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 2009  dicembre 07 Lunedì calendario

Tutti gli anni, arrivati al 7 dicembre, facciamo il pezzo sulla prima della Scala.
• Tutti gli anni io le domando perché la prima della Scala è tanto importante

Tutti gli anni, arrivati al 7 dicembre, facciamo il pezzo sulla prima della Scala.


Tutti gli anni io le domando perché la prima della Scala è tanto importante. 


E tutti gli anni io le rispondo: «E’ la Scala che è importante, innanzi tutto. Al mondo ci sono altri teatri lirici di prima grandezza, per esempio il Metropolitan di New York o il Covent Garden di Londra. Ma nessuno ha il curriculum della Scala. Qui sono andate in scena un mucchio di prime assolute. Gliene dico solo alcune: La gazza ladra di Rossini, Norma di Bellini, Nabucco, Otello e Falstaff di Verdi, Gioconda di Ponchielli, Madama Butterfly e Turandot di Puccini. Madama Butterfly fece un tonfo di cui si parla ancora. Puccini, amareggiatissimo, rimise mano all’opera, tagliò, aggiustò e rifece un’altra prima, stavolta però a Brescia, che fu trionfale. In un certo senso, Madama Butterfly è stata scritta anche dal pubblico della Scala. qui che Toscanini, col famoso concerto dell’ 11 maggio 1946, annunciò non solo ai milanesi, ma a tutto il Paese che la guerra era finita e si doveva ricominciare. La Scala era stata bombardata nella notte tra il 15 e il 16 agosto del 1943 e, appena rimosse le macerie e sistemato un po’ il tetto, ci suonarono la Quinta di Bruckner e l’ouverture del Coriolano di Beethoven, a cielo aperto e con sedie qualunque su cui sedettero numerosissimi gli spettatori. Dentro di me ho sempre considerato questo episodio – di Beethoven eseguito in un teatro privo di tetto –  simile a quello che si racconta di certi prigionieri, i quali resistono agli orrori della cella imponendosi di stare in ordine, di farsi la barba, di indossare – se gli è concesso – il vestito migliore, rifiutandosi cioè di abdicare alla propria dignità. Così la Milano del ”44 volle ascoltare Beethoven, nonostante ci fosse ben altro a cui pensare. E Toscanini, quando nel ”46 entrò nel teatro ricostruito, esclamò: ’L’acustica è identica a quella di prima’. Non era vero, ma bisognava, appunto, ricominciare. E quella bugia, detta alla Scala, ci aiutò a farci coraggio» .




Quest’anno? 


La Carmen
di Bizet ( in diretta Sky per tutti gli abbonati dalle 17.30).




Ancora? Ma non si potrebbe qualche volta andare con qualcosa di più nuovo?
La regia si annuncia rivoluzionaria. Forse anche troppo rivoluzionaria. stata affidata a Emma Dante, una palermitana di 40 anni, che ha sempre fatto un teatro estremo, colorato, passionale, folle. Ha subito fatto sapere di non aver mai fatto una regia lirica e di non aver mai messo piede alla Scala. Questo ha attirato su di lei i giornalisti di mezzo mondo. La Dante ha annunciato – esteticamente parlando – degli autentici sfracelli. La tragedia di Carmen, ammazzata alla fine da don José, si svolge in un «paese immaginario, immerso nella religiosità e nella superstizione, affollato di croci, chierichetti, sacerdoti, ex voto, arredi sacri che tentano di ghermire la laica e libera Carmen che pure non è vestita da zingara ma da suora, come le sigaraie che vivono ammassate in una fabbrica monastica e carceraria». Carmen, se qualcosa non verrà cambiato all’ultimo momento, «sarà seguita per tutta la rappresentazione da una bara affiancata da cinque prefiche velate che alla fine accoglieranno il suo corpo esanime».




Che cosa sono le prefiche?
Le donne che venivano assoldate per piangere e disperarsi intorno al cadavere, nel corso della veglia funebre, e poi dietro alla cassa durante la cerimonia. Queste apparenti stravaganze hanno già superato una prova difficile: l’anteprima riservata ai giovani, che ha avuto luogo venerdì scorso. I ragazzi sono venuti in scarpe da tennis o mettendosi la cravatta con Topolino, ma hanno poi ascoltato, stando in piedi e tutti seri, l’inno nazionale e si sono spellati le mani alla fine. Il «Sud dell’anima» messo in scena dalla Dante è piaciuto. Le dico però che questa attenzione spasmodica per la regia è alla fine esagerata.




Perché? 


Bisogna concentrarsi piuttosto sulla giovane ragazza di 25 anni che canta Carmen. Una sconosciuta dal nome impronunciabile: Anita Rachvelishvili. Viene da Tbilisi, la capitale della Georgia. I suoi per farla arrivare a Milano, dove aveva vinto il concorso per l’Accademia, ipotecarono la casa. Alla Scala si studia con una borsa, ma la famiglia non aveva i soldi per il biglietto aereo. Dice Anita: «E’ capitato spesso che non avessimo di che mangiare. Ci vestivamo come si poteva, indossando anche gli abiti dei nonni. Per sopravvivere i miei genitori hanno dovuto rinunciare alla loro professione. La mamma è parrucchiera ma sarebbe una ballerina. Papà è capocantiere ma sarebbe un compositore». Stasera, facciamo il tifo soprattutto per lei. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 7/12/2009]