La Gazzetta dello Sport, 3 luglio 2010
L’uomo che a Catania ha sparato su un mafioso ferendolo gravemente, ma ha poi anche colpito una studentessa alla schiena, e questa ragazza rischia adesso di rimanere paralizzata, è stato catturato ieri

L’uomo che a Catania ha sparato su un mafioso ferendolo gravemente, ma ha poi anche colpito una studentessa alla schiena, e questa ragazza rischia adesso di rimanere paralizzata, è stato catturato ieri. Si chiama Andrea Rizzotti, ha 56 anni, lavora in Comune, ma arrotonda prestando servizio presso un distributore di benzina che si trova a un passo da piazza Dante, il luogo della sparatoria. incensurato.
• Quindi, se è incensurato, le prime supposizioni, che si trattasse di un regolamento di conti tra mafiosi, sono sbagliate.
Probabilmente sì. Ma ho fatto un giro per i blog catanesi, e molti pensano che la pistola in mano a Rizzotti l’abbiano messa i mafiosi, promettendogli mari e monti per fare quello che ha fatto e per raccontare quello che poi ha raccontato. Conoscendo il nostro paese, l’ipotesi non appare purtroppo così peregrina. L’uomo è sì incensurato, ma ha un figlio che ha bazzicato brutti ambienti e questa potrebbe essere la strada che ha reso possibile il contatto con la malavita. La confessione, così come l’hanno raccontata tutti, non è proprio solidissima. Rizzotti dice che Maurizio Gravino, mafioso del clan Zuccaro, sottogruppo della cosca Santapaola, aveva avuto in passato una storia «con una sua parente» e perciò si riteneva in diritto di passare tutti i giorni a sfotterlo facendogli le corna. Mercoledì – è sempre l’arrestato che parla – Rizzotti vide o credette di vedere che Gravino aveva anche una pistola in pugno e perciò, preso da paura e rabbia, tirò fuori il suo revolver e sparò cinque colpi. Non troppo all’impazzata, perché tre proiettili andarono a bersaglio e Gravino adesso è in gravi condizioni all’ospedale. Ma due si trasformarono in pallottole vaganti, e una di queste si conficcò fra la seconda e la terza vertebra cervicale di Laura Salafia, una donna di 34 anni che aveva appena dato l’esame di spagnolo (30 e lode) e se ne usciva tutta felice dall’Università con un’amica. Non mi torna troppo neanche la storia delle beffe fatte per via di ”una parente”. Ma è adulterio quando si consuma con ”una parente”? Come mai un Gravino, mafioso di medio livello, dunque con qualche potere, sentiva poi il bisogno di sfottere un qualunque impiegato comunale benzinaio incensurato e, dunque, per la logica che anima questi signori, una nullità? E chi ha dato la pistola a Rizzotti? E perché Rizzotti se la portava dietro?
• Ma potrebbe non essere stato lui?
Credo di no, perché ha confessato e perché parecchie telecamere hanno ripreso la scena e un testimone, rimasto giustamente anonimo, ha descritto perfettamente lo sparatore: calzoncini corti di colore indefinibile, t-shirt gialla… Indumenti che sono stati trovati - lavati e ripuliti - nella villetta di Ippocampo a mare, dove l’uomo si era rifugiato. L’avvocato di Rizzotti dice che il suo cliente piange e si dispera per quei due colpi finiti in corpo alla sfortunata Salafia. Badiamo bene, che questo testimone è l’unico ad aver parlato. Gli altri, come troppo spesso in questi casi, non hanno né visto né sentito. Teniamo conto che le autorità cittadine – sindaco Stancanelli in testa – insistono nel dire che la mafia non ha messo le mani sulla città. La mafia, che purtroppo esiste, non può che provare soddisfazione per frasi simili. Ma mercoledì prossimo il ministro Maroni sarà in città per discutere della situazione, e in quell’occasione ne sapremo forse di più.
• Mettiamo che non sia mafia. Non è pazzesco che in Italia, nel 2010, ci siano ancora gli sfottò per questioni di corna che poi finiscono in sparatoria?
Pazzesco è ancora poco. Abbiamo avuto la follia del duplice omicidio dell’altro giorno, con suicidio dell’assassino, un maniaco dello stalking. E ieri è arrivata questa sentenza della Cassazione piuttosto sconcertante: se la moglie ha un carattere forte ed è capace di resistere al marito, gli eventuali maltrattamenti da parte del coniuge non sono da considerarsi penalmente rilevanti. Un uomo che era stato condannato a otto mesi per ingiurie, percosse e quant’altro, all’ultimo grado di giudizio è uscito assolto grazie a questo ragionamento.
• Mi pare difficile da capire fino in fondo.
D’altra parte le ricordo che, l’anno scorso, quando si dovette condannare il romeno che a Roma aveva ammazzato la signora Reggiani a Tor di Quinto, vennero considerate attenuanti: il fatto che fosse ubriaco; il fatto che lei avesse opposto resistenza. Devo spiegarle perché anche questi ragionamenti, fatti oltre tutto da giudici supremi, mi lasciano abbastanza senza parole?
• La donna di Catania come sta?
E’ sempre lì, nelle stesse condizioni gravi di prima. I medici sono a consulto quasi senza sosta e non hanno deciso se, come e quando converrà intervenire chirurgicamente. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 3/7/2010]