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 2009  agosto 29 Sabato calendario

La morte a Mazzarino, in provin­cia di Caltanissetta, del giovane Filippo Li Gambi, 23 anni, cadu­to dalla moto e portato nel locale ospedale Santo Stefano la cui sa­la operatoria era invece chiusa, è diventato un caso nazionale

La morte a Mazzarino, in provin­cia di Caltanissetta, del giovane Filippo Li Gambi, 23 anni, cadu­to dalla moto e portato nel locale ospedale Santo Stefano la cui sa­la operatoria era invece chiusa, è diventato un caso nazionale. Il padre del giovane s’è incatenato al cancello dell’ospedale, i nego­zi sono rimasti chiusi ieri e l’al­tro ieri, un vertice nella prefettu­ra di Caltanissetta è stato accom­pagnato dalle grida di «Buffoni! Buffoni!» scandite da gruppi di cittadini radunati sotto le fine­stre, blocchi stradali hanno im­pedito il traffico sulla statale 626 (Caltanissetta-Gela) e sulla bretella di Caltanissetta che col­lega la città alla Palermo-Cata­nia. Il ministro Sacconi ha poi chiesto una relazione alla Regio­ne Sicilia, la Procura della Re­pubblica del tribunale di Gela ha aperto un’inchiesta (si ipotizza l’omicidio colposo), l’assessore regionale alla Sanità ha dispo­sto due ispezioni: una al Santo Stefano e un’altra all’ospedale di Caltanissetta dove Li Gambi è morto subito dopo il ricovero (la caduta dalla moto gli aveva tran­ciato venti centimetri di arteria tibiale). Il sindaco di Mazzari­no, Vincenzo D’Asaro, ha scritto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Il mio po­polo non chiede favori politici, chiede che sia garantito il diritto alla salute dei cittadini». Alla fi­ne, nel tentativo di placare l’ira popolare, il prefetto ha deciso di tenere aperto l’ospedale di Maz­zarino, che avrebbe dovuto cessa­re ogni attività il 31 agosto, fino al 31 dicembre. I contestatori, dalla piazza, sono però rimasti ugualmente insoddisfatti.

Come mai l’ospedale di Mazzari­no era chiuso?
Alle cose che sono state elenca­te all’inizio bisogna aggiungere la dichiarazione dell’assessore regionale alla Sanità, Massimo Russo, rilasciata l’altro ieri: «So­no molto amareggiato. La mor­te di un giovane in seguito a un incidente stradale non può esse­re utilizzata per indegne stru­mentalizzazioni ».

Sono le solite dichiarazioni dei politici che tentano di allontana­re da se stessi ogni responsabi­lità.
Stavolta no. Russo è un ex pub­blico ministero che il presiden­te Lombardo ha nominato da poco assessore regionale alla Sanità. Ha il compito di ridurre l’enorme spesa sanitaria del­l’isola, 8 miliardi e mezzo l’an­no, 1764 euro a siciliano, com­prendendo anche i neonati. Questa enorme quantità di de­naro è stata mossa dalla corru­zione e dal clientelismo, cioè dalla politica delle assunzioni perseguita per assicurarsi voti. Per assumere si creano il mag­gior numero possibile di struttu­re, non importa se utili o no. Co­sì in Sicilia ci sono 64 ospedali pubblici. Sei stanno nella pro­vincia di Caltanissetta: uno nel capoluogo e gli altri 5 a Gela, Mussomeli, Niscemi, San Catal­do e, appunto, Mazzarino. Maz­zarino ha 32 posti letto in chi­rurgia, ostetricia e medicina, più 10 di day hospital. Dipen­denti al 31 dicembre 2008: 110. Ricoveri nel corso del 2008: 1515, cioè tre al giorno. E questi tre sono, 90 volte su cento, ordi­naria amministrazione. Quindi non ha senso che esista un ospe­dale a Mazzarino. E infatti Rus­so ne ha disposto la trasforma­zione in presidio sanitario, de­stinato ad affrontare le urgen­ze più semplici. Questo nel qua­dro di una razionalizzazione di tutta la rete ospedaliera, che do­vrebbe tagliare 2700 posti letto e alla fine comprendere 25 ospe­dali e una rete di centri d’inter­vento minori distribuiti sul ter­ritorio. Cioè: Mazzarino era chiuso perché era giusto che fosse chiuso.

Se il piano di riordino di cui lei parla si fosse già realizzato, Li Gambi sarebbe vivo?
Antonio Tirò, primario di chi­rurgia di Mazzarino, ha detto che per salvare Li Gambi avreb­be avuto bisogno di un chirur­go vascolare, di un ortopedico e di un rianimatore. Cioè dei servizi offerti da una struttura d’eccellenza. L’idea, già realiz­zata per esempio in Toscana do­ve all’inizio degli anni Novanta si dimezzarono i presidi, è quel­la di avere pochi ospedali di grande livello, ben distribuiti e una rete di soccorso veloce, an­che tramite elicotteri.

Quindi la salvezza di Li Gambi sarebbe dipesa dal 118. In Sici­lia non c’è adesso il 118?
Sì, c’è ed è uno dei servizi che il piano di Russo vuole sistemare. Un rapporto di due anni fa del­la Joint Commission certificava che il 118 siciliano costava 230 milioni di euro l’anno. In Pie­monte ne spendevano, per otte­nere un servizio migliore, 90.

Vedo che Sacconi vuole indaga­re anche in Calabria per via de­gli altri pazienti morti in questi giorni negli ospedali di quella Regione.
La Calabria ha debiti pregressi, nella sola Sanità, per un miliar­do e 750 milioni. Questo in cam­bio di un servizio ospedaliero di rara inefficienza e che è co­stato negli ultimi mesi troppi morti da incuria. Il governatore deve presentare un piano di rientro credibile entro il 13 set­tembre. Altrimenti la sanità re­gionale sarà commissariata. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 29/8/2009]