La Gazzetta dello Sport, 1 agosto 2009
Il tasso d’inflazione a luglio è stato pari a zero…• Una buona notizia?Non necessariamente.• Avevo capito che è bene che l’inflazione scenda

Il tasso d’inflazione a luglio è stato pari a zero…
• Una buona notizia?
Non necessariamente.
• Avevo capito che è bene che l’inflazione scenda. Avevo capito che se l’inflazione sale sono guai. Avevo capito che i banchieri europei stanno lì dalla mattina alla sera a combattere l’inflazione.
Tutto vero, ma fino a un certo punto. Come abbiamo già detto altre volte – ma forse, a questo punto, troppo tempo fa – la parola inflazione significa gonfiamento e si riferisce di solito a due cose contemporaneamente: il gonfiamento della massa di denaro (banconote e monete) circolante. E il gonfiamento, cioè l’aumento, dei prezzi. Di solito, se aumenta la massa di denaro circolante, aumentano dopo poco tempo anche i prezzi e in genere non si sta troppo tempo a distinguere tra i due fenomeni. Ma in questo momento storico la distinzione va fatta: la Banca centrale europea ha messo in circolazione, sotto varie forme, una quantità impressionante di denaro per sostenere la crisi delle banche. E dunque, se fossimo in tempi normali, i prezzi sarebbero dovuti schizzare alle stelle da un pezzo e i tassi d’interesse pure. Invece, caso che nella storia si verifica assai di rado, il circolante abbonda, ma i prezzi stanno fermi o addirittura, come è accaduto nel resto d’Europa, arretrano.
• Perché?
Perché a determinare veramente l’aumento dei prezzi non è in realtà la massa di banconote circolanti, ma la corsa a comprare tipica della gente con il portafoglio gonfio. In altri termini, la domanda: se fossimo in tempi normali e le raddoppiassero lo stipendio lei correrebbe a farsi la macchina nuova o magari a prenotare una vacanza ai Caraibi. Se però gli stipendi venissero raddoppiati a tutti, tutti farebbero lo stesso, in poco tempo le automobili o le vacanze ai Caraibi andrebbero esaurite e dopo un po’ le macchine e le vacanze riapparirebbero sul mercato, ma a prezzi raddoppiati!
• C’è un piccolo punto: la massa di denaro circolante sarà pure aumentata, ma gli stipendi sono sempre quelli…
Perché tutto il denaro messo in circolazione è rimasto fermo nelle banche, che se lo tengono stretto aspettando tempi migliori, prestandolo il meno possibile e pregando il loro santo protettore di far venire alla luce il più tardi possibile i buchi che si nascondono nei vari bilanci nostri e soprattutto degli istituti tedeschi e americani. Inoltre le famiglie sanno che c’è la crisi e, anche se non sono state colpite direttamente, si guardano bene dallo spendere. Prima di tutto per semplice prudenza, ma anche perché l’aspettativa è che i prezzi calino ancora. E se i prezzi sono destinati a calare, perché comprare oggi quando si può comprare meglio domani?
• E’ vero che in Europa l’inflazione è addirittura scesa?
Sì. Da noi, luglio su giugno, la variazione media dei prezzi, per come risulta all’Istat, è stata pari a zero, con aumenti forti nei settori di alcol, tabacchi e istruzione. Controbilanciata da cadute nei trasporti (-4,5%) e nei prezzi relativi ad abitazioni, acqua, elettricità e combustibili (-2,3%). In Italia, l’inflazione non era così bassa dal settembre 1959, quando andò sotto zero: -1,1%. Era, le faccio notare, cinquant’anni fa e consoliamoci pensando che mancava poco al cosiddetto boom. In Europa invece l’inflazione è negativa per il secondo mese consecutivo. In giugno i prezzi erano mediamente andati giù dello 0,1%, in luglio sono scesi dello 0,6%. Non è un bel segnale e infatti lo accompagna un altro indicatore negativo, quello relativo alla disoccupazione: nei 16 Paesi dove circola l’euro siamo al 9,4% contro il 7,5% dell’anno scorso. Un tasso che non si registrava dal 1999. Significa 3.170.000 persone senza lavoro. Se prendiamo tutti i 27 paesi dell’Unione europea, i disoccupati diventano più di 5 milioni, tasso dell’8.9 contro il 6,9% dell’anno scorso. Per l’Italia sarebbe interessante conoscere la distribuzione dei prezzi sull’intera penisola. L’altro giorno l’Istat ha reso note le percentuali e i numeri della povertà relativa (famiglie di due persone che devono vivere con meno di 999 euro al mese) e quelli della povertà assoluta (famiglie che non riescono a raggiungere uno standard di vita accettabile). I «poveri relativi » nel 2008 erano l’11,3%, i «poveri assoluti» quasi il 5. In cifre: 8 milioni, e poco meno di 3 milioni di individui. Sono numeri sostanzialmente identici a quelli del 2007. Ma con questa differenza molto importante: lo squilibrio tra poveri – relativi e assoluti – tra Nord, Centro e Sud è ancora più grave di prima. Al Sud, il numero di poveri è cinque volte superiore a quello che si registra nel resto del Paese. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/8/2009]