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 2009  settembre 10 Giovedì calendario

È in corso a Roma la Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne, promossa dal ministero degli Esteri e appoggia­ta da quello delle Pari Opportu­nità di Mara Carfagna

È in corso a Roma la Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne, promossa dal ministero degli Esteri e appoggia­ta da quello delle Pari Opportu­nità di Mara Carfagna. Il mini­stro Carfagna è quello che ha vo­luto, tra l’altro, l’inserimento, al­l’interno del decreto sicurezza approvato a febbraio, del reato di stalking, con le misure di am­monimento e allontanamento dalla vittima per lo stalker e con l’arresto obbligatorio in flagran­za per la violenza sessuale oltre a pene più aspre per violenza ses­suale, atti sessuali con minoren­ni, violenza sessuale di gruppo.

Quella legge ha sortito qualche risultato concreto?
È presto per avere i dati. Parlia­mo oggi di questo per via della Conferenza cominciata ieri e che riguarda i modi infiniti con cui si fa violenza alle donne. Le racconterò qualche caso signifi­cativo e a suo modo sorpren­dente. Ma, prima, ci tengo a ci­tare il messaggio che Napolita­no ha rivolto ai politici e agli studiosi riuniti alla Farnesina.

Che cosa ha detto?
Ha parlato di «fatti raccapric­cianti» e prima ha fatto un di­scorso politico: «La lotta contro ogni sopruso ai danni delle don­ne, contro la xenofobia, contro l’omofobia fa tutt’uno con la causa del rifiuto dell’intolleran­za e della violenza, in larga mi­sura oggi alimentata dall’igno­ranza, dalla perdita dei valori ideali e morali, da un allontana­mento spesso inconsapevole dei principi su cui la nostra Co­stituzione ha fondato la convi­venza della nazione democrati­ca». L’accenno alla Costituzio­ne ha permesso al Presidente un excursus giuridico che è quello che mi interessa per rac­contarle il primo caso: «Vivia­mo nell’età dei diritti, intenden­do la complessità di questa espressione: diritti proclamati, diritti affermati o in via di affer­mazione, diritti da conquista­re, diritti da rendere universali. Il riconoscimento dei diritti umani è la condizione di convi­venza civile, libera e democrati­ca. In qualsiasi contesto il pie­no riconoscimento, la concreta affermazione dei diritti umani costituisce una innegabile pie­tra di paragone della condizio­ne effettiva delle popolazioni e delle persone del grado di avan­zamento materiale e spirituale di un Paese». Capito?

Qual è la prima storia?
Si ricorda il caso Reggiani, la povera signora ammazzata dal romeno in una strada buia del quartiere Flaminio a Roma? Beh, all’assassino furono con­cesse le attenuanti con questa motivazione della Corte d’Assi­se di Roma: «La Corte, pur valu­tando la scelleratezza e l’odiosi­tà del fatto, commesso in dan­no di una donna inerme, e da un certo momento in poi esani­me, con violenza inaudita, non può non rilevare che sia l’omici­dio, che la violenza sessuale, li­mitata alla parziale spoliazione della vittima e ai connessi tocca­menti, sono scaturiti del tutto occasionalmente dalla combi­nazione di due fattori contin­genti: lo stato di completa ubriachezza e di ira per un vio­lento recente litigio sostenuto dall’imputato, e la fiera resi­stenza della vittima. In assenza degli stessi l’episodio crimino­so con tutta probabilità avreb­be avuto conseguenze assai me­no gravi». Cioè: la donna non doveva resistere al suo aggres­sore che ha quindi trovato in questo una giustificazione alla sua ferocia; essere ubriachi du­rante il fatto deve indurre alla comprensione. A che serve fare conferenze e leggi se i giudici ragionano così? Ma le illustre­rò i fondamenti di certa menta­lità maschile raccontandole le risposte che diede a quelli che lo interrogavano Roberto Spac­cino, condannato per aver am­mazzato la moglie. Siamo a Marsciano, in Umbria due anni fa. Si sapeva che Spaccino ave­va sempre menato la moglie. Sentendoselo rinfacciare, l’as­sassino (che s’è sempre procla­mato innocente) ha fatto que­sto ragionamento, che sta a ver­bale: «Mia moglie non l’ho mai picchiata, al massimo smanate e schiaffettoni che non lasciano il segno, la violenza vera è quel­la che ti manda all’ospedale e Barbara non è mai finita al pronto soccorso». Segue una di­stinzione tra litigio e botte: «Il litigio sono schiaffetti, schiaffet­toni, sventoloni, smanate. Que­ste non sono botte. Botte sono i boccaloni col rovescio della ma­no ».

Mi sta dicendo che ci sono ma­schi per i quali picchiare la mo­glie è normale?
Sì. È un segno della condizione infelice di tutti e due: delle don­ne, costrette dalla natura a fre­quentare gli uomini. E degli uo­mini che cercano di vincere la propria fragilità, la propria cre­tineria picchiando le donne. In­crocio questo dato con la stati­stica universale relativa ai suici­di: si tolgono la vita molti più maschi che femmine (mentre tra chi ci prova ma resta vivo so­no di più le femmine).

È vero che i delitti in famiglia so­no più numerosi di quelli tra ma­lavitosi?
Sì. E sette volte su dieci le don­ne sono uccise dai loro mariti o dai loro partner. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/9/2009]