La Gazzetta dello Sport, 14 dicembre 2010
Oggi Senato e Camera votano la fiducia al governo. Ieri intanto le due assemblee hanno ascoltato un discorso di Berlusconi e discusso poi per circa quattro ore

Oggi Senato e Camera votano la fiducia al governo. Ieri intanto le due assemblee hanno ascoltato un discorso di Berlusconi e discusso poi per circa quattro ore.
• L’unica cosa che voglio sapere è se oggi va sotto oppure no.
Ah, saperlo. Naturalmente stiamo parlando della Camera, perché al Senato i dieci finiani non sono in in grado di rovesciare la situazione. Alla Camera invece ci sono 35 parlamentari del Fli e, come sappiamo ormai bene, la partita si gioca su uno o due voti di differenza. Ieri alle quattro e mezza erano in bilico sette voti: Scilipoti, Calearo, Guzzanti e i quattro futuristi Moffa, Siliquini, Polidori e Consolo. Alle 11 di ieri mattina, la Siliquini aveva annunciato che non avrebbe partecipato alla riunione serale del suo gruppo. Quasi un’ammissione di aver deciso per la fiducia. C’è stato un andirivieni continuo nello studio di Fini e alla fine s’è deciso di far arrivare a Berlusconi questa proposta: i dieci futuristi si sarebbero astenuti al Senato, se Berlusconi avesse preso l’impegno a salire al Quirinale per dimettersi. Berlusconi, naturalmente, s’è messo a ridere. Nella riunione di ieri sera allora i 35 avrebbero deciso di votare per la sfiducia. Così dicono le dichiarazioni ufficiali, ma bisogna prenderle con le molle. Moffa, il promotore della lettera-appello di domenica, pareva piuttosto incline a disertare Montecitorio, stamattina. Altro mistero è Guzzanti: il premier, nei suoi discorsi, ha detto una parola sulle privatizzazioni da fare (come chiesto dal deputato liberale) e ha annunciato una disponibilità a riformare la legge elettorale, fermi restando però questi tre principi: qualunque ritocco o cambiamento deve preservare il carattere bipolare della legge perché gli elettori – è Berlusconi che parla – devono sapere prima di andare al voto chi sarà il presidente del Consiglio, come saranno formate le alleanze di governo, il programma. Guzzanti ha detto di aver deciso in cuor suo, ma di non volerlo dire. I tre del nuovo Movimento di Responsabilità (Scilipoti, Calearo e Cesario) non devono essersi messi d’accordo perché ieri sera non avevano ancora comunicato le loro intenzioni. Ricorderà che erano uno per votar contro, l’altro per l’astensione e il terzo per il voto a favore del governo. Sapremo oggi.
• Elezioni?
Una parola che ieri è stata usata strumentalmente per incoraggiare o scoraggiare la fiducia. D’Alema ha dichiarato: se Berlusconi prende la fiducia alla Camera si va a votare, ragionamento non destituito di logica, perché anche Bossi ha ribadito ieri che con una maggioranza risicata non si può governare. Però ieri lo spauracchio delle elezioni serviva soprattutto a spaventare i 345 che, sciolte le camere, oltre a perdere lo stipendio (380 mila euro in due anni), non avrebbero neanche la pensione. Il Cavaliere infatti la parola “elezioni” non l’ha pronunciata, limitandosi, nelle due repliche, a dire che, dovesse venir meno la fiducia, «il popolo italiano quando verrà il momento saprà valutare i meriti e le responsabilità». Un piccolo slalom.
• Che ha detto, alla fine, il presidente del Consiglio?
Un discorso di 31 minuti, niente di rivoluzionario. No a una crisi al buio, che porterebbe l’Italia in una spirale negativa, chi ha perso le elezioni non può governare, è il popolo a decidere chi deve governare e ignorando questo principio si tradisce lo spirito della Costituzione, accenni al debito pubblico e al risparmio delle famiglie che ci protegge, «tutte le critiche che ho sentito sono pretestuose, generiche e qualunquiste», denuncia della demagogia di chi sale sui tetti e sobilla gli studenti, soprattutto «siamo pronti a cambiare la squadra di governo» (già nella situazione attuale ci sono in teoria undici posti da distribuire, uno dei quali da ministro). Questo impianto è stato ripreso nella replica alla Camera, dove il premier si è rivolto soprattutto alla parte moderata di Montecitorio – dunque in teoria anche all’Udc – ricordando che lui è il capo di governo col maggior indice di gradimento in Europa e che i moderati italiani chiedono non la divisione, ma l’unità del loro partito. Lista dei meriti del governo, eccetera. Berlusconi, alla fine di una giornata che deve essere stata faticosa, aveva l’aria parecchio allegra. Quando ha detto «Non è in discussione la figura del presidente del Consiglio» dai banchi dell’opposizione è partito un sarcastico «nooooo», che ha provocato una risata dello stesso premier.
• Fini oggi vota o no?
No, si astiene, inevitabilmente. I deputati passeranno sotto il banco della presidenza uno a uno e si esprimeranno pubblicamente per il sì, per il no o per l’astensione. Ci sarà poi una seconda chiamata. Qualcuno ha detto che non si esprimerà fino alla seconda chiamata, per capire se il suo voto è decisivo oppure no.
• Non sarà un altro modo di far mercato?
Spero di no. Di Pietro ha presentato ieri un’altra denuncia in Procura in cui dice di aver fatto i nomi dei mandanti. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/12/2010]