Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  novembre 08 Domenica calendario

Si discute se il superindice Ocse, che ci accredita come il Paese me­glio piazzato a questo punto del­la crisi, sia una cosa seria oppu­re no

Si discute se il superindice Ocse, che ci accredita come il Paese me­glio piazzato a questo punto del­la crisi, sia una cosa seria oppu­re no. Bersani ci crede poco e ie­ri, nella riunione dell’Assemblea nazionale del Pd che l’ha eletto segretario formalizzando il voto delle primarie (Rosy Bindi presi­dente, Enrico Letta vicesegreta­rio, Ivan Scalfarotto e Marina Sereni vicepresidenti), ha dedi­cato un pezzo di discorso all’eco­nomia dichiarando che «la crisi non è psicologica, non è una nu­vola passeggera, nessuno vuol fa­re il pessimista o il catastrofista, ma pretendiamo che si ricono­sca che abbiamo un problema se­rio. Se continuiamo a sentirci di­re che il problema non c’è o che si può aggiustare con palliativi, per noi diventa difficile discute­re».

Quindi, per il segretario del Par­tito democratico, la storia del superindice è una balla.
Sa come fanno i politici, ha gi­rato intorno alla questione e non l’ha nominata direttamen­te, cosa che l’avrebbe messo in imbarazzo e costretto a un di­scorso lungo. Il superindice in­fatti è più di quello che vuol far credere l’opposizione, ma me­no di quello che si potrebbe ar­guire limitandosi alla lettura dei giornali, e specialmente dei titoli, secondo i quali starem­mo per diventare una specie di terra promessa esente da qua­lunque problema economico, finanziario, sociale. Intanto si tratta di capir bene che cos’è questo famoso superindice.

Che cos’è?
E’ una valutazione del punto storico-economico in cui ci tro­viamo. come quando, alla vi­gilia del campionato, si valuta­no le squadre di calcio e si dan­no voti alle campagne acquisti e cessioni. I superindici calcisti­ci di fine estate, per esempio, davano il Real Madrid vincito­re di tutto quello che c’è da vin­cere dato che aveva comprato tutto quello che c’era da com­prare. Al momento di giocare le partite vere, come sappia­mo, il superindice precampio­nato s’è rivelato una povera co­sa, almeno fino ad ora. Allo stesso modo, il superindice Oc­se, tenendo presenti un bel nu­mero di fattori, fa la classifica delle chances che ogni Paese ha, economicamente parlan­do, nei prossimi sei mesi. E di­ce che l’indice italiano è il più alto – 105,6, meglio, per di­re, di quello di Francia, Germa­nia, India, Cina, Inghilterra. L’anno scorso avevamo dieci punti di meno. Significa che la nostra campagna acquisti (l’in­sieme delle politiche economi­che, industriali, sociali, finan­ziarie) è stata migliore di quel­la degli avversari oppure che gli avversari si sono mossi peg­gio di noi oppure che hanno ri­cevuto colpi più forti di quelli che si sono abbattuti sull’Italia. O anche che hanno retto meno bene alla tempesta. Quindi nei prossimi sei mesi noi dovrem­mo/ potremmo svilupparci più degli altri. Se ci pensa, lo sape­vamo già: mentre le banche del resto del mondo saltavano per aria (ieri in America se n’è an­data United Commercial, cen­toventesima vittima dei subpri­me e del resto), le nostre non venivano neanche chiacchiera­te. Ci sono poi altri numeri che danno ragione all’Ocse. Il più importante: il differenziale tra i nostri Btp e i Bund tedeschi, adesso a 80 centesimi e tra po­co, secondo la previsione gene­rale, a 50.

Che cosa significa?
Ha a che vedere con l’interesse riconosciuto dai due Paesi ai ri­sparmiatori che, attraverso quei titoli decennali, gli presta­no i soldi. I tedeschi, più solidi, pagano da sempre meno di noi. Quanto di meno, però? La differenza tra questi due tassi è l’indicatore fondamentale per valutare lo stato della nostra economia. Più questa differen­za è piccola e meglio stiamo. Ma ci sono altri numeri: gli in­glesi hanno perso 61 miliardi di euro nella loro bilancia com­merciale manifatturiera, men­tre noi nello stesso periodo (lu­glio 2008-giugno ”09) ne abbia­mo guadagnati 56. Tenendo conto di tutte le voci della bilan­cia commerciale (petrolio com­preso), noi abbiamo un passivo di 8 miliardi, l’Inghilterra di 102, la Francia di 65, la Spagna di 64. E tuttavia...

Tuttavia?
Tuttavia siamo sempre nel cam­po delle previsioni e la profezia benevola si avvererà solo se fa­remo le cose giuste nel modo giusto. Non come il Real Ma­drid di adesso.

Per esempio?
Per esempio sostenendo i reddi­ti. Come sa già, perché ne ab­biamo parlato tante volte, sia­mo trentanovesimi nella classi­fica per stipendi e salari, molto al di sotto dei grandi Paesi occi­dentali, compresa la Spagna. Ieri, un dato dell’Agenzia delle entrate ha fotografato questa difficoltà: nei primi dieci mesi di quest’anno sono raddoppiati gli italiani che hanno chiesto al fisco di rateizzare il pagamen­to di una cartella. Si tratta in totale di 367.800 persone. An­che se i risparmi delle famiglie sono cospicui, i soldi in tasca agli italiani sono ancora trop­po pochi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 8/11/2009]