La Gazzetta dello Sport, 2 gennaio 2010
Quest’anno Napolitano ha parlato quattro minuti più dell’anno scorso, 19 contro 15.• Che ne pensa?Discorso di circostanza, reazioni (plaudenti) di circostanza

Quest’anno Napolitano ha parlato quattro minuti più dell’anno scorso, 19 contro 15.
• Che ne pensa?
Discorso di circostanza, reazioni (plaudenti) di circostanza. Il presidente è super partes, questo gli impedisce di mostrarci un profilo interessante. Nel sermone di fine anno hanno sempre un po’ ragione sia questi che quelli. Il paese è in crisi, ma reagisce. I giovani sono bravi, il Sud è importante, il Paese è unito, bisogna essere solidali, bisogna fare le riforme però tutti d’accordo, la crisi c’è ma abbiamo reagito bene, adesso si tratta di reagire meglio, e di crescere. Eccetera, eccetera. In un certo senso le avrei potuto proporre questo riassuntino prima che il discorso andasse in onda.
• Un po’ sbrigativo, no?
Okay, andiamo a cercare il pelo nell’uovo. La parola più pronunciata è “giovane” considerando naturalmente tutte le accezioni: “giovane”, “giovani”, “giovanile” eccetera. Napolitano l’ha detto undici volte. Al contrario la parola “anziano” è stata pronunciata due sole volte (“vecchi, vecchio” mai). Diciamo che qui il presidente, all’apparenza talmente equilibrato da apparire in bilico, ha messo un piede in fallo e mi permetto di dire persino gravemente: la maggior parte di quelli che lo ascoltavano la sera del 31 erano anziani. In Italia esiste di sicuro un problema dei giovani (figuriamoci), ma è assai più grave – e lo sarà sempre di più – il problema dei vecchi. Come assisterli e curarli. Come utilizzarli, non solo per l’interesse loro, ma anche per l’interesse nostro. I vecchi sanno un mucchio di cose e, quando non sono in preda alla rabbia che tante volte gli rovina gli ultimi anni, hanno molto da insegnarci. Imperniare tutto il discorso sui giovani, invece, è un po’ stare nella scia dei nostri cari uomini-marketing, ai quali interessano gli esseri umani solo in quanto consumatori, quindi fino ai 50 anni massimo.
• Mamma mia. Altro?
La parola “Italia” e la parola “riforma, riforme” sono state pronunciate undici volte. Niente da dire su “Italia” e in fondo niente da dire neanche su “riforme”, anche se il presidente dà per scontato che le riforme ci vogliano, mentre esiste un piccolo gruppo di pensatori – capeggiato da De Rita – che ritiene le riforme, a questo punto, inutili, tanto l’Italia è ridotta in poltiglia. Napolitano però esorcizza questa visione del Paese-mucillagine e dopo aver pronunciato sette volte le parole “crisi” e “lavoro” (o “lavoratori”) è ricorso per cinque volte a “insieme” e per quattro a “solidarietà” e “unità”. Il passaggio cruciale è: «Ma come riuscirvi? (a uscire dalla crisi – ndr) Guardando con coraggio alla realtà nei suoi aspetti più critici, ponendo mano a quelle riforme e a quelle scelte che non possono più essere rinviate, e facendoci guidare da grandi valori: solidarietà umana, coesione sociale, unità nazionale». La lingua batte dove il dente duole. Siamo realmente solidali? Siamo coesi? Siamo uniti?
• Lo siamo?
Quando capita l’Aquila o qualche tragedia naturale, lo siamo. Mi permetto di dire, però, che in questi casi la solidarietà è ovvia. Andiamo invece al nocciolo del problema, cioè gli immigrati e il Mezzogiorno. Sugli immigrati: come negare che la politica dei respingimenti ha avuto effetti formidabili? I barconi, da giugno in poi, sono praticamente spariti. Il presidente, nel suo discorso, ha fatto un richiamo ai valori dell’accoglienza per i perseguitati politici. Che io leggo, in un ragionamento di 19 minuti, come una forzatura. Non siamo solidali con i rifugiati politici? I rifugiati politici hanno in genere nome e cognome. Chi non è stato accolto? Quanto al Mezzogiorno, è sicuramente vero che il Paese non può svilupparsi se non cresce anche il Sud. Quanta parte di responsabilità, però, ha anche il Sud relativamente alla propria condizione? Sia pure col garbo che gli è proprio, il Capo dello Stato una sillaba su questo punto avrebbe potuto pronunciarla.
• Mi sa che il discorso è piaciuto poco alla Lega.
Nonostante una dichiarazione di cortesia di Calderoli, l’aria è che alla Lega il discorso non sia piaciuto. Bossi non ha voluto commentare. Calderoli ha anche detto: «Chi si oppone alle riforme lo faccia alla luce del sole. Perché se la Lega vedrà qualcuno che bara, che finge di starci per poi mettere i bastoni tra le ruote, chiamerà in piazza i cittadini». Coda velenosa: «E per quelli che hanno a cuore l’unità del Paese, tanto invocata dal Presidente, ricordo che senza riforme la prima a saltare è proprio l’unità del Paese». Sta parlando del federalismo, che comincerà a essere saggiato dopo le Regionali.
• Di Pietro?
Non vuole che Napolitano firmi la riforma della giustizia a cui pensa Berlusconi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 2/1/2010]