La Gazzetta dello Sport, 15 febbraio 2010
Alla fine è successo quello che doveva succedere e cioè stranieri di diverse etnie che si scontrano in battaglia, la nostra polizia che fatica a riportare la calma, le strade di una nostra città che di fatto, per un buon numero di ore, non ci appartengono, italiani che vivono in Italia e all’improvviso si sentono trasferiti in una terra sconosciuta, dove si parlano lingue incomprensibili e sono in vigore leggi nuove o meglio: leggi che si credevano abrogate dalla civilizzazione, tipo quella del taglione o quella del più forte

Alla fine è successo quello che doveva succedere e cioè stranieri di diverse etnie che si scontrano in battaglia, la nostra polizia che fatica a riportare la calma, le strade di una nostra città che di fatto, per un buon numero di ore, non ci appartengono, italiani che vivono in Italia e all’improvviso si sentono trasferiti in una terra sconosciuta, dove si parlano lingue incomprensibili e sono in vigore leggi nuove o meglio: leggi che si credevano abrogate dalla civilizzazione, tipo quella del taglione o quella del più forte.
• Stiamo parlando…?
Stiamo parlando di quello che è successo l’altro giorno in via Padova, dove un egiziano è stato assassinato a coltellate da una gang di peruviani e questo ha scatenato gli africani della zona, i quali a partire dalle sei del pomeriggio e fino a notte fonda si sono dedicati alla caccia dei latini e, nel frattempo, hanno rovesciato automobili, spaccato vetrine e distrutto tutto quello che gli capitava a tiro. Il morto era un ragazzo di 19 anni, fatto fuori dopo una lunga serie di sfottò e provocazioni reciproche cominciati su un autobus. La polizia, definita eroica per l’impegno che profonde nel quartiere, ha fatto quello che ha potuto, cioè poco. Non ci sono, per una zona che ospita decine di migliaia di persone, che trenta agenti. Ma qualcosa di simile, anche se con esiti meno gravi, è successa ancora ieri.
• Sempre a Milano?
No, dalle parti di Anagni, provincia di Frosinone. Sull’autostrada, all’autogrill La Macchia, un gruppo di albanesi s’è messo a far commenti su una donna che stava in una comitiva di romeni. Ne è nata una rissa gigantesca, che gli agenti hanno sedato a fatica.
• In altri termini, a questo punto la perfieria italiana è abitata da tribù che si contendono il territorio e che sono pronte a farsi la guerra. Non s’era visto qualcosa del genere anche negli Stati Uniti? Le varie gang, eccetera? E che dire della banlieu francese?
Certo, è così. Ieri un dispaccio Ansa ci ha informato dell’esistenza di «nuclei composti da una ventina di persone o poco più, alleanze variabili e violenza cieca, che sfocia in agguati e duelli». Si tratta di gang sudamericane, la più famosa delle quali è la Ms-13 (Mara Salvatrucha), ma ci sono anche i Latin Kings, i Trinitarios, i Forever, i Chicago. Quelli che l’altra sera hanno ammazzato il giovane egiziano sarebbero proprio dei Chicago, gang considerata al momento la più calda e violenta della città, formata da giovanissimi che fanno la guerra alle gang dei più anziani. Furono membri dei Chicago, almeno nove dei quali identificati dalla polizia, ad uccidere il 7 giugno scorso un ecuadoriano di 26 anni, David Stenio Betancourt Noboa, durante un raid punitivo contro i New York al Thiny Cafè di via Brembo, nella periferia sud-est della città. Betancourt aveva detto poco tempo prima in interviste tv di volersi dissociare dalla violenza delle gang e di voler convincere molti ragazzini a fare lo stesso.
• Non esistono gang di italiani?
Finora no. Queste bande di stranieri hanno un forte senso della propria identità, accresciuto, come al solito, con riti e tatuaggi. La gang è come un club: paghi una tassa d’iscrizione settimanale e, per essere accettato, devi superare una prova. Diversi i riti a cui i giovani devono sottoporsi per farne parte: ad esempio un pestaggio per misurare coraggio, forza e resistenza. Alcuni di loro lavorano: lavori manuali, ma sempre ’in nerò, in tanti non hanno documenti e abitano da parenti o amici.
• Ma quante sono le etnie presenti in una città? E che succede se ogni etnia si fa la sua gang?
A Londra c’è un posto, chiamato Reading, dove le etnie sono almeno 140 e altrettante le lingue parlate (tra cui l’akan, il chichewa, il nahuati, il telegu, il punjabi, lo yoruba, il guarani, il temne, l’uzbeko. Noi non siamo lontani da questo livello. A Prato, dove la fanno da padroni i cinesi, si sono contate 110 lingue. Un calcolo veloce sui quattro chilometri di via Padova-viale Monza, fino al naviglio della Martesana (la zona dei disordini dell’altra sera) dà un conto di una cinquantina di etnie. Nel primo pezzo, quello più vicino a piazzale Loreto, ci sono i cinesi. Poi trovi cingalesi, romeni, egiziani, marocchini, bengalesi, peruviani, ecuadoregni, maghrebini. Spacciano a tutto spiano, naturalmente, e sfruttano le donne. Però ci sono anche 1311 imprese straniere regolarmente registrate. E 400 tra macellerie islamiche e rivendite di kebab. I due locali notturni peruviani, il Mybali e il Q, sono stati chiusi pochi giorni fa dal questore. La Lega vorrebbe che si andasse palazzo per palazzo, pianerottolo per pianerottolo, a stanare irregolari, delinquenti e clandestini e poi rimpatriarli. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 15/2/2010]