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 2009  novembre 10 Martedì calendario

Una ventina d’anni fa (il 7 ago­sto 1990), al terzo piano di via Poma 2, in Roma, riverso sul pa­vimento di un ufficio intestato all’Associazione degli ostelli del­la gioventù, venne trovato il ca­davere di Simonetta Cesaroni ( nella foto Proto ), 21 anni, 29 coltellate in corpo, addosso ap­pena qualche capo di bianche­ria intima

Una ventina d’anni fa (il 7 ago­sto 1990), al terzo piano di via Poma 2, in Roma, riverso sul pa­vimento di un ufficio intestato all’Associazione degli ostelli del­la gioventù, venne trovato il ca­davere di Simonetta Cesaroni ( nella foto Proto ), 21 anni, 29 coltellate in corpo, addosso ap­pena qualche capo di bianche­ria intima. Erano le 23.30. La sorella Paola, non vedendo Si­monetta tornare a casa, aveva lanciato l’allarme. Cominciò al­lora un’indagine divenuta cele­bre per l’approssimazione con cui fu condotta e che per anni e anni non ha portato da nessu­na parte. L’unico sospettato, mandato libero per assoluta mancanza di indizi, fu il figlio di un avvocato che aveva lo stu­dio nel palazzo. Costui avrebbe ucciso perché geloso di una pre­sunta relazione tra Simonetta e suo padre. Questo padre si chia­mava Raniero. E, guarda caso, oggi un pubblico ministero e un giudice per le indagini prelimi­nari – tutti e due donne – pensa­no che l’assassino si chiami dav­vero Raniero.

Non quel Raniero lì, però.
No, si tratta di Raniero Busco, 44 anni, oggi meccanico all’ae­roporto di Fiumicino, sposato e padre di due figlie. Il caso è stato riaperto un paio d’anni fa: i magistrati hanno pensato che con le nuove tecniche inve­stigative (tracce di dna, eccete­ra), passando al setaccio i vec­chi reperti, forse si sarebbe tro­vato qualcosa. E in effetti, sul reggiseno di Simonetta c’era una traccia di saliva. Analizza­ta, risultò compatibile con quella di Busco. La cui arcata dentaria oltre tutto coincide­va con quella rilevabile dal pet­to della vittima, dove era ben visibile il segno di un morso. All’epoca del delitto (7 agosto 1990) erano state prese in con­siderazione, come potenziali assassini, 31 persone. Di que­ste, trenta risultarono del tut­to incompatibili con le nuove tracce genetiche analizzate dal Ris. Busco invece era com­patibile.

Tracce sue o solo compatibili con lui?
Su questa differenza, che non ho bisogno di spiegare, si gio­cherà gran parte della partita processuale, il cui inizio è pre­visto per il prossimo 3 febbraio davanti alla Corte d’Assise di Roma. Per quello che ho capi­to fino a questo momento, la certezza matematica di una corrispondenza assoluta (e quindi inequivocabile) non si raggiunge praticamente mai. Per darle un’idea, ecco la peri­zia dei consulenti Vincenzo Pa­scali, Marco Pizzamiglio e Lu­ciano Garofalo (Garofalo è quello del caso Cogne, ci ha scritto un libro sopra adesso) relativa a una macchia di san­gue trovata sullo stipite della porta di via Poma: «La traccia rossastra sul tassello di legno è riconducibile a sangue. La quantità di materiale genetico estrapolata dalla medesima è risultata estremamente esi­gua. Le analisi della traccia ematica hanno consentito di estrapolare un assetto genoti­pico complesso, in cui la com­ponente maggioritaria è costi­tuita dalla vittima, in associa­zione ad una componente lar­gamente minoritaria ricondu­cibile a materiale genetico ma­schile. La valutazione globale dei dati ottenuti concorda con quanto affermato nella relazio­ne degli esperti spagnoli, il che non permette di escludere né di confermare la presenza di materiale genetico di Ranie­ro Busco, nel profilo comples­so estrapolato dalla macchia di sangue in reperto. Lo stesso assetto genotipico complesso è stato confrontato con i profi­li genici di tutti gli altri sogget­ti precedentemente considera­ti nell’ambito dello stesso pro­cesso, escludendo qualsivo­glia compatibilità».

Cioè, non dicono senz’altro che è sua, dicono che lui è l’uni­co compatibile con la compo­nente maschile del reperto. Basta questo?
Decideranno i giudici. In base alle notizie fornite fino ad ora dalla Procura, neanche l’alibi di Busco regge: aveva detto che durante l’ora del delitto stava con un amico e questo amico ha negato.

Il movente?
Il movente ci sarebbe. I due liti­gavano continuamente ed era­no addirittura sul punto di la­sciarsi. Però: Busco si è sotto­posto volontariamente a tutti gli esami e, se fosse colpevole, la cosa risulterebbe parecchio stravagante. Ha poi ammesso di aver visto Simonetta il gior­no prima. Sono così strane le tracce di saliva sul reggiseno, dato che i due stavano comun­que ancora insieme? E anche il morso sul petto è così fuori dalla norma?

Gli inquirenti pensano che l’ab­bia morsa mentre le dava 29 coltellate?
Non sembra un gesto così natu­rale. E se l’ha morsa il giorno prima, magari per passione, la circostanza è irrilevante ai fini dell’individuazione dell’assas­sino. Anche la questione del­l’arcata dentaria non è così ov­via come sembra: in 19 e passa anni, la morfologia dell’arcata si può modificare. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/11/2009]