arrivare appena al 51,8. Anche qui bel re­cupero del suo avversario, il presidente uscente Davide Zog­gia, passato dal 41,8 al 48,2.

Colpa dello scandalo delle ra­gazze di Bari?
Forse. Il sindaco di Bari, Emilia­no, che ha vinto largamente il suo secondo turno, dice che quell’inchiesta è poca cosa e che lui e la città si occupano di altro. Ma le prime dichiarazio­ni di ieri sera dell’Italia dei Valo­ri puntano il dito, invece, pro­prio sui «vizi privati» del pre­mier e collegano certi recuperi alla perdita di consensi del Pdl alle Europee rispetto alle Politi­che. Starebbe montando, cioè, una certa stanchezza per il Ca­valiere. C’è però un’altra inter­pretazione possibile: la campa­gna forsennata per l’astensione al referendum portata avanti dalla Lega potrebbe aver finito per penalizzare il Pdl in casa sua, cioè nelle due grandi città del Nord, Milano e Venezia. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 23/6/2009]