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 2009  settembre 11 Venerdì calendario

Ecco dati economici apparente­mente contradditori o difficili da spiegare: i Bot rendono me­no di zero, cioè al momento del rimborso si incasserà una cifra nominale di un pelo più bassa di quella sborsata al momento dell’acquisto; gli italiani rispar­miano sul mangiare e rispar­miano meno sulle spese per gli articoli elettronici; però le cose da mangiare che costano, me­diamente, il 30 per cento in più delle altre si vendono più di pri­ma; subito dopo il risparmio – in questo momento al primo po­sto nei pensieri finanziari degli italiani – ci sono in questo mo­mento le vacanze

Ecco dati economici apparente­mente contradditori o difficili da spiegare: i Bot rendono me­no di zero, cioè al momento del rimborso si incasserà una cifra nominale di un pelo più bassa di quella sborsata al momento dell’acquisto; gli italiani rispar­miano sul mangiare e rispar­miano meno sulle spese per gli articoli elettronici; però le cose da mangiare che costano, me­diamente, il 30 per cento in più delle altre si vendono più di pri­ma; subito dopo il risparmio – in questo momento al primo po­sto nei pensieri finanziari degli italiani – ci sono in questo mo­mento le vacanze.

Che guazzabuglio. E da queste indicazioni che cosa si evince: la crisi è alle spalle oppure no?
Cerchiamo di capire quello che significano questi dati. Le grandi dichiarazioni sulla ”crisi alle spalle” sono fatte da uomini e donne con responsa­bilità pubbliche che lottano perché non si diffondano nel Paese paura e depressione, le avanguardie di difficoltà eco­nomiche ancora più pesanti. Uno dei modi sicuri di aggrava­re la situazione è diffondere ancora di più l’idea che la situa­zione sia grave.

Cominciamo dai bot? Che co­sa me ne importa di comprare cento euro di bot se so già che dopo tre mesi me ne restitui­ranno, poniamo, per un valore di 99?
Precisiamo intanto che il rendi­mento netto dei bot a tre mesi, detratte le spese, è a questo punto del -0,08 per cento. Non un punto, quindi, come la sua imprudente domanda po­trebbe far credere, ma una fra­zione microscopica di punto. Il calo riguarda tutte le pezza­ture, a tre, sei e dodici mesi. Ha ancora un rendimento net­to lievemente sopra lo zero so­lo il bot a un anno, che dà lo 0,35%. Questi rendimenti così bassi sono il risultato di un’asta con una domanda mol­to alta: le banche si sono com­prate tutti e quattro i miliardi di bot a tre mesi disponibili e tutti i sette miliardi e mezzo di buoni a un anno. Anzi, se fosse­ro stati messi in vendita, sareb­bero andati via rispettivamen­te 9,6 e 12,9 miliardi di titoli. Come mai? Perché si valuta che la discesa dei prezzi, cioè la deflazione, nel prossimo tri­mestre si aggirerà intorno all’1 per cento e dunque il bot, che perderà molto meno valore, rappresenta per l’investitore, a queste condizioni, addirittu­ra un guadagno! Sul piano ma­croeconomico, le spiegheran­no che questa situazione favo­risce l’Italia, che dovrà sborsa­re meno soldi per gli interessi sul suo debito. Ma d’altra par­te denuncia pure la tendenza deflattiva in corso, cioè la di­scesa tendenziale dei prezzi. Un fenomeno per niente positi­vo perché deprime la doman­da: chi comprerà qualcosa og­gi sapendo che domani coste­rà di meno? Se la domanda scende, si produce meno mer­ce, se si produce meno merce c’è bisogno di meno lavoro, questo provoca disoccupazio­ne e ulteriore calo della do­manda. Una spirale letale, se non si ferma.

Infatti all’inizio lei diceva qual­cosa sugli acquisti degli italia­ni. Giusto?
Qui ci sono i dati del rapporto Coop Consumi e Distribuzione, presentati ieri a Milano. La contrazione degli acquisti è pa­ri, quest’anno, al 2,6% e sono andati giù anche i tecnologici, cioè il comparto che da noi reg­ge meglio. Coop non prevede una ripresa dei consumi fino al 2011 e anche allora si tratte­rà di poca roba: al massimo i tassi modesti del 2007. Tra i consumi che resistono: le va­canze, la cui rinuncia viene evi­dentemente vissuta come un vero arretramento sociale. I dati mostrano che si taglia piuttosto sul formaggio grana (-10%), sull’olio extravergine di oliva (-4%), sull’acqua non gassata (-3%).

Che significa che si taglia? Non mettiamo più l’olio nell’insala­ta o il parmigiano sulla pasta?
No, adoperiamo olio o formag­gio di qualità peggiore o co­munque che costa meno. I pro­dotti a prezzo più basso sono passati nel primo semestre dal 24,9 al 25,2 per cento del com­parto. Hanno lo stesso trend ascendente i prodotti che co­stano mediamente il 30% in più del prezzo medio di merca­to: i ricchi (10% della popola­zione) non sono toccati dalla crisi e il dato annuncia anzi un aumento della distanza tra la fascia di reddito più alta e quel­la più bassa. Il 25,4% della po­polazione non riesce poi a pa­gare le bollette, l’11,6 è in af­fanno con le spese di casa, il 17,6 soffre per fare la spesa o per pagare il medico.

Qualche buona notizia?
Va bene la cioccolata, consu­mo tipico dei periodi di dispe­razione. Negli Stati Uniti, ol­tre che coi dolci, si consolano dalla crisi anche con la televi­sione via cavo. In questo mo­mento c’è il boom. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 30/9/2009]