La Gazzetta dello Sport, 18 settembre 2009
Ieri a Kabul un uomo di nome Hayatullah, o forse Hedaiatallah, s’è immesso, alla guida di una Toyota bianca, nel traffico che scorre lungo la rotonda Massud, tra l’aeroporto e la città

Ieri a Kabul un uomo di nome Hayatullah, o forse Hedaiatallah, s’è immesso, alla guida di una Toyota bianca, nel traffico che scorre lungo la rotonda Massud, tra l’aeroporto e la città. Profittando del fatto che i controlli in quel punto obbligano tutti a rallentare, s’è infilato con la macchina tra i due blindati Lince che scortavano materiali della Nato. Qui Hayatullah, che il comunicato dei talebani ha poi qualificato come mujahid (guerriero santo), s’è fatto esplodere. La Toyota era stata inzeppata di molto più esplosivo di quello che serve in questi casi, al punto che si pensa che lo shahid abbia sbagliato bersaglio. I due Lince ne sono stati sventrati, sei nostri soldati, tutti parà della Folgore, sono morti, sono morti anche una quindicina di civili afgani e ci sono altri 60 feriti, oltre a quattro nostri militari che non sono comunque in pericolo di vita. Nel comunicato con cui i talebani hanno rivendicato l’azione si sostiene che i morti civili sono stati causati dai militari della Nato che, subito dopo l’esplosione, si sono messi a sparare all’impazzata sulla folla. impossibile dar conto della quantità di dichiarazioni di cordoglio seguite alla tragedia. Il presidente Napolitano, Berlusconi, i capi dei partiti, il Papa e lo stesso presidente Karzai, secondo il quale gli afghani non dimenticheranno mai quello che l’Italia ha fatto per il loro Paese.
• Ho sentito alla televisione che Bossi vuole il ritiro praticamente immediato delle truppe: entro Natale tutti a casa.
Sì. Berlusconi ha replicato con una dichiarazione più prudente, ricordando i nostri impegni internazionali. Una linea che hanno tenuto anche il ministro degli Esteri Frattini e il ministro della Difesa La Russa nel suo discorso al Senato. Napolitano ha detto che dell’eventuale ritiro deve discutere il Parlamento. Il Pd è contrario, ma chiede una conferenza di pace. La Russa ha definito «infami e vigliacchi» gli autori della strage. Una dichiarazione umanamente comprensibile. Però non si deve dimenticare che siamo noi a far la guerra in casa loro, anche se nel caso della nostra missione non si può formalmente adoperare la parola guerra. Saremmo lì in una missione esclusivamente pacifica, tanto è vero che la Procura di Roma ha il dovere di perdere tempo e aprire un’inchiesta per «attentato ai fini terroristici».
• I soldati italiani morti erano molto giovani?
Il più giovane aveva 26 anni. Si chiamava Matteo Mureddu e veniva da Solarussa, un piccolo paese della provincia di Oristano. Il padre, Augusto, alleva pecore. La madre, Greca Mura, sta in casa. Il generale Sandro Santroni, che ha portato la notizia, ha detto che s’è trattato di un colloquio muto. Appena l’hanno visto, i genitori hanno capito. Un’agenzia dice che la madre avrebbe chiesto, retoricamente, a un giornalista: «Perché la chiamano missione di pace?». Il militare più anziano era il sergente maggiore Roberto Valente, napoletano, in forza al 187˚ reggimento. Secondo le agenzie sua moglie ha detto: «Sono orgogliosa di mio marito».
• Non ce n’erano con figli?
Andrea Fortunato, 35 anni, tenente del 186˚, lucano di Lagonegro, ma abitante da molti anni a Badesse vicino Siena, lascia la moglie Gianna e un figlio di 7 anni. Gli hanno mandato una psicologa che lo assista in questi momenti terribili. Massimiliano Randino, caporal maggiore del 183˚, salernitano di Pagani, ma residente a Sesto Fiorentino, era sposato da cinque anni, ma non aveva figli. Gli ultimi due, Davide Ricchiuto, salentino, e Gian Domenico Pistonami, di Viterbo, avevano 26 e 28 anni. Troppo giovani. Fidanzate sì, mogli e figli no. Pistonami aveva spiegato all’ Espresso , all’inizio di agosto, che lui faceva un mestiere molto pericoloso: era l’uomo che stava sulla torretta del Lince, detta ralla, per controllare armi in pugno quello che succedeva intorno. Un mestiere che si chiama mitragliere e che faceva anche il caporalmaggiore Di Lisio, morto anche lui alla fine di luglio.
• La domanda che si fanno tutti è se ha senso questa missione in Afghanistan.
Anche se capisco la domanda, anche se so che questo è il fatto più grave che ci sia capitato dopo Nassiriya, posso dirle però che provo anche fastidio per il fatto che ci si interroghi solo quando ci sono morti italiani. In Afghanistan c’è quasi un attentato al giorno, finora ci hanno lasciato la pelle 1403 uomini e di questi i nostri sono 21.
• Ma i talebani si possono sconfiggere o no?
Ieri il generale Mario Arpino ha detto che i talebani controllano il 97 per cento del territorio e che si sentono vincitori morali delle elezioni. Non hanno tutti i torti. Ora sappiamo che alle elezioni presidenziali di agosto hanno votato il 38,7% degli aventi diritto e che Karzai ha vinto con il 54,6% dei voti, ma anche con un milione e mezzo di schede taroccate, stando a quello che hanno detto gli osservatori mandati dall’Unione europea. Arpino ha detto che l’intervento in Afghanistan ha senso, ma che bisognerebbe avere più soldati. Secondo gli inglesi, dice, anche così ci vorrebbero quarant’anni per uscirne. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 18/9/2009]