La Gazzetta dello Sport, 5 agosto 2009
Il Fatto del Giorno e il problema che c’è sempre meno petrolio

La notizia di oggi sarebbe che la benzina verde sta di nuovo aumentando, l’Agip ha deciso di farla pagare 1,34 al litro (+3 centesimi) e di vendere il gasolio a 1,162 (+2,5 centesimi). L’Unione petrolifera, in un comunicato, ha esaltato la correttezza dei petrolieri; le associazioni dei consumatori, in comunicati di segno diametralmente opposto, vogliono invece portarli se non in tribunale almeno davanti al ministro competente perché spieghino come mai, quando il petrolio va giù, il prezzo della benzina ci mette una vita ad adeguarsi e quando invece va su scatta come un centometrista. Le agenzie ieri hanno diffuso tabelle con i prezzi consigliati, da cui, relativamente alla verde, la meno cara risulta la Erg (1,309) e la più cara proprio l’Agip (1,341). In mezzo: Esso, Q8 e Total a 1,319; Tamoil a 1,322; Shell a 1,329.
• Perché la notizia di oggi «sarebbe» questa? Non «è» questa?
Sono aggiustamenti scontati. Sappiamo tutti che il prezzo del petrolio tenderà a stabilizzarsi, per quanto possibile, tra i 60 e gli 80 dollari al barile. Sappiamo anche che i contratti futures quotano un prezzo superiore a quello odierno. Questo provoca quello che in gergo si chiama effetto «contango»: si tende a non vendere finché i petrolieri non potranno guadagnare abbastanza. Al largo di Rotterdam galleggiano petroliere che hanno l’ordine di non attraccare: bisogna che prima il prezzo del greggio salga. Hanno in pancia abbastanza petrolio per rifornire tutti e 27 i Paesi della Ue. Ma per ora se lo tengono stretto. La notizia relativa alla benzina verde nostrana è un effetto di queste mosse sui mercati globali, malamente taciute dall’Unione dei petrolieri. Nonostante tutto, penso però – lei ha ragione – che la notizia di oggi non sia questa. Sono molto più colpito dall’intervista rilasciata al quotidiano inglese Independent da Fatih Birol: annuncia la fine del petrolio entro dieci anni.
• Non è mica il primo a tirare fuori questa storia. Ormai, da molto tempo, la senti dire da questo o da quello e subito dopo smentire.
Sì, però Fatih Birol è il direttore economico della International Agency di Parigi, in sigla Iea, tempio della politica energetica occidentale. Francesca Paci, che è andata a chiedere lumi a Jeremy Jagget, ex consulente petrolifero e fondatore della Solarcentury , multinazionale dell’energia solare, s’è sentita rispondere: «I governi farebbero bene ad ascoltare l’Iea: è come se la Banca Mondiale avesse annunciato la crisi finanziaria».
• Che cosa dice esattamente Birol?
C’è la faccenda del picco di Hubbert: se tutto il petrolio disponibile è uguale a 100, entreremo in crisi quando ne avremo consumato 50, cioè la metà. Cinquanta è il «picco di Hubbert ». Hubbert era un geologo che predisse con esattezza il picco petrolifero americano. Lo collocò nel 1970 e dal 1971 gli Stati Uniti estraggono dai loro giacimenti una quantità di greggio ogni anno inferiore a quella dell’anno precedente. Birol ha detto adesso all’ Independent che molti degli 800 siti da cui estraiamo petrolio hanno superato il loro massimo e che oggi per ogni barile raffinato se ne consumano quattro. Il potere dei Paesi produttori di petrolio nell’immediato, e cioè a partire più o meno dal prossimo anno, aumenterà enormemente.
• Non potrebbe esserci da qualche parte del petrolio che non è ancora stato trovato?
Potrebbero esserci giacimenti non sfruttati. Jerry Taylor, membro dell’Associazione internazionale dell’economia per l’energia, dice che il 35% del petrolio sta in giacimenti conosciuti e operativi e il 65% in riserve non sfruttate. «Se le innovazioni tecnologiche combinate con la convenienza economica portassero dal 35% al 40% la percentuale di greggio lavorabile sarebbe come aggiungere due Arabie Saudite al lotto dei produttori», ha detto ieri alla Stampa . E ha aggiunto due cose: che le variazioni di prezzo agiranno comunque da regolatore sulle quantità di petrolio che ci sarà concesso consumare. E che c’è il gas naturale, a cui si fa ricorso con sempre maggior frequenza.
• Già, il gas. Non ci sono già adesso automobili che vanno a gas?
Se è per questo ci sono anche treni che esplodono passando dalle parti di Viareggio. Il gas va compresso in bombole e può essere adoperato per le automobili: le bombole in questo caso sono abbastanza piccole. Ma che dire delle bombole che dovrebbero muovere le navi o far volare gli aerei? Che dimensioni dovrebbero avere? No, amico mio, purtroppo il gas non è la soluzione totale del problema. E poi anche il gas, che è solo petrolio in una fase successiva, è destinato prima o poi a esaurirsi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 5/8/2009]