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 2010  gennaio 04 Lunedì calendario

Americani e inglesi hanno evacuato le loro ambasciate a Sana’a, la capitale dello Yemen. Un consigliere di Obama s’è fatto intervistare dalla Cnn e ha spiegato che «vi sono segnali di un attentato pianificato contro un obiettivo» nella capitale del Paese

Americani e inglesi hanno evacuato le loro ambasciate a Sana’a, la capitale dello Yemen. Un consigliere di Obama s’è fatto intervistare dalla Cnn e ha spiegato che «vi sono segnali di un attentato pianificato contro un obiettivo» nella capitale del Paese. Anche l’ambasciata spagnola di Sana’a ha deciso di limitare l’accesso al pubblico. L’ambasciatore italiano Mario Boffo, intervistato da Sky, ha detto di essere scortato 24 ore su 24, come del resto gli altri ambasciatori in città

Non è un modo per far cantare vittoria ai terroristi?
Sì. D’altra parte, se si ha una ragionevole certezza sull’imminenza di un attentato, come lasciare sul posto decine di persone, a questo punto condannate a morte? Il Dipartimento di Stato e il Foreign Office hanno ordinato di restare a casa anche al personale locale.

Che diavolo c’è nello Yemen? Improvvisamente è al centro dell’attenzione.
Abdul Mutallab, il nigeriano del fallito attentato sul volo Amsterdam-Detroit, ha detto di essersi procurato l’esplosivo nello Yemen. In generale lo Yemen è il posto in cui ha scelto di insediarsi la nuova leadership qaedista, quella che fa capo all’improvvisamente celebre Anwar al-Awlaki. Del resto, a parte una recrudescenza l’anno scorso degli attentati ai turisti, esiste anche un appello di al Zawahiri: «Che lo Yemen diventi terra nostra!». Al Zawahiri, un gran barbone, era a capo dell terrorismo egiziano, poi s’è alleato con bin Laden ed è adesso uno dei principali leader del terrorismo islamico. Gli americani hanno messo su di lui una taglia di 25 milioni di dollari.

Perché proprio lo Yemen?
Lo Yemen ha tutte le caratteristiche per diventare il paese della jihad. Musulmano al cento per cento, governato da un presidente dittatore, Saleh, che è amico degli americani ma nei tribunali applica la sharia (e si fa eleggere col 97 per cento dei voti). Uno yemenita su due è analfabeta, il paese è povero, il petrolio c’è, ma non è abbondante. Le caratteristiche che lo rendono ottimo per l’infiltrazione fondamentalista sono due: una guerra civile permanente al nord, con i seguaci della teologia sciita-zaidita che si considerano a rischio estinzione e combattono dal 2004 per la loro sopravvivenza. Quest’estate Saleh ha intensificato l’azione contro di loro, perché il rischio, dal suo punto di vista, è la rinascita di uno Yemen del Nord. Questa guerra civile ha prodotto una quantità impressionante di profughi, in un paese che ha appena 20 milioni di abitanti. Qui la predicazione anti-americana e anti-occidentale ha una presa molto facile. Uno dei problemi di Obama, infatti, è proprio questo: un intervento americano esplicito, e sia pure condotto d’accordo col governo di Salah, può ulteriormente rafforzare il sentimento anti-occidentale di questi disperati e rendere ancora più semplice il reclutamento degli shahid. Il secondo punto di forza dello Yemen, per i qaedisti, è la sua posizione geografica: nell’angolo sinistro della penisola arabica, dunque in facile collegamento con le cellule saudite, e di fronte al caos somalo e del Corno d’Africa. Tutti i profughi delle guerre civili africane sbarcano, da una ventina d’anni, proprio qui. Ha presente poi i pirati che sequestrano le petroliere? Siamo in quel punto del pianeta. Del resto banditismo e terrorismo sono sempre stati cugini, se non fratelli.

Come si fa a intervenire in una situazione simile?
Dimenticavo di dirle che gli zaiditi del Nord sono finanziati da Teheran, un modo perfetto per chiudere il cerchio. Come si fa a intervenire? Gli americani puntano molto sui droni, cioè sugli aerei senza pilota. Ma sperano soprattutto di armare contro la jihad gli stessi yemeniti. Un anno fa sono stati mandati nel Paese i migliori agenti antiterrorismo con il compito di addestrare le forze di sicurezza. Il Pentagono ha intenzione di spendere più di 70 milioni di dollari nei prossimi 18 mesi. Gordon Brown vuole far arrivare a Sana’a 160 milioni di sterline. un po’ come in Pakistan. Avere i quaedisti in casa è un problema, ma permette di incassare un mucchio di soldi. Per alcuni il terrorismo è un affare. Il bello è che forse il vero pericolo non è neanche nello Yemen, ma addirittura in casa.

In che senso?
Il presunto nuovo capo di al Qaeda, questo Anwar al-Awlaki di cui abbiamo detto prima, in realtà è un americano, nato nel Nuovo Messico e laureato in Ingegneria civile all’Università del Colorado. La rete somala della guerra santa internazionale – come ha scritto Fausto Biloslavo – consiste in venti ragazzi americani dell’area di Minneapolis. Si tratta dei figli dei somali fuggiti nel ”91 alla guerra civile e che due anni fa hanno cominciato a infervorarsi per gli al Shabab, i giovani integralisti che in Somalia combattono nel nome di bin Laden. Eccetera. Mi creda, gli americani, gli inglesi, persino gli italiani fedeli di al Qaeda sono più di quanti si creda. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 4/1/2010]