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 2010  giugno 28 Lunedì calendario

L’Ansa ha fatto il colpaccio e ha messo in rete, ieri pomeriggio, una lunga lista di beni dello Stato che, grazie al federalismo demaniale, passeranno a Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane

L’Ansa ha fatto il colpaccio e ha messo in rete, ieri pomeriggio, una lunga lista di beni dello Stato che, grazie al federalismo demaniale, passeranno a Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane. Elenco impressionante, anche se nelle settimane passate di qualche monumento o immobile presenti nelle laista s’era già parlato. Per esempio, potrebbero passare alle Regioni o agli Enti locali: a Roma il mercato di Porta Portese, il cinema Nuovo Sacher di Nanni Moretti, il museo di Villa Giulia, l’Idroscalo di Ostia (dove morì Pasolini), la facoltà di Ingegneria di San Pietro in Vincoli, un immobile in piazza delle Coppelle (dietro il Senato che in questo momento lo ha in uso), l’Archivio generale della Corte dei Conti alla Bufalotta, un complesso immobiliare alla Rustica che vale 90 milioni. Poi: i fari di Mattinata sul Gargano, di Punta Palascia a Otranto e lo Spignon di Venezia, l’isola di Santo Stefano che fronteggia Ventotene e dove è pressoché intatto il carcere in cui vennero rinchiusi tanti patrioti (diventerà hotel di lusso?), pezzi di Dolomiti (le Tofane, il Sorapis, la montagna dei Set Sass Val Parola nel Col di Lana, la Croda del Beccò a Cortina, l’Alpe Faloria, la Croda Rossa-Monte Cristallo), le Mura degli Angeli a Genova, l’ex Forte Sant’Erasmo a Venezia, il campo da golf dell’isola Albarella in Sardegna, gli isolotti vicini alla Maddalena, l’ex ferrovia della Roma-Napoli, l’ex campo prigionieri di guerra di Ragusa, partecchie case del fascio milanesi (e anche quella di Desio), molte caserme di confine, diversi terreni e fabbricati dell’isola di Palmaria vicino a Portovenere, un pezzo di spiaggia a Sapri, la spiaggia del lago di Como, gli ex aeroporti di Bresso (Milano) e Bagno Piana (L’Aquila), l’ex base missilistica di Zelo (Rovigo), i rifugi anti-aerei di Siena…

Basta, basta. Ma che se ne fanno comuni, province e regioni di queste cose?
Intanto non sono obbligati a pigliarsele. Quando la lista sarà ufficiale (entro il 21 agosto) le amministrazioni centrali che oggi le hanno in uso avranno 90 giorni di tempo per far sapere se a quei beni intendono rinunciare davvero. Dopo altri 90 giorni verrà resa nota la nuova lista, privata dei beni a cui le amministrazioni centrali non hanno voluto rinunciare. Entro due mesi, città metropolitane, comuni, province e regioni interessati dovranno far sapere che cosa vogliono e che cosa intendono fare di quello che vogliono.

Potrebbero anche vendere?
Sì, cosa che fa gridare il verde Bonelli, il quale ha annunciato un referendum per abrogare questo federalismo demaniale da lui definito ”megasvendita” e ”speculazione senza precedenti”. In teoria l’operazione di trasferimento dallo Stato alle amministrazioni periferiche è parecchio vincolato: il bene non deve essere maltrattato e va accudito e gestito in maniera ottimale. Lo Stato può intervenire in ogni momento commissariandolo. I fondi immobiliari a cui sarà attribuito il patrimonio reclamato dagli Enti Locali e dalle Regioni saranno interamente pubblici e i proventi della vendita eventuale dovranno essere destinati per il 75% a sanare l’indebitamento del bene e per la parte restante alla riduzione del debito pubblico.

Ma quanto vale tutta questa roba?
Tre miliardi e duecento milioni è il valore dichiarato, di sicuro enormemente più basso del valore reale. E che in questo momento rende allo Stato una somma ridicola, appena 189 milioni di euro. Del resto l’intero patrimonio demaniale varrebbe, secondo la stima ufficiale, 49,5 miliardi di euro. Le dico subito che anche questa mi pare una somma straordinariamente bassa. Il professor Guarino, una dozzina di anni fa, immaginò di sanare il debito pubblico italiano attribuendo a una società da costituire l’intero patrimonio pubblico, che poi sarebbe stato piazzato sul mercato. In quell’occasione la stima fu di 1500 miliardi di lire, che in quel momento bastavano a coprire tutto il nostro debito.

E come mai allora si pronunciano adesso numeri tanto bassi?
Ha detto Tremonti la prima volta che fu spiegata l’idea del federalismo demaniale: «In Italia c’è un enorme patrimonio di beni immobili: è una pazzia che sia amministrato da un ufficio a Roma dove non sanno quanto vale. giusto che lo Stato abbia beni nazionali e simbolici ma non è giusto che faccia la mano morta al contrario su beni che hanno senso solo se gestiti localmente».

Che dice l’opposizione?
Di Pietro è d’accordo, il Pd si è astenuto (e molti democratici avrebbero votato a favore). Per Bossi è un bel successo e sospetto che la lista all’Ansa l’abbiano passata i leghisti per far dimenticare al più presto la brutta storia del ministro Brancher. Solo i rutelliani dell’Api sono contrari. La Lanzillotta ha definito tutto l’affare «supermercato del patrimonio pubblico». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/6/2010]