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 2009  novembre 13 Venerdì calendario

Ieri è stato depositato al Senato il disegno di legge sul cosiddetto “processo breve”: prescrive che per ogni grado di giudizio non si possano superare i due anni e se poi invece si superano il pro­cesso si estingue da sé

Ieri è stato depositato al Senato il disegno di legge sul cosiddetto “processo breve”: prescrive che per ogni grado di giudizio non si possano superare i due anni e se poi invece si superano il pro­cesso si estingue da sé. A beneficiare di queste norme saranno esclusivamente i deputati incensurati.

Sembrerebbe una buona co­sa.
Da un certo punto di vista, si­curamente. Tutti gli organi­smi europei che si occupano di queste cose ci hanno sollecita­to più volte ad accelerare le procedure per arrivare a sen­tenza. Per la Corte europea dei diritti dell’uomo, la “durata ragionevole” è «un im­perativo per tutti i procedi­menti ». Nella Convenzione eu­ropea sui diritti dell’uomo, al­l’articolo 6, si dice: «Ogni per­sona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un ter­mine ragionevole». La nostra Costituzione parlando del pro­cesso stabilisce che «la legge ne assicura la ragionevole du­rata». La legge depositata ieri, di tre soli articoli, si richiama esplicitamente a Costituzione e Convenzione europea. E in effetti, non c’è dubbio che il processo in Italia dura troppo e questo è insopportabile.

Ma? Perché sento che c’è un ma in arrivo.
Il “ma”, come accade ormai spes­so, riguarda le modalità e le ra­gioni autentiche per cui il dise­gno di legge è stato messo in cammino. Il lodo Alfano, che te­neva al riparo da qualunque ini­ziativa dei giudici le prime quat­tro cariche dello Stato, è stato di­chiarato incostituzionale. Berlu­sconi è perciò inerme davanti ai processi che lo riguardano. Uno di questi, quello relativo alla cor­ruzione dell’avvocato Mills, po­trebbe arrivare a sentenza – sen­tenza di primo grado – entro un paio di mesi. La sentenza potreb­be essere sfavorevole al pre­mier, cioè i giudici potrebbero sancire anche in questa sede quello che hanno già stabilito nell’altro procedimento in cui Mills è stato condannato e cioè, che il presidente del Consiglio è un corruttore. Il Cavaliere ha già fatto sapere che in caso di condanna non si dimetterà. Alla condanna potrebbe però accom­pagnarsi l’interdizione dai pub­blici uffici. Quindi, legge sul pro­cesso breve. Da approvare il più rapidamente possibile. Poiché la legge in questione stabilisce che i due anni per ogni grado di giudizio valgono anche per i pro­cessi in corso, Mills e tutto il re­sto decadrebbe automaticamen­te. Problema risolto per Berlu­sconi, ma con una legge esagera­tamente ad personam e che non convince nemmeno alcuni del centro-destra.

Perché?
La legge riguarda i processi per i quali siano previste condanne inferiori a 10 anni, ma con tutta una serie di eccezioni, cioè reati per i quali la prescrizione breve non vale. Per esempio, il delitto per associazione per delinque­re, il delitto di sequestro di per­sona, certi tipi di furto e così via. Per questo tipo di reati, valgono le regole di prima e una prescri­zione più lunga. Tra questi reati che non vanno facilmente in pre­scrizione c’è anche, per eviden­te volontà della Lega, quello di immigrazione clandestina. L’onorevole Giulia Bongiorno, molto vicina a Fini e grande av­vocato (è diventata famosa per aver fatto assolvere Andreotti nel celebre processo per mafia), s’è detta stupita che «una sempli­ce contravvenzione peraltro pu­nita con una banale ammenda» sia considerato reato di «grave allarme sociale» come quelli di mafia e terrorismo. Il presiden­te emerito della Corte costituzio­nale, Antonio Baldassarre, uo­mo che per il centro-destra go­vernò anche la Rai, ha sostenuto che questo disegno di legge è «incostituzionale».

E l’opposizione?
Sta facendo fuoco e fiamme. La capogruppo dei senatori demo­cratici, Anna Finocchiaro, ha scaraventato il fascicolo conte­nente la legge contro un muro, gridando: «La legge non si appli­cherà per il furto aggravato. Co­sì per il rom che ruba il processo rimarrà, mentre processi come Eternit, Thyssen, Cirio e Parma­lat andranno al macero». Di Pie­tro ha annunciato un referen­dum abrogativo. In Parlamento ci sarà battaglia e i finiani po­trebbero votar contro.

Berlusconi rischia?
Sembrerebbe di sì. Oltre tutto, stavolta, la firma di Napolitano sarebbe assai dubbia. Questo di­segno di legge, come ha spiegato Baldassarre, contravviene all’ar­ticolo 3 della Costituzione che im­pone l’uguaglianza di fronte alla legge. Su questo principio cadde anche il lodo Alfano. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/11/2009]