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 2009  ottobre 21 Mercoledì calendario

Un pieno all’Agip costa ormai 1,314 euro, più due centesimi su domenica, quinto rialzo conse­cutivo, quarto nel solo mese di ottobre

Un pieno all’Agip costa ormai 1,314 euro, più due centesimi su domenica, quinto rialzo conse­cutivo, quarto nel solo mese di ottobre. Quella dell’Eni è a que­sto punto la benzina più cara, ma anche le altre compagnie (tranne Erg, che chiede 1,299 euro al litro) praticano prezzi superiori ai 3 euro. Per esempio Total e Shell stanno a 1,309, Es­so a 1,301 eccetera. Rincari sen­sibili anche per il gasolio: Agip a 1,158; Shell a 1,154; Total a 1,153; Erg a 1,149; Tamoil a 1,147; Esso a 1,145.

Perché tutto questo?
Il petrolio sulla piazza interna­zionale è arrivato a 80 dollari il barile. Le associazioni dei consumatori non credono troppo all’equazione: aumen­to del prezzo del petrolio = au­mento del prezzo della benzi­na. Soprattutto non ci credo­no pensando a quanto poco è calata la benzina quando il pe­trolio stava a 40 dollari. Ecco il Codacons: «L’isterismo dei li­stini solo in parte è giustificabi­le con i rincari avvenuti nelle quotazioni internazionali del petrolio, e allo stato attuale de­termina un maggior esborso pari a 3,3 euro per un pieno di benzina e a 3,15 euro per un pieno di gasolio. Solo 20 gior­ni fa la benzina costava 1,248 euro al litro, e il gasolio 1,095». Così il presidente di quella associazione, Carlo Rienzi. L’Unione petrolifera ri­batte che i prezzi reali della benzina sono inferiori a quelli previsti dalle agenzie specializ­zate (in questo caso la Platts): per esempio, «nell’ultima setti­mana la verde è salita dello 0,028 euro al litro sul listino Platts, mentre a livello indu­striale è andata su solo dello 0,013». Eccetera.

Che c’entra il prezzo previsto col prezzo reale? In che modo la differenza tra questi due nu­meri potrebbe consolarmi?
Infatti, l’idea dei petrolieri è di dire qualcosa come: avremmo avuto il diritto di fare aumenti ancora più consistenti, invece ci siamo trattenuti. L’intreccio di cause sul prezzo del petro­lio è talmente fitto che è diffici­le mettere la mano sul fuoco di una qualsiasi verità.

Se stessimo alla semplice fac­cenda della domanda e dell’of­ferta?
Già. La legge della domanda e dell’offerta ci dice che il mon­do sta comprando petrolio e benzina, e questo mentre i fat­turati dell’industria sono in ca­lo. Per esempio, in Italia, dati di ieri: gli ordinativi sono scesi dell’8,6% rispetto a luglio e del 27,5% rispetto allo stesso mese del 2008. Quindi la ri­chiesta di petrolio non ha trop­po a che fare con la produzio­ne industriale, dato che la pro­duzione industriale è ancora fiacca. Prevengo la sua doman­da e le dico che la Cina, nono­stante i suoi balzi di Pil, non può fare domanda da sola. Quindi se la gente compra pe­trolio e benzina, facendo anda­re su i prezzi, c’è qualche altra ragione.

Per esempio?
Per esempio l’investimento ge­neralizzato sulle materie pri­me. Non sta schizzando verso l’alto solo il prezzo del greg­gio, sta correndo come un mat­to anche il prezzo dell’oro, e le borse dall’inizio dell’anno han­no raddoppiato il loro valore, e i prezzi in genere di tutte le commodities tendono forte­mente al rialzo. Commodities è il termine gergale per indicare appunto le materie prime. La spiegazione, schematica, l’ha data il New York Times un paio di settimane fa: «Praticamen­te gli investitori vogliono com­prare tutto, purché non siano dollari». Infatti, mentre i prez­zi di quasi tutto sono in salita, il valore del dollaro è costante­mente in calo. Un calo control­lato, e che resterà morbido an­cora per parecchio tempo, ma che tende a zero. Il destino del­la valuta americana parrebbe segnato.

Questo fa salire il prezzo del petrolio e, di conseguenza, del­la benzina?
Da sempre, l’indebolimento del dollaro ha come conse­guenza il rafforzamento del prezzo del petrolio. Siccome noi paghiamo la benzina in eu­ro, e l’euro è in costante rialzo, dovremmo avere una certa protezione. E qui si vede al­l’opera la speculazione: le compagnie aumentano certa­mente il prezzo più di quello che dovrebbero, e sarebbe be­ne che il governo le richiamas­se all’ordine. Anche il gover­no, tuttavia, non può troppo parlare. Il prezzo della benzi­na è per metà fatto di tasse e addirittura di tasse in percen­tuale (Iva sull’Iva, eccetera), quindi anche se i petrolieri di­ventassero virtuosi potrebbe­ro agire solo sulla parte di prez­zo che li riguarda. Sulle ragio­ni per le quali il dollaro decli­na ci sarebbe da fare un lungo discorso, che riguarda noi, la Cina e il destino degli Stati Uniti, troppo illusi da Obama. Ma di questo parleremo un’al­tra volta. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 21/10/2009]