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 2009  dicembre 19 Sabato calendario

La conferenza di Copenaghen sul clima ha partorito un pri­missimo risultato proprio in chiusura dei lavori, ieri verso le 22

La conferenza di Copenaghen sul clima ha partorito un pri­missimo risultato proprio in chiusura dei lavori, ieri verso le 22. Il presidente degli Stati Uni­ti Barack Obama, infatti, ha trovato un’intesa con il premier cinese, Wen Jabao, quello india­no, Manmohan Singh e il lea­der sudafricano Jacob Zuma. L’accordo, come hanno riferito a caldo fonti americane, non è sufficiente per combattere la mi­naccia del surriscaldamento del pianeta, ma è un importan­te primo passo». Insomma par di capire che nessun Paese può essere pienamente soddisfatto. Ma ci troviamo di fronte ad una nuova base sulla quale tentare di costruire in futuro.

Qual è il vero nodo?
Sostanzialmente è questo: il presidente degli Stati Uniti, qualunque cosa prometta, ha bisogno poi di un’approvazio­ne del Congresso. Nessun Par­lamento al mondo farebbe pas­sare un accordo in cui il pro­prio Paese si impegna a spen­dere qualcosa ma gli altri pro­mettono senza dare alcuna ga­ranzia di mantenere. In que­sto caso: gli americani voglio­no che i cinesi si facciano ispe­zionare in modo che si possa controllare se stanno riducen­do le emissioni o no.

Sa che non ho capito niente?
Uffa. Perché i rappresentanti di cento e passa Paesi sono riu­niti a Copenaghen?

L’inquinamento?
Ma lei è sciatto! Un congresso di scienziati con delle teste grandi così ha stabilito che l’uomo, con le sue industrie e il suo modo di vivere, emette troppi gas serra. I gas serra ispessiscono, secondo questi cervelloni, la cappa che circon­da il pianeta e contribuiscono a riscaldare i mari e il resto. Bi­sogna perciò diminuire l’emis­sione di questi gas serra. Cioè le industrie devono lavorare in un altro modo e noi dobbia­mo vivere in un altro modo. Proprio l’altro ieri è stato diffu­so il solito rapporto riservato, messo giù dalle Nazioni Unite, secondo cui continuando così la temperatura terrestre au­menterebbe di 3 gradi entro la fine del secolo, con conseguen­ze terribili per tutti quanti, moltiplicazione degli affamati (+550 milioni), carestie, 170 milioni di disperati per via del­le inondazioni, eccetera. Ora. I paesi in via di sviluppo dico­no: voi che avete raggiunto un certo livello volete porre dei li­miti proprio adesso che noi sia­mo impegnati a raggiungere il vostro stesso tenore di vita, cioè volete impedire a noi di svilupparci? In testa a questo gruppo ci sono i cinesi che ma­novrano a loro piacimento, contro gli Stati Uniti e il blocco occidentale, i paesi africani. I cinesi hanno l’Africa dalla loro perché le finanziano (e le schiavizzano) senza riserve, in cambio delle materie prime del continente. In definitiva tutta la faccenda di Copena­ghen dipende dall’accordo tra Stati Uniti e Cina, il famoso G2. Se si mettono d’accordo lo­ro, gli altri seguiranno.

L’Europa?
Non ha una posizione condivi­sa da tutti, quindi non ha una posizione. Obama ha fatto il grande, parlando di 100 miliar­di di dollari da mettere a dispo­sizione del Paesi in via di svi­luppo che fossero disponibili a limitare le loro emissioni. Ha a sua volta promesso che gli Sta­ti taglieranno le loro emissioni del 17% entro il 2020 e di oltre l’80% entro il 2050. La bozza su cui gli americani vorrebbe­ro impegnare tutti quanti di­ce: per i Paesi ricchi, taglio del­le emissioni dell’80% entro il 2050 (prendendo come punto di partenza le emissioni del 1990). Nello stesso tempo i pa­esi non-ricchi dovrebbero ta­gliare le loro emissioni del 50%. La Cina ha detto che è troppo e che non ci sta. Poi Obama vorrebbe che questi ta­gli venissero controllati da ispettori internazionali, che andrebbero quindi a curiosare nelle fabbriche cinesi. Pechino ha risposto di no. Cina, Russia, Brasile e Africa stanno con i ci­nesi. D’altra parte Obama non può prendere nessun impegno che poi sarà non sarà approva­to dal Congresso. Quindi: non si va da nessuna parte, come aveva del resto previsto anche la Merkel prima di lasciare la Germania.

Però cento miliardi da girare ai paesi in via di sviluppo non sono pochi. Non gli bastano?
Piano: intanto all’inizio sareb­bero 10 miliardi che poi verreb­bero aumentati fino a 100 en­tro il 2020. Poi mica sono soldi che metterebbero gli america­ni: gli americani contribuireb­bero per una parte e il resto do­vrebbe essere coperto dagli al­tri Paesi ricchi (tra i quali l’Ita­lia). E con che sistema sarebbe­ro raccolti questi soldi? Tasse? Mmmmh. Gliel’ho detto fin dall’inizio: raggiungere un ac­cordo a Copenaghen è talmen­te difficile che sarebbe più sem­plice dire che è impossibile. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/12/2009]