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 2010  gennaio 24 Domenica calendario

La situazione di Haiti è questa: gli sfollati stanno manifestando da due giorni perché il governo, secondo loro, non fa niente per soccorrerli, non c’è cibo, non c’è acqua, non si sa come e quando si comincerà a vedere la fine della situazione in cui si trovano ora

La situazione di Haiti è questa: gli sfollati stanno manifestando da due giorni perché il governo, secondo loro, non fa niente per soccorrerli, non c’è cibo, non c’è acqua, non si sa come e quando si comincerà a vedere la fine della situazione in cui si trovano ora. Il bilancio della catastrofe è al momento di 111.499 morti e 193.900 feriti. Sono cifre ben lungi dall’essere definitive. I duecentomila morti sono un’ipotesi credibile.

Non riesco a credere che qualcuno sia partito per Haiti con l’intenzione di rapire bambini.
C’è la testimonianza di Guido Cornale, dell’Unicef: «Il nostro staff ha notato donne eleganti che sulla pista dell’aeroporto salivano su un aereo in compagnia di un bambino per poi scendere da sole». Venerdì scorso l’Unicef ha denunciato la scomparsa di 15 piccoli. «Si trovavano feriti negli ospedali e sono stati rapiti da sconosciuti». Esiste una tratta di essere umani che passa per la ricca San Domingo.

Quanti bambini ci sono ad Haiti? È un’isola dalla popolazione giovane?
Il 45% della popolazione (nove milioni di abitanti) è minorenne. Il 18 per cento degli haitiani ha meno di cinque anni. Un caso unico al mondo. Tanti di questi sono rimasti senza genitori, allo sbando completo. Prima del terremoto ad Haiti si contavano circa 225 mila Restavek (dal francese “resta con”), figli di disperati che vengono ceduti come domestici ai ricchi perché non possono essere mantenuti. Otto volte su dieci si tratta di bambine, perché imparano prima a occuparsi della casa. Secondo gli esperti a questo punto il fenomeno dei Restavek rischia di triplicarsi.

E i poliziotti che dovrebbero proteggerli, invece, quanti sono?
Il presidente René Preval ha detto che a Port-au-Prince ci sono 2.500 poliziotti. Mentre i delinquenti fuggiti dopo il crollo delle prigioni dovrebbero essere tremila. «E’ un problema enorme, perché per ogni piccolo boss che è uscito ci sono dieci o venti delinquenti disposti a lavorare per lui, dice Preval. In tutte le catastrofi ci sono persone che ne approfittano. Se i quartieri si organizzano per denunciare i banditi, per catturare gli sciacalli, credo che la situazione migliorerà. La nostra polizia non ha forze. Molti commissariati sono crollati. Le macchine sono quasi tutte inservibili. Anche le forze di sicurezza della missione Onu (Minustah) sono ridotte: la sede è in macerie, il comandante è morto».

I 12.500 soldati americani non potrebbero far qualcosa?
La leadership americana, benché invocata dai locali, è anche contestata dagli altri governi del mondo. Tutti pensano che, come minimo, Obama voglia ricavare dall’isola una base militare e chiudere definitivamente la partita nei Caraibi. Stanno anche arrivando aiuti per più di un miliardo di dollari, una ricchezza che può essere un pericolo se farà crescere le mafie.

Ma ad Haiti c’è il petrolio, c’è qualche risorsa importante?
No, niente. Un debito verso l’Fmi di 165 milioni che crescerà adesso di altri 100 milioni. Poi fanno un po’ di tessile. I prodotti agricoli sono tutti importati: per coltivare la terra ci vorrebbero gli attrezzi, e costano troppo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/1/2010]