Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  novembre 16 Lunedì calendario

Anche se quelli della Fao ci han­no abituato a un vertice al mese (con tanto di appelli e di numeri tragici che in definitiva sono pe­rò sempre uguali), la riunione di stamattina a Roma ha due o tre punti interessanti, nonostante le assenze di Obama, Sarkozy, An­gela Merkel e Gordon Brown

Anche se quelli della Fao ci han­no abituato a un vertice al mese (con tanto di appelli e di numeri tragici che in definitiva sono pe­rò sempre uguali), la riunione di stamattina a Roma ha due o tre punti interessanti, nonostante le assenze di Obama, Sarkozy, An­gela Merkel e Gordon Brown.

Berlusconi?
Fa gli onori di casa al posto di Napolitano, che è in Turchia. Rappresenta non solo l’Italia, ma l’intero G8.

Quali sarebbero i punti interes­santi?
Primo: il vertice è stato prece­duto da un dibattito tra le mo­gli dei leader politici, avvenuto ieri. Tra queste mogli ci sono Suzanne Sabet, che ha sposato Mubarak, e Azam al Sadat Fa­rahi , che è la moglie di Ahmadi­nejad ( nella foto Ap, con un chador nero ieri al vertice del­la First lady ). Bisogna sapere che Mubarak guida il fronte sunnita moderato, mentre la Persia capeggia quello sciita ra­dicale. Tra Iran ed Egitto non ci sono relazioni diplomatiche. A Teheran una strada è intitolata agli assassini del presidente egi­ziano Sadat e gli iraniani non perdonano all’Egitto di aver ac­colto lo scià in fuga. Con questo passato tanto pesante, all’ini­zio dell’anno la signora Ahma­dinejad, di cui fino a quel mo­mento non si conosceva nean­che il nome, ha scritto una lette­ra alla signora Mubarak per esortarla ad aiutare i palestine­si bombardati dagli israeliani. Sui blog iraniani si sono letti commenti sarcastici: «Prima hanno pagato per far ammazza­re Mubarak, adesso gli scrivo­no delle lettere», «Che cosa ti puoi aspettare da una che va a letto con Ahmadinejad?», ecce­tera. In realtà la lettera era una risposta indiretta alla moglie di Khatami, a cui il marito aveva concesso di scrivere in difesa dei palestinesi alla regina del Qatar. Non vorrei che Lei in questo guazzabuglio si perdes­se.

La sto seguendo. Il secondo mo­tivo d’interesse?
Il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, ha deciso di far lo sciopero della fame contro la fame, e ha invitato gli altri a far lo stesso. Astenersi da tutto per 24 ore. Il sindaco di Roma Ale­manno, la cui moglie Isabella Rauti era ieri al summit delle si­gnore, ha subito aderito. Diouf, con la sua azione dimostrativa, si propone di convincere i Paesi ricchi a stornare un miliardo di dollari verso i due miliardi di contadini poveri del Terzo Mon­do. Qualcuno, sentito questo obiettivo, ha subito scherzato sui costi della Fao, che spende quasi tutto quello che incassa per mantenere se stessa. Cioè su 938 milioni di dollari prove­nienti dai cosiddetti aiuti e altri 800 milioni donati da privati, ne fa arrivare concretamente al settore dell’alimentazione e del­l’agricoltura appena 248 milio­ni. Il resto se ne va in burocra­zia, “cooperazione tecnica”, “informazione”, “inter- scam­bio di conoscenze”: 18 milioni per l’ufficio di Bangkok, 12 per Santiago, 11 per Accra, 21 milio­ni per l’ufficio della direzione generale, eccetera. difficile dar retta ai capi della Fao quan­do confermano, come farà oggi Diouf, che la sconfitta definiti­va della fame non è più colloca­ta al 2015, ma al 2050. In ogni caso, ieri, al congresso delle da­me, sono state fornite cifre nuo­ve e che riguardano la parte femminile della questione. Un aspetto a cui non avevo mai pensato.

Esiste una fame femminile?
Il 40 per cento dei lavoratori agricoli del Terzo Mondo è don­na. In cifre assolute: 428 milio­ni, contro i 608 milioni di uomi­ni. Vi sono però realtà dove la manodopera femminile è asso­lutamente preponderante: nel­l’Africa subsahariana stanno sui campi per il 68% delle don­ne e in Sudafrica per il 61. Le donne, però, sono padrone so­lo del 2% della superficie colti­vabile e beneficiano solo del 10% dei crediti erogabili, cioè all’interno di un’ingiustizia e di una discriminazione intollera­bile – quella che tiene alla fame più di un miliardo di persone – vive un’altra ingiustizia/discri­minazione e riguarda le donne. Ieri s’è ricordata l’importanza dei microfinanziamenti, quel si­stema inventato da Yunus per cui si aiuta una famiglia pre­stando uno o due dollari e si elegge a proprio debitore sem­pre e soltanto l’elemento fem­minile della famiglia. L’ultimo caso ricordato ieri, fra i 31 posi­tivi che sono stati inseriti nelle cartelle-stampa di tutti i giorna­­listi, è quello del Dunumala Vil­lage, nello Sri Lanka, dove col microcredito un gruppo di don­ne ha messo in piedi una coope­rativa che alleva polli.

Se non vengono Obama e tutti gli altri, chi ci sarà oggi vicino a Berlusconi?
E’ un altro punto dolente della manifestazione, dato che ad ascoltare ci saranno molti lea­der che devono le proprie fortu­ne personali proprio agli aiuti della Fao. Comunque, saranno presenti Lula, Gheddafi, Muga­be, Chavez e altri che sarebbe troppo lungo nominare. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 16/11/2009]