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 2009  dicembre 10 Giovedì calendario

Le Borse mondiali sono depresse, nei giorni scorsi hanno preso parecchie sberle e ieri non riuscivano a ti­rarsi su

Le Borse mondiali sono depresse, nei giorni scorsi hanno preso parecchie sberle e ieri non riuscivano a ti­rarsi su. Milano, Francoforte e Parigi’ 0,7, Londra -0,3. Wall Street è partita in ribasso, poi è andata sopra zero, ha infine oscillato per tutta la seduta, in­certa sul da farsi. un anda­mento sconsolato, al quale ha cercato di opporsi Barack Oba­ma con un discorso entusiasta, sostenendo che la crisi è alle spalle grazie alla politica del go­verno, adesso si tratta solo di ri­creare posti di lavoro, eccetera.

Lo dice anche Berlusconi.
Dicono bugie tutti e due. La cri­si non è alle spalle, ma sola­mente (e parzialmente) sospe­sa. Siamo nella situazione del­l’azienda che non avendo i sol­di per pagare i dipendenti o i fornitori, se la cava momenta­neamente con un prestito. Non ha risolto i suoi problemi, è chiaro: ha solo acquistato del tempo e col tempo la possi­bilità che le cose si risolvano in qualche modo prima che sia troppo tardi. Nel nostro caso il tempo al mondo in crisi lo han­no concesso i governi, e con grande generosità. Ma la cosa non è senza pericoli. Ieri il Wall Street Journal ha dedica­to un articolo ai prossimi, pos­sibili crack. Che riguardano in­fatti gli Stati.

La Grecia, Dubai... Vero?
Vedo che ne ha sentito parlare anche lei. Aggiungerei alla li­sta San Marino, che sarà mi­croscopico, però sta in casa no­stra. Ieri Tremonti gli ha con­cesso una proroga fino al 30 giugno: ci sarà tempo fino a quella data per far rientrare i capitali evasi, cioè, come or­mai si dice con neologismo or­rendo, per «scudare». A quello che si sa, Delta, la finanziaria controllata dalla Cassa di Ri­sparmio di San Marino, sareb­be rimasta letteralmente sen­za soldi se non ci fosse stata la proroga dello scudo. La Delta opera in Italia con 25 società che impiegano un migliaio di dipendenti. Di due di queste si sa che perdono 12 milioni e mezzo. Una se la potrebbe comprare l’Eni, l’altra Intesa. Ma né l’Eni né Intesa sembra­no troppo vogliosi. Quanto al­la Grecia, ieri il loro ministro delle Finanze, Papacostanti­nou, ha detto che non c’è ri­schio di fallimento, che non si aspetta nessun salvatore, il Pa­ese ce la farà da solo, eccetera eccetera. Preparano un piano quadriennale che ci faranno conoscere a gennaio. La Gre­cia fa parte della Ue e quindi sarà salvata in ogni caso dal ri­schio- default (il modo moder­no per dire fallimento) con i nostri soldi. Ieri la Germania, che non ha nessuna voglia di pagare per gli altri (la Merkel, qualche mese fa, ha garantito tutti i depositi bancari tede­schi), ha fatto sapere che «il go­verno di Atene dovrà prende­re misure aggiuntive». C’è infi­ne il caso Dubai, il cui elemen­to più preoccupante è la man­canza di informazioni. L’emi­ro non permette a nessuno di guardare nei suoi conti e s’è fatto prestare i soldi pratica­mente sulla parola. L’entità del buco cresce però ogni gior­no. Ieri stavamo a una quaran­tina di miliardi di dollari su un indebitamento complessivo che supera i cento miliardi.

Vabbè, capisco che sono brut­te storie. Però potrebbe trat­tarsi di focolai isolati, residui di una malattia che è comun­que passata?
Potrebbe essere così. E potreb­be pure non essere così. Il go­vernatore della banca d’Italia, Mario Draghi, s’è lasciato in­tervistare dal Wall Street Jour­nal e ha detto cose abbastanza tremende. Ha ricordato che la grande liquidità messa in cir­colazione dagli Stati obblighe­rà prima o poi ad alzare i tassi d’interesse. Non si può fare adesso, con i dati dell’occupa­zione così negativi. Ma un gior­no accadrà e per i debitori (gli Stati e le banche) sarà un brut­to momento. «Se si considera che i debiti bancari sono del­l’ordine di trilioni, ai quali bi­sogna aggiungere il debito pubblico, allora potrebbe ma­terializzarsi un rischio per il debito sovrano». Parliamo per esempio del debito inglese, che potrebbe essere declassa­to prima del 2013. Una misura che, secondo gli analisti, obbli­gherebbe il Regno Unito ad ab­bandonare la sterlina e adotta­re l’euro. Draghi ha anche sot­tolineato che «ci sono quattro trilioni di dollari di debito pri­vato di bassa qualità garantito da proprietà edilizia, che è un assett soggetto a perdite di va­lore, destinati a venire a matu­razione nei prossimi cinque an­ni ». un debito che i soggetti interessati saranno in grado di rimborsare? E per quanto tem­po gli istituti di credito potran­no taroccare i loro bilanci ri­nunciando a svalutare quello che c’è da svalutare?

Che diamine sono i trilioni?
Milioni di miliardi.

L’Italia?
Alla fine, è quella che sta me­glio di tutti. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/12/2009]