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 2009  ottobre 10 Sabato calendario

Obama ha vinto il premio Nobel per la Pace e, a quanto pare, non se lo aspettava. Robert Gib­bs, portavoce della Casa Bian­ca, è stato svegliato nel cuore della notte dalla Cbs e, sentendo quello che avevano deciso a Oslo (il Nobel è svedese, ma quel­lo per la Pace norvegese), ha esclamato: «Wow!» Poi ha tele­fonato al presidente

Obama ha vinto il premio Nobel per la Pace e, a quanto pare, non se lo aspettava. Robert Gib­bs, portavoce della Casa Bian­ca, è stato svegliato nel cuore della notte dalla Cbs e, sentendo quello che avevano deciso a Oslo (il Nobel è svedese, ma quel­lo per la Pace norvegese), ha esclamato: «Wow!» Poi ha tele­fonato al presidente. Barack è stato all’altezza della situazio­ne: «Beh, non è proprio il modo in cui pensavo di svegliarmi og­gi. Dopo aver avuto la notizia, Malia è entrata e ha detto: pa­pà, hai vinto il Nobel per la Pace ed è il compleanno di Bo (il ca­ne). E poi Sasha ha aggiunto: e sta arrivando un weekend lun­go. bene avere bambini che mantengano le cose entro una certa prospettiva. Comunque, non sono sicuro di meritare di essere in compagnia di tante donne e tanti uomini che hanno ispirato me e il mondo con la lo­ra coraggiosa ricerca della pa­ce. So però che il premio riflette il tipo di mondo che quelle don­ne e quegli uomini volevano co­struire. E so anche che nella sua storia il Nobel per la Pace non è stato assegnato solo per premia­re risultati specifici. anche sta­to usato per enfatizzare una se­rie di cause. Per questo accetto il premio come un incitamento ad agire, un incitamento alle nazio­ni affinché affrontino le sfide co­muni del Ventunesimo secolo».

Forse è vero che è troppo pre­sto.
Così dice una parte dei repub­blicani, secondo i quali il No­bel rivelerà con maggiore chia­rezza gli errori del Presidente. Un punto è sicuro: il premio in­tralcia l’idea di Obama di au­mentare il contingente in Af­ghanistan. Come può l’uomo della pace mandare più soldati laggiù? Sembrerebbe un argo­mento forte, ma credo che Ba­rack non se ne farà condiziona­re più di tanto. Il rafforzamen­to del contigente – già incre­mentato di 21 mila unità – si giustifica con la volontà di aiu­tare quel Paese a far da solo, costruendogli l’esercito, la poli­zia, le istituzioni eccetera.

Ma insomma, che cosa avreb­be fatto in così poco tempo per meritare un riconoscimen­to tanto importante?
Il presidente del comitato nor­vegese, Thorbjoern Jagland, ha spiegato ai giornalisti che, per statuto, il premio va asse­gnato a chi ha fatto il massimo per la pace nell’anno preceden­te. I componenti della giuria sa­rebbero stati colpiti «dalla vi­sione e dagli sforzi di Obama per un mondo senza armi nu­cleari » e dal fatto che in poco tempo ha dato una speranza al mondo. Lo hanno scelto al­l’unanimità. Il premio gli sarà dato a Oslo, il 10 dicembre. Si tratta di 950 mila euro che Oba­ma ha già annunciato di voler dare in beneficenza.

Quindi si è premiata la «visio­ne » o «il pensiero»? Cioè, nien­te di concreto.
Beh, è vero che il riconoscimen­to è curiosamente tempestivo. Pensi che Jimmy Carter, che è stato presidente degli Usa tra il 1976 e il 1980, ha poi avuto il Nobel per la Pace nel 2002! Pe­rò non si può negare che Oba­ma, certi passi importanti li ha fatti. Metto al primo posto la decisione di rinunciare allo scudo, quel sistema di difesa che Bush avrebbe voluto co­struire in Cechia e in Polonia, ufficialmente destinato a con­tenere gli attacchi iraniani, ma che intanto aveva l’effetto sicu­ro di far arrabbiare i russi. Met­to al secondo posto il discorso del Cairo. Dopo aver pronun­ciato parole assai concilianti davanti al Parlamento di Anka­ra, Obama andò all’università Al-Azhar. In un’ora di discorso spiegò che l’America non può essere nemica dell’Islam, per­ché è essa stessa una nazione islamica, una nazione cioè in cui milioni di musulmani, dive­nuti americani, hanno combat­tuto, governato, costruito edifi­ci, vinto nello sport e contribui­to a far crescere il Paese. Era il 4 giugno. Esordì con le parole «Assalam Alaykum» (la pace sia con voi). Fu interrotto dagli applausi 25 volte. Forse ci sono più possibilità di battere tale­bani e al Qaeda in questo mo­do che con i droni.

Il mondo come ha reagito?
Aspetti. Bisogna anche ricorda­re: la chiusura di Guantana­mo, l’estensione dell’assisten­za sanitaria a 4 milioni di bam­bini, l’eliminazione delle discri­minazioni contro le donne sui posti di lavoro, il calendario per il ritiro dall’Iraq, lo sconge­lamento dei rapporti con Cu­ba, il tentativo di dialogare con l’Iran. Gli iraniani hanno accolto il premio con felicita­zioni prudenti. I palestinesi so­no divisi: plauso dall’Autorità, critiche da Hamas. Critiche an­che dai talebani e dubbi dai po­lacchi a cui lo scudo piaceva. Gli israeliani hanno ben nasco­sto, dietro le congratulazioni, le preoccupazioni che questa presidenza suscita a Tel Aviv. Il resto del mondo, a partire dal presidente Napolitano, ha applaudito.

Lei che pensa?
Se hanno dato il Nobel per la Pace ad Arafat, possono ben consegnarlo anche a Obama. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/10/2009]