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 2009  novembre 27 Venerdì calendario

Ieri il Corriere della Sera ha scritto che Veronica Berlusconi, nella sua causa di separazione, ha chiesto al marito un assegno di mantenimento superiore ai tre milioni e mezzo di euro al mese

Ieri il Corriere della Sera ha scritto che Veronica Berlusconi, nella sua causa di separazione, ha chiesto al marito un assegno di mantenimento superiore ai tre milioni e mezzo di euro al mese. Abbiamo aspettato tutto il giorno che qualcuno – o il presidente del Consiglio o sua moglie o uno degli avvocati – smentisse. Ma niente. A sera l’incredibile cifra rivelata dal giornalista Federico De Rosa do­minava ancora, incontrastata, le chiacchiere di tutti. Abbiamo concluso che deve trattarsi di una storia vera.

Ma si può chiedere un importo simile? Quanto fa all’anno?
Quarantatrè milioni. Cioè: sei volte l’ingaggio di Ronal­dinho, un terzo del monte in­gaggi di tutto il Milan, più di dieci volte di quello che pren­de Flavio Roma, il quarto por­tiere rossonero. Eccetera. Ve­ronica può chiedere questo, e persino ottenerlo, se dimostra che il suo tenore di vita attuale vale una somma del genere. In Italia, infatti, al momento del divorzio non si ragiona tanto sulle colpe o sui risarcimenti quanto sulla necessità che il co­niuge economicamente più de­bole continui a mantenere lo stesso tenore di vita di prima.

Berlusconi che cosa ha offer­to?
Cifre non da poco, ma molto, molto al di sotto dei 43 milioni l’anno. Come assegno mensi­le, 200 mila euro che possono diventare 300 mila. E la villa di Macherio, quella cioè dove normalmente vive Veronica. I suoi avvocati hanno fatto sape­re che il Cavaliere ha già versa­to alla moglie tra i 60 e i 70 milioni. Le analisi più recenti sul patrimonio della signora fanno vedere che durante il matrimonio Veronica ha mes­so da parte un gruzzolo impor­tante: attraverso la società im­mobiliare Il Poggio, posseduta al cento per cento da Miriam Bartolini (il nome autentico di Veronica), la moglie di Berlu­sconi possiede, tra l’altro, tre appartamenti a Olbia, Bolo­gna e Londra (quest’ultimo sti­mato tre milioni di euro), un immobile destinato a ufficio in via Pontaccio a Milano del valore di una decina di milioni (per i non milanesi: siamo nel cuore più prezioso della città) e un altro a Segrate valutato sei milioni. In tutto, Veronica dovrebbe possedere un patri­monio di circa 27 milioni, com­prendendo anche la partecipa­zione nel Foglio, un 38% non importante per il reddito che dà (scarso), ma per il valore as­sunto in questi anni dalla testa­ta. Certo, niente di paragona­bile alle ricchezze del marito.

Che sarebbero…?
Ci vorrebbe tutta la Gazzetta per elencarle. Si accontenti del valore complessivo stima­to: almeno sette miliardi di eu­ro. In lire poco meno di 14 mila miliardi.

Perciò i tre milioni e mezzo, vo­lendo, ci stanno.
E certo. Come ci stanno i 750 milioni da versare a Carlo De Benedetti se martedì prossi­mo il tribunale dovesse senten­ziare che quei soldi – motiva­ti da una causa per ora persa sulla vecchia guerra Mondado­ri – vanno pagati subito. Ber­lusconi è uno degli uomini più ricchi del mondo. Sarebbe pe­rò sbagliato leggere la richie­sta di Veronica in sé. Bisogna considerarla nel quadro di una strategia processuale por­tata avanti senza fretta a parti­re dalla scorsa primavera (in­tervista cosiddetta «del ciarpa­me » all’Ansa). La moglie di Berlusconi ha atteso fino a qualche settimana fa che il ma­rito le facesse una proposta ac­cettabile, intanto è andata in Cina a visitare i luoghi dove re­sterà a fare esperienza per i prossimi mesi il figlio Luigi e ha lasciato che Barbara, su Va­nity Fair , facesse sapere: pri­mo, che il suo sogno è guidare la Mondadori; secondo, che non ci sarà nessuna lotta «se papà sarà giusto ed equo».

Tradotto in una piattaforma contrattuale, per dir così, tut­to questo significa?
Che, se vuole la separazione consensuale, il presidente del Consiglio deve abbandonare l’idea di dividere il suo patri­monio in due parti, lasciando Mondadori, Mediaset e Medu­sa ai due figli di primo letto (Marina e Piersilvio) e accon­tentando i tre figli di secondo letto (quelli di Veronica) con le partecipazioni residue, roba che non dà emozioni e non ha speranze di sviluppi futuri, ro­ba ferma: case, partecipazioni finanziarie, soldi, qualche po­sto di prestigio (e basta) in so­cietà nelle quali decidono tut­to gli altri. Veronica vuole che il patrimonio sia diviso in cin­que parti e che partecipazioni «belle» – per dir così, come quelle che permettono di con­trollare televisioni, libri e gior­nali, siano date in godimento anche ai tre figli suoi. Altri­menti ci saranno i tre milioni e mezzo di assegno al mese. E al­tre cattiverie difficili persino da immaginare. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/11/2009]