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 2009  ottobre 19 Lunedì calendario

Ogni detenuto ci costa 300 euro al giorno. Siccome i detenuti so­no in questo momento più di 63 mila, fa una cifra quotidiana di quasi venti milioni di euro

Ogni detenuto ci costa 300 euro al giorno. Siccome i detenuti so­no in questo momento più di 63 mila, fa una cifra quotidiana di quasi venti milioni di euro. Al­l’anno: poco più di 7 miliardi.

Ma è sicuro? Perché mi pare un numero enorme.
Lo hanno diffuso ieri quelli del Sindacato autonomo della po­lizia penitenziaria, in sigla Sappe. Il comunicato rimette in circolazione dati che il mini­stero aveva diffuso già la setti­mana scorsa...

Che dati?
Per esempio: i detenuti in Ita­lia sono 63.221 distribuiti in 217 carceri. La capienza tollera­ta del sistema è di 60.375, quel­la regolamentare di 43.066. Il numero di stranieri è di 22.644, cioè sono un terzo de­gli italiani. Il 2% è sieropositi­vo, l’anno scorso si sono tolti la vita 58 di quegli infelici… Devo continuare?

Che cosa dice il Sappe?
Il Sappe analizza questi dati, ne dà qualcuno in più e sugge­risce alcune soluzioni. Ci sono realtà dove il numero di stra­nieri è elevatissimo: Padova, 83%; Don Soria di Alessan­dria, 72%, Brescia idem, Is Are­nas Arbus in Sardegna 73%. Al Nord gli stranieri stanno tra il 60 e il 70%. Secondo il Sappe, qui potrebbe stare una soluzio­ne del problema: gli stranieri condannati a pene inferiori a due anni se le vadano a sconta­re nei loro Paesi. Naturalmen­te anche gli agenti della poli­zia penitenziaria sanno che questo impone accordi abba­stanza complicati con Roma­nia, Tunisia, Marocco, Alge­ria, Albania, Nigeria. Anche giuridicamente non sarebbe uno scherzo: quei Paesi do­vrebbero accettare senza di­scutere sentenze emesse dai nostri tribunali nei confronti di loro cittadini. Non sempli­cissimo da far digerire a quei popoli. D’altra parte, abbiamo superato ogni sorta di ammis­sibilità e il sistema carcerario italiano è degno a questo pun­to delle denunce di Amnesty International.

Soluzioni?
Proprio venerdì scorso il consi­glio dei ministri doveva varare il Piano per l’emergenza carce­ri preparato dal ministro Alfa­no. Il piano prevede la costru­zione di 24 case circondariali tra nuovi edifici e ampliamen­ti e, soprattutto, la modifica dell’articolo 385 del codice pe­nale. Questo intervento legi­slativo consentirà di non far scontare la pena in cella a tutti coloro che sono stati condan­nati e pene detentive inferiori a un anno. Dove andranno co­storo? A casa o in «altro luogo pubblico o privato», una dizio­ne che se sarà veramente pre­sente nella legge darà luogo a molte polemiche. La frase po­trebbe significare la privatizza­zione degli istituti di pena, al­l’americana. I detenuti che de­vono scontare meno di un an­no sono 21 mila. E più o meno 21 mila sarebbero i posti che l’attività edilizia dovrebbe cre­are in tre anni: 2.372 nel 2009, 8.804 entro il 2010, 5.596 nel 2011, 7.029 nel 2012.

Come faranno a costruire le carceri a questa velocità? In Italia c’è sempre voluta una vi­ta per imprese di questo gene­re.
Bisogna ricordarsi che Berlu­sconi, qualche giorno fa, ha de­finito «da dimenticare e incivi­le » la situazione dei nostri pe­nitenziari. Questa presa di po­sizione prepara la dichiarazio­ne dello stato d’emergenza e lo stato d’emergenza renderà possibile la nomina di un com­missario straordinario che avrà le mani completamente li­bere per intervenire. la logi­ca che si è seguita nel terremo­to d’Abruzzo: il commissario – sarà Franco Ionta, attuale ca­po del Dap (Dipartimento del­l’Amministrazione Penitenzia­ria) – potrà agire in deroga al­le disposizioni vigenti, nomi­nare consulenti esterni e so­prattutto godere di quel regi­me speciale che – trattandosi di materie attinenti alla sicu­rezza nazionale come le carce­ri - «legittima la secretazione delle procedure di affidamen­to dei contratti pubblici». Così ha spiegato lo stesso Ionta, la settimana scorsa, alla commis­sione Giustizia della Camera, garantendo che il Piano sareb­be stato varato venerdì. E inve­ce non se n’è fatto nulla: è pro­babile che ci sia una resistenza da parte della Lega, dato che rimandare a casa 21 mila con­dannati, e sia pure alla pena di un solo anno, può passare per un indulto mascherato. Una soluzione alternativa sarebbe sul serio quella di affidarsi ai privati, come adesso stanno fa­cendo inglesi e belgi (i belgi si sono andati ad affittare delle carceri in Olanda!). Oppure il sistema dei barconi, vale a di­re delle carceri galleggianti. Oltretutto in questo modo si aiuterebbe, con commesse pubbliche, la cantieristica na­zionale. Il primo penitenziario galleggiante dovrebbe essere sistemato a Genova. Ma Marta Vincenzi, sindaco di quella cit­tà, ha già detto di no: «E’ una proposta incivile». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/10/2009]