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 2009  agosto 13 Giovedì calendario

Ci sono nuovi dati del Censis su badanti e collaboratrici dome­stiche: sarebbero un milione e mezzo di persone, quasi due ter­zi delle quali straniere

Ci sono nuovi dati del Censis su badanti e collaboratrici dome­stiche: sarebbero un milione e mezzo di persone, quasi due ter­zi delle quali straniere. Stanno a servizio in due milioni e mez­zo di famiglie, cioè una fami­glia italiana su dieci ha la dome­stica o la badante, fissa o a ore.

E’ un segno di ricchezza?
Forse. anche un segno del­l’invecchiamento progressivo degli italiani. Il Censis fa vede­re che nel 2001 il personale do­mestico superava di poco il mi­lione di persone (per la preci­sione: 1.083.000). Nel 2008 siamo a 1.485.000. Più 37 per cento. Nel 2001 non eravamo meno ricchi di adesso, anzi. Ma avevamo bisogno di meno assistenza per gli anziani. Così le famiglie hanno spostato par­te del loro reddito per risolve­re questo problema. Una ba­dante o una collaboratrice do­mestica fissa prende in media 930 euro al mese e lavora 35 ore. In totali gli italiani tirano fuori ogni anno undici miliar­di. All’estero, ci sono più assi­stenti sociali che da noi e più ospizi per vecchi a carico dello Stato o di enti pubblici. Tutta­via, la badante è forse la solu­zione meno disumana. Il mas­simo, dal punto di vista socia­le, sarebbe che le famiglie avessero lo spazio e la pazien­za di tenere con sé l’anziano, magari con l’aiuto di qualcu­no. Se fossimo uno Stato ricco e senza debiti potremmo dire: che il ministro del Welfare si faccia carico di questo proble­ma e lasci nelle tasche degli ita­liani gli undici miliardi. Gli ita­liani li spenderanno e questo aiuterà la domanda e la ripre­sa. quello che tenta di fare Obama in America con la rifor­ma sanitaria: se sarà lo Stato a fornire l’assistenza, 45 milioni di cittadini avranno a disposi­zione quote di reddito da spen­dere. Purtroppo, col nostro de­bito pubblico da mille e sette­cento miliardi, non ci possia­mo permettere di fare questi ragionamenti. Ho il dubbio for­te che non se li possa permette­re nemmeno Obama.

Quante di queste badanti so­no clandestine?
Mezzo milione, secondo dati che vengono dagli istituti più diversi e che dunque devono essere veri. Avrà letto nei gior­ni scorsi la valutazione di un milione di clandestini presenti sul nostro territorio. Beh, quel numero è un calcolo della Cari­tas basato proprio sul mezzo milione di badanti che tra il 1˚ e il 30 settembre chiederanno di essere regolarizzate. La Ca­ritas per esperienza sa che per ogni irregolare che emerge ce n’è un altro che resta nascosto. Se le badanti destinate a emer­gere sono mezzo milione, il to­tale dei clandestini oggi 13 ago­sto 2009 deve quindi essere di un milione.

Esistono ancora le domesti­che pure e semplici?
Esistono, anche se tante volte la figura della badante, che tie­ne compagnia o si prende cura dell’anziano, e la figura della domestica, che lava stira e puli­sce la casa, si confondono. In­tanto: il 35,6% delle badanti straniere vive in casa e si occu­pa di tutto. Di tutte le badanti, l’82,9% è dedita alle pulizie, il 54,3% cucina, il 49,5% si occu­pa dei vecchi, il 42,7% fa la spe­sa (una percentuale che mi pa­re sorprendente e che denota una grande fiducia da parte delle famiglie). Una volta su tre l’assistenza all’anziano è decisiva perché si tratta di una persona non autosufficiente. Poiché la popolazione italiana sarà sempre più vecchia nei prossimi vent’anni, queste per­centuali sono destinate a cre­scere.

E le italiane? vero che non vanno più a servizio?
Intanto, dice il Censis, più di un terzo delle badanti stranie­re può pensare a un progetto di vita in Italia in quanto si trat­ta di cittadine di un Paese membro dell’Unione europea, donne che hanno preso la citta­dinanza italiana o hanno otte­nuto la carta di soggiorno. So­no, per dir così, delle quasi-ita­liane. A queste si devono ag­giungere un cento-centocin­quantamila italiane-italiane. Qui siamo però nel campo dei lavori domestici. Quasi nessu­na italiana vuol fare la badan­te. Quasi nessuna vive in casa col datore di lavoro. E spesso non vogliono essere segnate. Ai computer dell’Inps ne risul­tano appena 74 mila. Sono donne che molto spesso per lo­ro scelta lavorano in nero.

Per evitare le tasse?
No, perché si vergognano di andare a servizio. Non voglio­no che si sappia in giro. Pina Brustolin, responsabile nazio­nale delle Acli Colf, dice: «So­no donne che chiedono di fare servizi ad ore per arrotondare il reddito familiare magari messo in crisi da un licenzia­mento o dalla cassa integrazio­ne. Magari sono studentesse che si vogliono pagare gli stu­di o donne che hanno perso il posto che avevano in fabbrica o dal parrucchiere e così prefe­riscono farsi pagare in nero (dai sei ai nove euro l’ora) per­ché considerano questo lavo­ro una tappa, un impegno tem­poraneo che finirà presto». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/8/2009]