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 2009  ottobre 06 Martedì calendario

Tre americani hanno vinto il No­bel per la Medicina: Elizabeth H. Blackburn, Carol W. Greider e Jack W

Tre americani hanno vinto il No­bel per la Medicina: Elizabeth H. Blackburn, Carol W. Greider e Jack W. Szostak. La Greider (nella foto Reuters) è stata al­lieva della Blackburn. inoltre la prima volta che due donne ri­cevono contemporaneamente il premio. Le scienziate che finora hanno avuto il Nobel sono solo 15, e grida ancora vendetta il fat­to che, a suo tempo, la giuria di Stoccolma, insignendo Crick, Watson e Wilkins, si sia dimenti­cata di Rosalind Franklin, la cri­stallografa che intuì la struttu­ra elicoidale del Dna…

Siamo già troppo difficili.
Via, il Dna lo saprà anche lei, no? l’acido che contiene le in­formazioni genetiche, il sof­tware che ci fa essere come sia­mo. La Franklin c’entra poco però con i tre Nobel di ieri, an­che se si tratta di tre genetisti. Blackburn-Greider e Szostak hanno fatto scoperte molto im­portanti sui telomeri, quei cap­pucci che chiudono le due par­ti terminali dei cromosomi. Si dice in genere che i telomeri so­no come quei tubicini che pro­teggono l’estremità dei lacci delle scarpe perché non si con­sumino. Allo stesso modo loro proteggono i cromosomi. Se­nonché, i telomeri si consuma­no, nel senso che a ogni dupli­cazione della cellula perdono un po’ di lunghezza e quando diventano troppo corti la cellu­la muore. Chiaro?

Dunque, la cellula si duplica e… Perché si duplica?
Il nostro corpo è una fabbrica perennemente al lavoro, le cel­lule muoiono di continuo e di continuo vengono sostituite. Possiamo affermare che non ci svegliamo mai al mattino con lo stesso corpo che avevamo la sera prima. In questo processo i telomeri, scoperti alla fine de­gli Anni 30 da Herman Muller (Nobel anche lui), possono an­che essere considerati degli orologi biologici. Accorciando­si con regolarità, infatti, ci dico­no anche a che punto della vita siamo. Ma stia a sentire: nei tu­mori è attivo un enzima, che si chiama telomerasi, e che pre­serva dall’invecchiamento le cellule cancerose. Come le pre­serva? Impedendo ai telomeri di accorciarsi. Le cellule del cancro sono infatti considera­te immortali. Quindi nei telo­meri e nella telomerasi sta an­che il segreto dell’eterna giovi­nezza.

Ci si potrebbe iniettare questa telomerasi e diventare immor­tali?
Non è così semplice e non si tratta di ”iniettarsi”. La Geron, la casa farmaceutica famosa per aver brevettato la pecora Dolly, studia la faccenda da an­ni, avendo come obiettivo quel­lo di trovare il vaccino contro cancro e altre malattie degene­rative. Siamo in un territorio che confina col sacro, abitato dalla vecchia speranza umana di non morire. Qualche anno fa Woodring Wright e Jerry Shay hanno trovato il gene che produce la telomerasi, l’hanno clonato e trapiantato in cellule umane in fase di invecchia­mento. Queste cellule sono riu­scite a dividersi 90 volte, inve­ce delle solite 50. Dunque la te­lomerasi sembrerebbe sul se­rio uno degli elementi-chiave della longevità. Certi studiosi svedesi dell’Università di Umea sospettano che questo enzima ci venga trasmesso dal padre e solo dal padre. Quindi la durata della nostra vita di­penderebbe dal genitore-ma­schio. D’altra parte, altri studi mostrano che l’invecchiamen­to coincide anche col progressi­vo spegnimento dei mitocon­dri – le centrali energetiche del­la cellula – ed è sicuro che i mi­tocondri ce li trasmette solo la mamma.

Ma quanto a lungo potremo vi­vere, alla fine?
Proprio l’altro giorno i quoti­diani hanno dato notizia di una ricerca pubblicata da Lan­cet , secondo cui la maggior par­te dei bambini nati dopo il 2000 raggiungerà i cent’anni e tre bambini su quattro arrive­ranno a 75. Vi saranno quattro età della vita, invece delle tre che conosciamo. La quarta età, quella della vecchiaia vera e propria, comincerà a 85 anni. Fino ad allora i nostri discen­denti camperanno bene. Il pro­blema sarà di assistere questi ultra-ottantenni.

Speranza di restar sempre gio­vani? O di non morire mai?
Studi dell’Università del Wisconsin sostengono che i 400 anni di vita sono a portata di mano. Aubrey de Grey, un biochimico inglese con un gran barbone i cui discorsi si possono ascoltare anche su YouTube, lavora all’idea che si possano riparare periodica­mente i danni del deteriora­mento cellulare. Nella sua te­sta ci sono vite umane in cui si diventa vecchi, poi si ritorna giovani per una trentina d’an­ni, quindi s’invecchia e s’inter­viene di nuovo per un altro pe­riodo di giovinezza, e così via. In questo modo, secondo lui, si potrebbe campare mille o addi­rittura cinquemila anni. E giu­ra che dal 2050 sarà possibile. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 6/10/2009]