La Gazzetta dello Sport, 27 maggio 2010
Il Direttore è rimasto impressionato dai dati sui cosiddettei bamboccioni, ma il Rapporto Annuale dell’Istat 2009, presentato ieri alla Camera, ha un sacco di altri spunti ugualmente interessanti

Il Direttore è rimasto impressionato dai dati sui cosiddettei bamboccioni, ma il Rapporto Annuale dell’Istat 2009, presentato ieri alla Camera, ha un sacco di altri spunti ugualmente interessanti.
• Per esempio?
Per esempio la domanda di elettricità è diminuita del 6,5% e nessun numero come questo fotografa la crisi: dal 1949, quando si registrò un calo del consumo elettrico dell’8,2 per cento, non era mai successo niente di simile. Il 1949, cioè mezzo secolo fa, in pieno dopoguerra, con le fabbriche ancora in macerie e il Paese in lotta con la fame. L’Istat sostiene anche che nel 2009 il 5,7 per cento degli italiani ha avuto almeno una volta difficoltà a comprarsi da mangiare.
• I bamboccioni?
Bisognas chiamarli Neet, sigla per «Not education, employement or training», cioè uomini e donne sotto i 29 anni che non studiano, non lavorano e non fanno formazione. L’Istat dice che è colpa del sistema: i ragazzi sono così convinti che non troveranno mai niente che non intendono neanche affaticarsi a cercare. evidente che il mercato è in genere poco incoraggiante (vedremo tra un attimo i dati e le caratteristiche della disoccupazione), però è anche vero che, nonostante la crisi, qualche occasione in giro c’è. Solo che questo qualcosa corrisponde sempre meno alle aspettative dei Neet, i quali hanno altre aspettative – condivise in genere dai genitori – su quello che considerano «lavoro». Il secondo punto è che proprio questo welfare che si chiama ”famiglia” frena il raggiungimento dell’indipendenza. Perché sbattersi a fare il barista o il telefonista, quando mamma e papà mi dànno da mangiare, da dormire, qualche spicciolo e posso anche portare a casa gli amici e dormire col partner?
• E’ sicuro che «il mercato offra qualcosa?».
Non avremmo tutti questi immigrati, altrimenti. Ma è una polemica vecchia. Secondo l’Istat, nel 1983 la quota dei 18-34enni celibi o nubili che viveva in famiglia era del 49 per cento, nel 2000 era arrivata al 60,2 per cento, attestandosi al 58,6 per cento del 2009. Tra i 30-34enni quasi il 30 per cento vive ancora in casa, una quota triplicata dal 1983. Sono cambiate le motivazioni: nel 2003 la prima risposta a un’indagine Istat era quella di "permanenza scelta", adesso, in base alle risposte, la prolungata convivenza dei figli con i genitori dipende soprattutto dai problemi economici (40,2 per cento) e dalla necessità di proseguire gli studi (34 per cento); solo per il 31,4 per cento si tratta di una libera scelta. Il Rapporto attira l’attenzione sul fatto che il mercato del lavoro è estremamente avaro con i giovani: quasi la metà dei sottoinquadrati (occupati che svolgono una professione inferiore al livello di studio) sono giovani di 15-34 anni. I ragazzi rimasti disoccupati vivono per la stragrande maggioranza all’interno di famiglie che hanno due percettori di reddito. Ma cosa accadrà quando uno o entrambi questi percettori di reddito rimarranno senza lavoro? I Neet in totale sono un paio di milioni.
• E i dati sulla disoccupazione?
Intanto aumenta la percentuale dei disoccupati di lunga durata, quelli che transitano verso l’inattività assoluta (dal 37 al 44 per cento). Nel 2009 gli inattivi sono aumentati più dei disoccupati, +329.000 unità. Per ”inattivi” intendiamo quelli che, nel periodo considerato, non hanno compiuto neanche una ricerca di lavoro. Poi «i datori di lavoro si sono liberati rapidamente dei dipendenti con contratto a termine, o con contratti a progetto, o comunque atipici, i meno tutelati, e dunque i più giovani. Non è che i padri non abbiano sofferto: loro sono andati in cassa integrazione, e nel 2009 sono stati 300.000 in più. Una misura che ha arginato in qualche modo l’impennata della disoccupazione, considerato che in valore assoluto il livello di occupazione è sceso di circa un milione di entità tra l’inizio del 2008 e la fine del 2009, e che quasi il 90 per cento dell’aumento dei disoccupati nel 2009 è dovuto a persone che hanno perso il posto di lavoro. Gli ex occupati rappresentano nel complesso metà dell’intera platea dei disoccupati». Così l’Istat.
• Un minimo di buone notizie?
L’Ocse ha confermato le previsioni di crescita: +1,1% quest’anno, +1,5 l’anno prossimo (ne ha parlato anche Tremonti in conferenza stampa). Altro dato positivo e coerente col welfare familiare che abbiamo descritto sopra: il debito medio delle famiglie italiane nel periodo 2000-2008 è di oltre 30 punti percentuali inferiore al debito medio dei Paesi Ue. La ricchezza finanziaria degli italiani, pur erosa dalla crisi, è ancora pari al doppio del nostro Pil, si tratta cioè di circa 3.000 miliardi di euro. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/5/2010]