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 2009  dicembre 11 Venerdì calendario

Ieri a Oslo Barack Obama ha ri­tirato il Nobel per la Pace e ha pronunciato, co­me è ormai sua abitudine, un gran discorso

Ieri a Oslo Barack Obama ha ri­tirato il Nobel per la Pace e ha pronunciato, co­me è ormai sua abitudine, un gran discorso. Però in un’atmo­sfera nervosa, che non era la so­lita. Davanti al suo albergo sta­vano accampati pacifisti con cartelli anti-guerra, il selciato era pieno di scritte ecologiste, il quotidiano Aftenposten ha giu­dicato male la mancata colazio­ne con il re, definendola «un ge­sto di arroganza». I norvegesi si sono detti parecchio infastiditi anche dal servizio di sicurezza Usa «che per garantire il Nobel per la Pace ha riempito di fucili la città».

La popolarità di Obama è in ca­lo?
I sondaggi negli Stati Uniti di­cono che solo il 28% degli ame­ricani trova giusto il Nobel per la pace al Presidente. Se si con­sidera il solo elettorato repub­blicano questa percentuale scende addirittura all’8%. Per­mane una sensazione che è an­data consolidandosi negli ulti­mi mesi: Barack è uno straordi­nario suscitatore di speranze, il dubbio è che poi a queste spe­ranze segua poco o niente. Questo mentre i problemi ere­ditati da Bush risultano enor­mi: non solo le due guerre, ma ovviamente anche la crisi.

Il presidente non ha affronta­to tutte e tre le questioni?
Sì, ma per quanto riguarda l’Afghanistan ha deciso un au­mento del contingente di 30 mila uomini e questo a pochi giorni dalla consegna del No­bel. Circostanza che ha per­messo a Fidel Castro di ironiz­zare pesantemente sulla Casa Bianca («Al di là delle parole, siamo rimasti all’epoca di Bu­sh »). vero che ha promesso l’inizio del ritiro dal 2011, però con tempi non sicuri perché tutto dipenderà dallo stato del­le forze afghane e cioè se sa­ranno in grado o no di farsi ca­rico della situazione militare e della sicurezza. Obama non vuole andarsene nemmeno dall’Iraq da sconfitto. quello che lui chiamava già in campa­gna elettorale «ritiro responsa­bile ». Lei capisce che, con que­sta logica, si potrebbe comple­tare il ritiro anche nel 2020 o nel 2030. Ma c’è poi un altro punto relativo all’aumento del contingente: Peter Orzsag, di­rettore dell’Office of Manage­ment della Casa Bianca, ha cal­colato che ogni soldato manda­to in Afghanistan costa un mi­lione di dollari. Trentamila sol­dati significano perciò 30 mi­liardi di dollari l’anno di spese in più. E questo mentre c’è la crisi. Lei capisce che lo scettici­smo montante intorno al Presi­dente ha una sua ragion d’esse­re.

Com’è stato questo discorso di accettazione del premio?
«So che altri avrebbero merita­to questo premio più di me» ha detto all’inizio e si è subito messo al centro della contrad­dizione che lo vuole premiato a Oslo e nello stesso tempo pro­tagonista di due guerre in cor­so, per una delle quali ha addi­rittura deciso un maggior im­pegno. «Il male esiste, la pro­mozione dei diritti umani non può essere solo un’esortazio­ne. La dura verità è che non sradicheremo i conflitti violen­ti nel corso della nostra vita. Ci saranno momenti in cui le nazioni, da sole o di concerto, troveranno l’uso della forza non solo necessario ma moral­mente giustificato».

Ha l’aria di un discorso alla Ge­orge W. Bush. Non è con argo­menti di questo genere che l’ex presidente andò a cercar guai in Iraq?
Obama ha ricordato la Secon­da guerra mondiale, un esem­pio di guerra giusta. Anzi: « difficile immaginare una guer­ra più giusta» in cui però «il nu­mero totale dei civili che sono morti ha superato il numero delle vittime tra i soldati». Ed è anche vero che «la violenza non crea mai pace duratura, io sono la testimonianza vivente della forza morale della non violenza. Non c’è nulla di inge­nuo o passivo nel credo e nelle vite di Martin Luther King e di Gandhi, però non posso essere guidato solo dai loro esempi. Vedo il mondo per quello che è e non posso rimanere fermo di fronte alle minacce verso il popolo americano. Il male esi­ste nel mondo. Un movimento non violento non avrebbe fer­mato Hitler. I negoziati non possono convincere i leader di Al Qaeda a deporre le armi. Di­re che la forza a volte è neces­saria non è un incitamento al cinismo – è il riconoscimento della storia. Dell’imperfezione dell’uomo e dei limiti della ra­gione » .

Purissimo Bush, direi.
Lei esagera. Però su Hitler il presidente ha ragione: il Mahatma aveva consigliato agli inglesi di lasciarsi invade­re dai nazisti e di soggiogarli poi con la forza spirituale. Una strategia che avrebbe senza dubbio portato alla catastrofe. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 11/12/2009]