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 2010  maggio 13 Giovedì calendario

Nello stesso giorno in cui si richiede l’archiviazione per il caso Moby Prince (ma i familiari delle vittime non intendono desistere), arrivano dall’America notizie persino grottesche sulla enorme chiazza nera che è ormai penetrata nel delta del Mississippi

Nello stesso giorno in cui si richiede l’archiviazione per il caso Moby Prince (ma i familiari delle vittime non intendono desistere), arrivano dall’America notizie persino grottesche sulla enorme chiazza nera che è ormai penetrata nel delta del Mississippi. Obama già oggi fa pagare alle compagnie otto centesimi di tassa a barile e adopera poi questi soldi per tenere pulite le coste minacciate dal petrolio estratto nel Golfo del Messico. C’è ora una proposta di legge che vuole portare questo contributo a 9 centesimi, fatto che permetterebbe di avere a disposizione ogni anno 118 miliardi di dollari in più. La tassa verrebbe poi aumentata a 10 centesimi a partire dal 2017. Washington vuole anche aumentare il tetto per gli indennizzi a un miliardo e mezzo. Si stanno poi cercando soluzioni di tutti i tipi per por termine alla fuoriuscita del greggio e ieri un giornale russo, la “Komsomolskaya Pravda”, ha proposto di far sparire la chiazza con le bombe atomiche… Dice che i sovietici, quando si sono trovati di fronte alle fuoriuscite di petrolio, hanno adoperato parecchie volte questo sistema all’epoca loro. Piccole esplosioni nucleari controllate distruggerebbero la chiazza. In pratica i russi sostengono che un’esplosione nucleare sottomarina – o una serie di piccole esplosioni nucleari sottomarine – potrebbe spingere le rocce fino a chiudere le falle dalle quali fuoriesce il petrolio. Mentre propone questa idea strabiliante, il quotidiano ammette però che una volta su cinque il sistema non funziona. Non spiega tuttavia che cosa accade quando il sistema non funziona, cioè quali conseguenze possono avere in definitiva le bombe o bombette atomiche.

Sa che della Moby Prince non mi ricordo per niente?
Era un traghetto che faceva la spola tra la Toscana e la Sardegna. La sera del 10 aprile 1991, intorno alle 22.30, uscì dal porto di Livorno e andò a sbattere contro la petroliera Abruzzo dell’Eni. Il greggio fuoriuscito dalla Abruzzo in conseguenza del colpo prese fuoco e 140 persone, tra passeggeri ed equipaggio, morirono nel rogo. La procura chiede l’archiviazione perché, dopo 19 anni di indagini e processi, è sicura che quella sera vi fosse nebbia e che dell’incidente quindi non abbia colpa nessuno. I familiari delle vittime si dicono invece certi che il rogo della Moby Prince fu provocato da «qualcosa di strano», secondo loro il tempo era bellissimo e c’era però un intenso movimento di navi nel porto, navi straniere, dagli obiettivi e dai i percorsi a loro dire misteriosi. un’altra storia italiana di cui non saremo mai sicuri.

Tornando alla macchia nera americana, non dovevano mandar giù una cupola che bloccasse la fuoriuscita di petrolio?
Sì, e l’hanno calata: un immenso affare di cemento e acciaio pesante cento tonnellate, alto quattro piani e costruito nel tempo record di dieci giorni. Calato una settimana a un chilometro e mezzo di profondità, con l’obiettivo di imprigionare l’85% del petrolio in uscita dalle due falle ancora aperte (la terza falla, più piccola, è stata riparata dai quattro robot sottomarini), non ha funzionato perché in cima al dispositivo si è formato del ghiaccio. I robot adesso stanno manovrando una minicupola che dovrebbe essere posizionata in giornata. Per evitare la formazione di ghiaccio stanno pensando di ricorrere ad acqua calda e metanolo.

Quanto petrolio si riversa in mare, a questo punto?
Tra i 750 mila e il milione di litri.

Ma che succede se la falla non si riesce a riparare?
Il greggio a un certo punto evapora, ma gli ambientalisti dicono di temere le “sostanze chimiche dispersive”, che non degradano.

Però, se il petrolio evapora… Forse non è la catastrofe che si pretende, forse è solo un incidente, grave quanto si vuole, ma non irreparabile.
C’è un periodo intermedio, però, in cui i danni sono gravi. Tra l’altro qui siamo di fronte a un incidente di portata storica, non solo per la quantità di greggio sversato in mare, ma anche per la profondità del pozzo, 10.680 metri, una quota mai raggiunta prima da nessuna piattaforma. Il giacimento che si stava perforando era stimato da 4 miliardi di barili. Anche gli altri numeri sono imponenti: fino a questo momento i danni stimati sono di tre miliardi di euro e un calcolo fatto dai broker ipotizza un costo finale per la British petroleum di 12 miliardi (l’azienda avrebbe però tali livelli di fatturato da non essere in pericolo, e infatti il titolo, nei giorni scorsi, ha segnato pure qualche rialzo). In ogni caso, per i soccorsi si spendono 4,5 milioni al giorno, le barriere galleggianti sono lunghe 87 mila metri, le centinaia di navi appoggio hanno recuperato finora quattro milioni di barili di acqua e petrolio, vale a dire 636 miliardi di litri, eccetera eccetera. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/5/2010]