Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  novembre 30 Lunedì calendario

In Svizzera non si potranno costru­ire minareti e la cosa è abbastanza clamorosa perché fino a ieri tutti si dicevano sicuri che il referendum sulla questione sarebbe stato boc­ciato

In Svizzera non si potranno costru­ire minareti e la cosa è abbastanza clamorosa perché fino a ieri tutti si dicevano sicuri che il referendum sulla questione sarebbe stato boc­ciato. Si davano persino le percen­tuali: 53% ai no (no al divieto, cioè), 47% ai sì. I sì hanno invece raccolto il 57,5% dei voti, vincendo in 22 Cantoni su 26. La consulta­zione ha assunto un significato particolare anche per via della boc­ciatura dell’altro referendum che chiedeva il divieto di esportare ar­mi, promosso da una trentina di sigle fra partiti di sinistra, ecologi­sti, sindacati, organizzazioni paci­fiste per la difesa dei diritti umani, femministe eccetera. Ha risposto di no il 67,9% degli svizzeri.

Il minareto sarebbe la mo­schea?
No, il minareto è quella torre che si trova attaccata alla moschea e dalla quale il muezzin chiama i fe­deli alla preghiera. In Svizzera ce ne sono quattro e non saranno de­moliti dopo il voto di ieri. In Italia ce ne sono due: uno a Segrate e l’altro a Roma. Del resto, in Italia sono due anche le moschee, dopo l’abbandono di quella di Catania.

Sapevo che eravamo invasi dalle moschee.
No, quelli sono locali riadatta­ti per la preghiera, ex capanno­ni industriali, garage, magazzi­ni. Potremmo chiamarli musal­le , italianizzando il termine musalla, che significa oratorio, luogo dove si prega. Un censi­mento uscito da pochi giorni dice che le musalle sono 747. il numero più basso in Europa.

Gli svizzeri invece...
In Svizzera, tra musalle e mo­schee, ci sono 200 luoghi di cul­to riservati all’Islam. C’era il pro­getto di costruire due minareti, uno a Will e l’altro a Langen­thal, ma dovranno essere abban­donati. Il referendum svizzero non è abrogativo, come da noi, ma propositivo. Adesso dovran­no aggiungere un terzo comma all’articolo 72 della loro Costitu­zione, quello che regola – sen­za nessuna enunciazione di principio – i rapporti fra lo Sta­to e le Chiese. Questo terzo com­ma sancirà che in terra d’Elve­zia minareti non se ne possono costruire. I musulmani svizzeri vengono quasi tutti dai Balcani, Kosovo, Albania, Bosnia, e non sono troppo praticanti. Ieri sera si sono letti una quantità di com­menti negativi al risultato refe­rendario, con l’eccezione della Lega che ora chiede l’inserimen­to della croce nella bandiera ita­liana. L’argomento, eliminando gli aggettivi, è più o meno sem­pre quello: si limita la libertà di culto e di religione di 400 mila persone, il 4% della popolazio­ne. Il presidente dei Verdi sviz­zeri, Ueli Leuenberger, ha fatto la dichiarazione più dura: «I mu­sulmani non hanno ricevuto so­lo una sberla, ma addirittura un pugno in faccia». I Verdi stanno pensando di ricorrere alla Corte europea dei diritti umani, lo stesso tribunale che ci ha vieta­to di esporre i crocifissi in clas­se. Anche i vescovi svizzeri han­no commentato il voto con ama­rezza: «La vittoria del sì è un ostacolo sulla via dell’integra­zione e del dialogo interreligio­so nel mutuo rispetto. Non ab­biamo saputo rispondere ad al­cune paure legate all’integrazio­ne di diverse religioni e culture in Svizzera». E questo è vero, il referendum ha dato voce a un’inquietudine che ci riguarda tutti. Questo però dovrebbe es­sere un problema anche dei mu­sulmani. Come mai non ci fidia­mo di loro? Dovrebbero farsene un cruccio, mi pare.

Lei che risposta si dà?
In generale – a parte gli shahid e la guerra santa, che so­no problemi non da poco – l’Islam non è tollerante nei con­fronti delle altre religioni e me­no che mai nei confronti delle religioni cristiane. In troppi Pa­esi musulmani (a cominciare dall’Arabia Saudita) non si pos­sono costruire chiese e non si possono praticare culti non isla­mici neanche nel chiuso della propria casa. Nei matrimoni mi­sti, sempre più frequenti, il co­niuge non musulmano deve convertirsi all’Islam e accettare che i figli siano educati sul Cora­no. Se un musulmano si conver­te, è meglio che tenga la cosa segreta per non subire aggres­sioni. I leader delle comunità musulmane più attive chiedo­no di continuo che vengano am­messi velo e burqa, la non-par­tecipazione ai corsi di nuoto, la macellazione rituale, i cimiteri separati, la non mescolanza nel­le cure ospedaliere, la creazio­ne di tribunali religiosi musul­mani. La campagna dell’Udc svizzera – più a destra della no­stra Udc – è nata anche come risposta a queste pressioni, che fanno paura là, qua e nel resto d’Europa. Nei manifesti dei re­ferendari, il minareto era rap­presentato come un missile piazzato accanto a una donna avvolta in un burqa nero.

E la libertà religiosa? E la pos­sibilità di chiamare i fedeli alla preghiera?
La libertà religiosa resta garanti­ta dall’articolo 15 della loro co­stituzione e non ha bisogno del minareto. I fedeli alla preghie­ra, nell’anno 2009, si possono chiamare con un sms. Di recen­te i minareti sono stati contesta­ti persino in Egitto. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 30/11/2009]