Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 21 Martedì calendario

Uno studio di Bankitalia, diffuso proprio ieri, rivela che il 10 per cento delle famiglie italiane ha in mano il 45% delle ricchezze del paese…• Scandalo, no?Non lo so

Uno studio di Bankitalia, diffuso proprio ieri, rivela che il 10 per cento delle famiglie italiane ha in mano il 45% delle ricchezze del paese…

Scandalo, no?
Non lo so. Bisognerebbe prima rispondere alla domanda: può una società a struttura capitalistica essere organizzata in modo tale che tutti abbiano la stessa ricchezza, lo stesso reddito, eccetera? O questo è prefigurabile solo in una società comunistica, dove un forte potere centrale piglia tutto e lo redistribuisce equamente? Voglio dire: le diseguaglianze sono il motore delle società capitalistiche, che si basano sul principio dell’avidità. Individui rapaci e pronti a tutto si muovono sul mercato per incamerare ricchezze, ma nella loro ansia distruttrice/costruttrice producono altra ricchezza che ridonda pure sugli altri. L’intervento pubblico limita o annacqua o contiene l’ingordigia di questi cattivoni, che rendono però loro malgrado un servizio alla società in cui si muovono. Eccetera eccetera. Potremmo illuderci sulla soluzione comunistica se non sapessimo di troppe esperienze tragiche: l’Unione sovietica, l’Albania, la Cina, Cuba. Nessuno può accaparrare ricchezza se non è lasciato ragionevolmente libero. La repressione messa in atto in quei paesi ha ottenuto lo scopo di spegnere il fuoco dell’avidità, con l’effetto però di costringersi a distribuire solo miserie. Nel frattempo una classe di burocrati si divideva di nascosto quel poco di margine che avrebbe dovuto esser di tutti… Legga La fattoria di Orwell, scritta quando del comunismo si sospettava, ma ancora non si sapeva…

Va bene, va bene. Però anche in una società capitalistica sarebbe bene tendere a una distribuzione equa della risorse. Ora se il 10 per cento detiene il 45 per cento...
Capisco. C’è anche un altro dato brutto ed è questo: la metà più povera ha in mano appena il 10 per cento della ricchezza totale. È brutto, però bisogna intendersi: di che costa stiamo parlando? Voglio dire: su quanta ricchezza reale (patrimonio e redditi) stiamo ragionando?

Quanta?
Ho in mano anche altre ricerche, ma voglio stare a quello che ha trovato la Banca d’Italia: «L’Italia appartiene alla parte più ricca del mondo, collocandosi nelle prime dieci posizioni tra gli oltre 200 paesi considerati in termini di ricchezza netta pro-capite. Il 60% delle famiglie italiane ha una ricchezza netta superiore a quella del 90% delle famiglie di tutto il mondo; quasi la totalità delle famiglie italiane ha una ricchezza netta superiore a quella del 60% delle famiglie dell’intero pianeta». Capito? Tutti i dati lo confermano: al di là di come è distribuito il tesoro, siamo tutti molto ricchi, specie se paragonati agli altri.

E gli studenti per strada? E le famiglie che non arrivano alla fine del mese?
C’è intanto molta più percezione di povertà che povertà reale. Una volta, invitato a Buona domenica, ho visto una coppia di sposi che gridava la propria miseria (erano disoccupati eccetera) avendo però due automobili e la casa di proprietà. Tanti italiani – specie delle generazioni meno anziane – non sanno che cos’era la povertà d’un tempo, non conoscono le difficoltà e i sacrifici dei loro genitori e dei loro nonni. Se si fa un confronto geografico (cioè con gli altri paesi), si vede che non siamo affatto poveri. Se si fa un confronto storico, ancora meno. Del resto il Censis ha fotografato perfettamente il nostro stato socio-psichico: il troppo ci ha infettato la crisi del desiderio, è da lì che vengono depressione e rabbia.

E la distribuzione della ricchezza? Perché l’ingiustizia sociale, con relativa rabbia, nasce intanto da questo: un piccolo nucleo di ricchi controlla la maggior parte di quello che abbiamo.
Cioè il famoso dieci per cento che ha in mano il 45% di tutto. Il dato di cui parlavamo all’inizio. Anche qui, per avere un’idea di come siamo messi, bisogna paragonarsi agli altri Paesi. Ora tutte le ricerche, cominciando da quelle del Luxembourg Wealth Study e finendo alla recentissima del Credit Suisse realizzata da Shorrock e Davies, confermano che l’Italia è tra i paesi in cui la ricchezza è meglio distribuita. Per esempio: se si fa la classifica della popolazione adulta in possesso di una ricchezza inferiore ai diecimila dollari l’anno, si scopre che l’Italia è addirittura al primo posto: nessuno ha una percentuale di poveri così ridotta come da noi. Gli italiani che possiedono più di centomila dollari di valori sono 27 milioni. In Germania, con 22 milioni di abitanti in più, i centomilionari sono 27,9 milioni in un paese che ha un indice di distribuzione della ricchezza (valore mediano) metà del nostro (cioè da loro la ricchezza è concentrata in un minor numero di mani). 27 milioni di centomilionari! In Gran Bretagna sono 21,9 milioni; in Francia 18,7; in Cina 17,5. Hanno più soldi di noi, a parte (per poco) i tedeschi, solo americani e giapponesi. Ma sempre peggio distribuiti. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 21/12/2010]