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 2009  ottobre 25 Domenica calendario

Piero Marrazzo non è più gover­natore del Lazio: si è autosospe­so ieri pomeriggio, lasciando il posto al suo vice Esterino Monti­no

Piero Marrazzo non è più gover­natore del Lazio: si è autosospe­so ieri pomeriggio, lasciando il posto al suo vice Esterino Monti­no. Il lettore ricorderà Marrazzo come bravo conduttore del pro­gramma televisivo Mi manda Raitre , oggi condotto da Andrea Vianello, la trasmissione nella quale si denunciano le piccole o grandi angherie – quando non truffe – che le aziende perpetrano ai danni dei clienti. Nel 2005 Vel­troni lo scelse come candidato al­la guida della Regione Lazio e al voto Marrazzo sconfisse il gover­natore uscente Francesco Stora­ce, consegnando la Regione al centro-sinistra. Adesso, questa vita di successi sembra troncata.

Si tratta della storia del transes­suale?
Sì, e l’assurdo è che in questa vicenda Marrazzo è parte lesa, cioè vittima. Le racconto come è andata. All’inizio della storia c’è un piccolo spacciatore di no­me Gianguarino Cafasso, detto Rino e morto per cause naturali lo scorso settembre, che riforni­sce di coca i trans della via Cas­sia. I trans sanno che quando c’è da organizzare un festino, Rino è sempre pronto, purché gli si acquistino almeno dieci grammi di roba. I trans, intervi­stati ieri da Repubblica , dicono di conoscer bene anche Marraz­zo, un patito, dicono, delle loro prestazioni: quando vedono ar­rivare la sua macchina, raccon­tano, c’è tutta un’agitazione, si mettono in mostra, si tiran su le magliette per essere scelte, per­ché a quanto pare il presidente è molto generoso. Per i festini non ci sono problemi: Cafasso s’è messo d’accordo con quat­tro carabinieri della Compa­gnia Trionfale e i quattro lo la­sciano lavorare a patto che lui li avverta quando c’è qualche fe­sta interessante. Rino si fa vivo con i militi ai primi di luglio: di­ce che in un certo appartamen­to di via Gradoli – nella stessa palazzina dove 31 anni fa le Br tennero sequestrato Moro – c’è il presidente della Regione La­zio, Piero Marrazzo, con un trans. I carabinieri accorrono, e due di loro irrompono nell’ap­partamento. A questo punto il seguito della storia è contenuto in un filmato.

E come hanno fatto a filmare la scena?
Non si sa. La soluzione più logi­ca, ma tutta da provare, è che fosse d’accordo anche il transes­suale: si piazza un telefonino in un certo punto e si fa partire la ripresa. Il contenuto del film, della durata di un minuto e mezzo, è stato descritto dal di­rettore di Libero , Maurizio Bel­pietro, a cui il documento ven­ne invano offerto per 200 mila euro. «Dura pochi minuti ed è piuttosto disturbato, sia nell’au­dio che nelle immagini. Però si distinguono chiaramente i per­sonaggi: uno è Marrazzo, sen­za pantaloni e con indosso solo una camicia. L’altro è un indivi­duo che sembra un viado e ha un vestito che gli lascia scoper­te le spalle e le braccia. Nulla di particolarmente pruriginoso, nessuna scena sexy o hard: i due non sono neppure vicini. La telecamera, più probabil­mente un telefonino, indugia su alcuni dettagli della scena, tra i quali un piatto in cui è faci­le vedere strisce di polvere bianca che fanno pensare a co­caina».

Quindi c’è anche il consumo di droga?
No, Marrazzo ha detto di non aver assolutamente sniffato e i magistrati gli credono. La cocai­na era piazzata in bell’ordine e vicino c’era un documento d’identità dello stesso Marraz­zo: tutto troppo perfetto e i giu­dici Capaldo e Sabelli sono cer­ti che siano stati i carabinieri fel­loni a piazzare la droga in quel punto e a filmarla. Si propone­vano di ricattare il presidente e infatti, lì sul momento, si sono fatti consegnare 20 mila euro in assegni e hanno portato anche via duemila euro a lui e tremila al trans. Marrazzo ha implora­to che non lo rovinassero. E s’è poi giustificato dicendo che te­meva di essere arrestato.

Com’è stata scoperta la storia?
Nel corso di altre indagini si in­tercettò una telefonata in cui si parlava di questo video compro­mettente con un grosso perso­naggio politico. Altre intercetta­zioni, subito attivate, portaro­no ai quattro carabinieri felloni e all’appartamento di via Gra­doli. Gli arresti sono stati ese­guiti dai carabinieri del Ros: i quattro sono accusati di estor­sione, rapina, violazione di do­micilio e della privacy. Marraz­zo, interrogato, ha confermato tutto. Poi, con un’ingenuità sconcertante, ha negato il fatto a giornalisti e colleghi di parti­to, nonché alla moglie.

S’è dovuto dimettere per que­sto?
Nel momento in cui ha pagato e poi tentato di nascondere quel­lo che era successo, s’è condan­nato. Un uomo politico che non ha il coraggio dei propri com­portamenti, non sa difendere il diritto ad avere la vita privata che vuole (ieri, alla fine, ha det­to: «Questa vicenda è frutto di una mia debolezza privata. La mia permanenza in Regione è inopportuna»), e non sa difen­dersi dai ricatti, come può go­vernare una città, una regione, un Paese? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 25/10/2009]