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 2009  dicembre 03 Giovedì calendario

Il ministro dello Sviluppo econo­mico, Claudio Scajola, dice che il presidente della Camera, Gian­franco Fini, è fuori dalla linea del Popolo della Libertà

Il ministro dello Sviluppo econo­mico, Claudio Scajola, dice che il presidente della Camera, Gian­franco Fini, è fuori dalla linea del Popolo della Libertà. Le paro­le precise sono queste: «Le dichia­razioni di ieri dimostrano una volontà e un’azione che è diversa dalla considerazione e dalla li­nea del Popolo della Libertà. Cre­do che ognuno debba mantenere la propria coerenza fino in fon­do. Si discuta pure, ma la linea deve valere per tutti. Da troppo tempo ci sono dei distinguo fuori dalla linea del programma».

Quali sono «le dichiarazioni di ieri»?
Prima di tutto il cosiddetto «fuo­ri onda», messo da Repubblica sul suo sito. Siamo alla giorna­ta conclusiva del Premio Borsel­lino, lo scorso 6 novembre, e un giovane in piedi sul proscenio sta parlando al microfono. In­tanto, al tavolo della presiden­za, Fini chiacchiera col procura­tore capo di Pescara, Trifuoggi. Sottovoce, ma non così sottovo­ce che la conversazione non venga registrata. Fini dice, tra l’altro: «Il riscontro delle dichia­razioni di Spatuzza speriamo lo facciano con scrupolo perché è una bomba atomica». Poi: «L’uomo (cioè Berlusconi, ndr) confonde il consenso popolare, che ovviamente ha e che lo legit­tima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di garan­zia e di controllo. Siccome è eletto dal popolo, confonde la leadership con la monarchia as­soluta... Poi in privato gli ho detto ’Ricordati che gli hanno tagliato la testa a... (dovrebbe essere Luigi XVI, ma non si capi­sce, ndr ) quindi statte quieto’». In serata il presidente della Ca­mera ha telefonato a Ballarò: «Sono convintissimo che Berlu­sconi non c’entri nulla con la mafia, cosa che gli ho detto sia in pubblico che in privato. Ber­lusconi ha il dovere di governa­re poiché è stato scelto dal po­polo. Ma ha anche il dovere di rispettare gli altri poteri: ordi­ne giudiziario, Parlamento e tutti gli organi di garanzia e la Corte costituzionale».

Chi è Spatuzza?
Un pentito di mafia. Stava nel gruppo che sciolse nell’acido il bambino Di Matteo. Sono filtra­ti verbali dei suoi interrogatori, dai quali risulterebbe che accu­sa Berlusconi e Dell’Utri di esse­re – in qualche modo – i man­danti delle stragi di mafia del ”93 (a Firenze, Roma e Milano, e il fallito attentato allo stadio Olimpico). Le dico subito che ho letto queste rivelazioni. Se la magistratura agisce contro qualcuno sulla base di ciò che ho letto io, stiamo freschi. Spa­tuzza deporrà comunque doma­ni a Torino, al processo d’appel­lo al senatore Marcello Del­­l’Utri, condannato a 9 anni in primo grado per concorso ester­no in associazione mafiosa. Spatuzza sostiene che negli an­ni delle stragi era in piedi una trattativa mafia-Stato. Le stra­gi, secondo lui, erano il modo con cui i boss facevano pressio­ni sullo Stato. Ricordo che a quell’epoca Berlusconi non era ancora sceso in campo e che il concorso esterno in associazio­ne mafiosa nei nostri codici non esiste. Nel 1996 Folena – diessino – propose una legge per impedire ai magistrati di usare questa dicitura. Idem l’al­tro diessino Giuliano Pisapia, nel 1996. Tutti e due invano?

Fini?
Fini dice cose normalissime: Berlusconi deve rispettare tutti i poteri dello Stato, che sono a garanzia di tutti. In questo mo­mento, però, frasi così vanno contro Berlusconi, che vuole il processo breve e ha tenuto un vertice di partito, l’altro giorno, per sancire che chi non sta con lui (cioè completamente con lui) è fuori. Quindi: o di qua o di là. Le parole di Scajola ribadi­scono il concetto. Le agenzie, ie­ri, ipotizzavano che il senso di queste dichiarazioni del mini­stro dovesse essere questo: Fi­ni, a questo punto dimettiti da presidente della Camera.

Potrebbe cadere il governo?
Il Sole 24 Ore ha calcolato che i finiani sono 50 alla Camera e 25 al Senato. Se fosse vero, baste­rebbero per far evaporare la maggioranza di Berlusconi, mentre quella in Sicilia, forma­ta da Mpa e Pdl, si è già dissol­ta, su ammissione del governa­tore Lombardo. Un qualche in­toppo sull’iter del processo bre­ve o le eventuali rivelazioni di Spatuzza domani, con annesse, possibili iniziative dei giudici (si è addirittura ipotizzato, ol­tre all’avviso di garanzia, il se­questro dei beni del Cavaliere, in quanto supposto frutto di at­tività criminosa), potrebbero far precipitare la situazione. Berlusconi impedirebbe di dar l’incarico di formare il governo a qualcun altro, facendo dimet­tere tutti i suoi parlamentari e costringendo così Napolitano a sciogliere le Camere.

Fini correrebbe da solo?
Mannheimer gli attribuisce un 6% dei suffragi. Potrebbe an­che allearsi a Casini-Rutelli. A Berlusconi sarebbe impedito di adoperare il simbolo Pdl. Quan­do il partito venne fondato, do­po il famoso discorso del predel­lino, Fini e il Cavaliere fecero insieme le carte dal notaio: il nome e il logo appartengono a tutti e due. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 3/12/2009]