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 2009  novembre 01 Domenica calendario

La Marcegaglia vuole che lo Sta­to tagli le spese improduttive e con i soldi recuperati in questo modo investa in ricerca, innova­zione, infrastrutture e sgravi fi­scali

La Marcegaglia vuole che lo Sta­to tagli le spese improduttive e con i soldi recuperati in questo modo investa in ricerca, innova­zione, infrastrutture e sgravi fi­scali. La presidente di Confindu­stria parlava a Capri, al conve­gno dei Giovani Industriali ( nella foto Ansa ), e ha opportu­namente aggiunto che ci vuole un’attenzione particolare al Sud, per il quale «occorrono po­litiche ordinarie, non straordi­narie, fatte con intelligenza e se­rietà ». Il fatto relativamente nuovo è che la Marcegaglia ha suggerito il pacchetto di spese improduttive da tagliare: «Ab­biamo fatto delle ricerche sugli acquisti che fa la Pubblica Am­ministrazione. Se tornassimo ai livelli del 2000, al netto del­l’inflazione, potremmo ridurre i costi di 11 miliardi di euro, un’enormità. E se accorpassi­mo prefetture e province rispar­mieremmo altri 4 miliardi. Inol­tre sulla sanità, soprattutto al Sud, ci sono sprechi enormi e bassa qualità».

Questi tagli si potrebbero fare sul serio?
Non si tratterebbe di interven­ti indolori. Delle spese impro­duttive campa un sacco di gen­te. E qui sta il problema, per la politica. D’altra parte la crisi non è affatto passata e si an­nunciano tempi di nuovo duri, nonostante le rassicurazioni fin troppo ribadite di Berlusco­ni e Tremonti. La disoccupa­zione continua ad aumentare dovunque e da una decina di giorni le Borse vanno giù.

Le Borse vanno giù adesso, ma dall’inizio dell’anno non fa­cevano che salire. O sbaglio?
Non si sbaglia, ma il rally delle Borse è roba da Fantacalcio. Le banche centrali hanno im­messo sul mercato migliaia di miliardi di liquidità, gli Stati hanno distribuito aiuti e garan­zie a pioggia, i tassi si sono mantenuti bassi e negli Usa so­no rimasti addirittura a livello zero. In questa atmosfera da Second Life , gli operatori han­no preso soldi a prestito in America e con quelli sono an­dati a comprare titoli o valute diverse dal dollaro. Al tempo dei tempi, questo modo di comportarsi si chiamava so­stanzialmente «arbitraggio», una pratica puramente specu­lativa che non aveva e non ha niente a che fare con l’econo­mia reale. L’indebitamento delle famiglie americane, che si volevano a un tratto dedite al risparmio, è invece arrivato al 134% del reddito annuo. Giovedì negli Stati Uniti sono usciti i dati sui consumi e s’è visto che questi consumi sono scesi. Le Borse, già negative da parecchi giorni (con l’ecce­zione di mercoledì), hanno re­agito male a questa notizia inattesa, impressionate anche dalla minaccia di fallimento della Cit, una grossa finanzia­ria che sta cercando di ottene­re un miliardo in prestito per tirare avanti. Ieri poi, a Borse ferme, sono state chiuse nove banche in California, Illinois, Texas e Arizona. Tra queste la National Bank di Los Angeles. Che nove banche fossero chiu­se lo stesso giorno non era mai capitato.

Quante ne sono saltate dall’ini­zio della crisi?
115. E potrebbe sembrare un numero basso, dato che nel 1989, durante un’altra crisi, ne vennero chiuse 534. C’è pe­rò questa differenza: né nel 1989 né mai lo Stato america­no aveva finanziato gli istituti sull’orlo della bancarotta con una montagna di soldi tanto grande. Ci metta anche i dena­ri elargiti alle case automobili­stiche e capirà perché le noti­zie sul calo dei consumi in set­tembre sono state lette con tanta preoccupazione: il mer­cato non ha la forza di tirarsi su da sé e tutto quello di appa­rentemente buono che ha fat­to negli ultimi mesi è stato pro­vocato dagli incentivi.

L’occupazione?
La disoccupazione in America sta a 15,3 milioni, in Germania all’8,3%, in Spagna quasi al 20%, da noi tra il 7 e l’8% (ma da noi c’è una semi-disoccupazio­ne rappresentata da quattro mi­lioni di contratti atipici o di pre­cariato). Il guaio è che il nume­ro di disoccupati è in crescita dappertutto. D’altra parte i mec­canismi che hanno provocato la crisi finanziaria non sono stati minimamente toccati: le ban­che persistono nella costruzio­ne e vendita di derivati, persino gli Enti locali italiani non hanno smesso di giocare con queste bombe finanziarie. I manager delle banche continuano a incas­sare i loro bonus, le spese impro­duttive sono sempre lì a pesare sul bilancio dello Stato.

Il discorso della Marcegaglia.
Già. Che oltre tutto è il capo di Confindustria, cioè dei padro­ni. Rinaldini, della Fiom-Cgil, l’altro giorno ha annunciato una serie di scioperi a scacchie­ra, della durata di 4 ore, da mettere in atto tra il 9 e il 13 novembre. Non nega la possibi­lità di blocchi stradali, occupa­zioni di fabbriche e manifesta­zioni in cima ai tetti o alle gru. Ai giornalisti ha detto che, nel­le scorse settimane, sui tetti so­no saliti anche lavoratori arma­ti di taniche di benzina. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/11/2009]